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Il dolore e la gioia: il racconto di chi era sulla Dattilo

Migranti

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Roma, 17 giu. (AdnKronos) - Hanno attraversato il Mediterraneo per realizzare il sogno di una nuova vita in Europa. Hanno affrontato il pericolo, il deserto, gli abusi. Poi i destini di 60 minori non accompagnati (tra cui 8 femmine eritree, cinque di 15 anni) si sono incrociati sulla nave Dattilo della Guardia Costiera italiana, la prima ad attraccare al porto di Valencia. Al molo in attesa delle giovani vite la Croce Rossa spagnola, che si occuperà di trasferirli in centri già stabiliti. Nel lungo viaggio verso l"approdo sicuro' anche chi, tra i più giovani, ha perso il fratello durante quelle difficili operazioni di soccorso a largo della Libia. "Il gommone su cui viaggiavano due fratelli nigeriani era bucato, alcune persone sono cadute in acqua. Tra loro uno dei due ragazzi che, nei concitati momenti del soccorso, è stato perso di vista" racconta all'AdnKronos Sidonie Nsiako, operatrice del Camerun di Intersos-Unicef. Non è stato facile incoraggiare e mantenere tranquilli, dopo tutto quello che avevano già visto, alcuni di quei ragazzi (i più piccoli, tre, di 14 anni) durante le lunghe giornate a bordo della Dattilo. "Ho notato subito un giovane che se stava in disparte - dice l'infermiera e mediatrice Sidonie -. Si era chiuso in un mutismo assoluto, lo vedevo particolarmente confuso, stressato, era sempre in un angolo da solo. Poi pian piano, guardando il mare, il giovane originario del Camerun ma cresciuto in Gabon ha cominciato a parlare, ad aprirsi: ho scoperto che aveva vissuto abusi sessuali in Libia". "Appena sbarcati i minori non accompagnati sono stati presi in carico dalla Croce Rossa spagnola: i volontari gli hanno dato subito cibo e vestiti. Saranno tutti trasferiti in centri dove sosteranno circa un mese prima di una più adeguata sistemazione. I maschi saranno separati dalle femmine, ma per una coppia di fidanzatini mi hanno assicurato che saranno mandati nello stesso luogo, anche se in centri diversi". Al termine dell'odissea, continua Sidonie, "all'arrivo in porto mi sono commossa: nonostante il viaggio estenuante, la stanchezza, il desiderio di toccare terra - mi chiedevano in continuazione 'quando arriveremo, è lì la nostra terra?' - tutti quanti hanno cantato e ballato. Mi hanno semplicemente mostrato la loro gioia di vivere".

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