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Dieci buone notizie sui nostri conti: il problema dell'Italia non è l'Italia

Ignazio Stagno
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E se scoprissimo che l'Italia non è affatto il grande malato d'Europa? Anzi: è il Paese che ha il maggiore avanzo primario, è tra i meno indebitati ed è quello che ha resistito meglio alla sfida della globalizzazione. Non solo: è il Paese europeo più verde, quello che attrae più turisti extra-Ue ed ha la leadership in moltissimi segmenti di export. Non sono le perorazione di un manipolo di inguaribili ottimisti. È l'intelligente lettura dei dati Eurostat che è stata fatta da Unioncamere, Fondazione Symbola e Fondazione Edison, che hanno pubblicato nei giorni scorsi un dossier significativamente intitolato: 10 verità sulla competitività italiana. Ferruccio Dardanello (Unioncamere) nel presentare questi dati ha calcato la mano: il sistema delle nostre imprese è sanissimo, sconta enormi difficoltà ma è forte. Ermete Realacci - presidente di Symbola - ha notato: se l'Italia continua a fare l'Italia abbiamo davanti un futuro positivo. Ciò non significa che l'Italia non abbia bisogno di riforme radicali: di meno burocrazia, meno fisco, meno vincoli. Insomma di una rivoluzione davvero liberale. Ma significa anche che siamo ancora tra le prime e più dinamiche economie del mondo e che i governi di centrodestra che si sono succeduti dal '96 in poi non hanno fatto disastri. Anzi con Berlusconi al governo il debito pubblico è diminuito, il deficit è migliorato, e così le esportazioni e l'occupazione. A dirlo sono - sia pure in maniera indiretta - proprio i dieci comandamenti del nostro ottimismo economico declinati da Unioncamere, Symbola ed Edison. Vediamoli. L'Italia è tra i soli cinque pPaesi che hanno mantenuto un surplus commerciale con l'estero anche nell'annus horribilis 2012. Abbiamo chiuso con un surplus di 113 miliardi di dollari: unici in Europa con il segno più insieme con la Germania. In deficit sono Francia, Gran Bretagna e Usa. Secondo motivo di ottimismo: le industrie italiane sono tra le più competitive: su 5117 prodotti scambiati nel mondo l'Italia ha la leadership in 935. L'Italia è dopo la Germania e insieme con gli Usa il Paese che ha conservato la maggior quota di mercato nell'esportazione (71%). E per quanto riguarda il turismo - che peraltro nei primi mesi del 2014 dà confortanti segni di ripresa - siamo il primo Paese per pernottamenti di turisti extra-Ue. Diamo un occhiata ai conti. Siamo il Paese che ha ridotto di più l'incidenza del proprio debito su quello europeo: nel '95 detenevamo il 28,7% del debito Ue, nel 2007 era sceso al 26,8 nel 2013 siamo arrivati al 22,1. Ma siamo anche campioni di risparmio visto che dal 1996 al 2013 abbiamo fatto il più alto avanzo primario cumulato: 591 miliardi. La Germania si ferma a 371, la Spagna invece ha un disavanzo di 192 miliardi, la Francia di 311 e la Gran Bretagna di 364. Infine, considerando il debito aggregato (quello pubblico sommato a ricchezza delle famiglie e delle aziende) siamo con il 261% del Pil tra i meno indebitati: meglio di noi fanno solo Germania (195%) e Francia (255%). L'analisi Unioncamere-Symbola poi mette in evidenza come la nostra sia l'industria più verde del vecchio Continente: con 104 tonnellate di anidride carbonica e 41 di rifiuti per ogni milione di euro prodotto siamo i migliori d'Europa, siamo campioni anche nel riciclo (24,1 milioni di tonnellate di prodotti recuperati) e quelli dove la green economy produce più lavoro e valore: nel 2015 il 51% delle pmi italiane avrà almeno un “lavoro verde”, il doppio della Germania. E allora? Allora viene il sospetto che alcune teorie complottiste sull'utilizzo dello spread come arma politica non siano solo dietrologia. Viene il sospetto che la Germania ci abbia aggredito attraverso i diktat europei per frenare la corsa dell'unico Paese che davvero le fa concorrenza sul mercato globale, e che spesso quelle degli economisti del Fmi siano parole al vento. Appena ieri Cristine Lagarde ha ribadito che il problema dell'Italia è la mancanza di competitività e non il costo del lavoro. Forse madame Lagarde non conosce i dati del nostro export né sa che anche in settori maturi - ad esempio il tessile o l'agroalimentare - abbiamo comunque aumentato il fatturato estero. Piuttosto perché l'Fmi non s'interroga sulla perdita di competitività della Francia nel turismo, nel fatturato e nelle quote di mercato estero? E allora viene un altro sospetto: che Mario Draghi - il signor Bce - tentenni nel raffreddare il cambio euro/dollaro per imposizione dei Paesi del Nord al fine di non favorirci. Quei Paesi del Nord che fanno i primi della classe, ma che hanno economie finanziarizzate, producono poco e male mentre l'Italia nonostante tutto corre. C'è anche una prova indiretta del fatto che l'Italia sia stata aggredita: l'unica vera zavorra al nostro sviluppo è stato il crollo dei consumi interni conseguenza di politiche fiscali draconiane che ci sono state imposte dall'Europa. Lo studio Unioncamere-Symbola-Edison evidenzia come a fronte di un fatturato estero cresciuto del 16,5% abbiamo perso il 15,9% del fatturato interno. La Germania ha perso appena lo 0,3% di domanda interna espandendosi oltre confine dell'11,6%, la Francia ha fatto più 4,6% e più 5,9%. Non è peregrino perciò pensare che chi vive solo di finanza avendo scoperto che l'Italia è un Paese ricco ha chiesto - e sciaguratamente ottenuto a partire dal governo di Mario Monti: e non è un caso - che il fisco diventasse un aggregatore di questa ricchezza diffusa per poterla aggredire. Per farlo meglio hanno cominciato a dire in giro che siamo un Paese inaffidabile. È così? No: siamo un Paese rigoroso visto che i famosi compiti a casa li abbiamo fatti mentre gli altri hanno fatto i furbi. La dimostrazione sta ancora nelle cifre di Eurostat. A sostenere le economie dei nostri partner europei dall'inizio della crisi ha contribuito un disinvolto allargamento del debito aggregato (quello pubblico più quello delle aziende e delle famiglie). Quello italiano è aumentato dal '95 a oggi del 61% anche perché le famiglie e le aziende hanno intaccato i risparmi riversandoli nelle casse pubbliche attraverso le imposte, in Spagna il debito è cresciuto del 141%, in Francia dell'81%, in Inghilterra del 93%, la Grecia ha sfondato il 147%, ma anche la maestrina Merkel ha messo mano ai debiti che sono comunque cresciuti del 24%. Forse è bene che qualcuno - per primi i politici italiani - spieghi alla prossima Commissione europea che se l'Italia fa l'Italia possono anche descriverla come Cenerentola ma alla fine il principe se la sposa! di Carlo Cambi

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