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Pensioni: rivalutate fino a 1.500 euro lordi, da 3.500 nulla

Andrea Tempestini
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Due cifre fanno capire tutto: applicata alla lettera la sentenza della Consulta sulle pensioni comporterebbe per lo Stato italiano una spesa vicina ai 13 miliardi di euro netti per gli anni 2012-2015. Il governo sta mettendo invece a punto una soluzione che avrà un costo netto di poco superiore ai 5 miliardi di euro. Dovrebbe prendere forma in un decreto legge al consiglio dei ministri di venerdì, e in ogni caso entro la settimana successiva. Questo significa che la gran parte dei pensionati interessati dal blocco della indicizzazione stabilito da Elsa Fornero e Mario Monti per il biennio 2012-2013 o non riavrà nulla o riavrà solo una parte di quello che è stato tolto. A ieri sera l'ipotesi più gettonata era che al di sopra dell'importo equivalente a sette volte il trattamento minimo (3.516,66 euro lordi mensili) i pensionati saranno esclusi dai rimborsi. Anche a loro arriverà comunque un contentino, per evitare nuove bocciature della Consulta. Il sistema che è al vaglio della ragioneria generale dello Stato prevede infatti il rimborso e indicizzazione delle pensioni integrale fino a tre volte il minimo (1.507,14 euro). Varrà per tutti, nel senso che anche chi percepisce oggi 90mila euro lordi al mese di pensione, si vedrà rivalutare quel primo scaglione. Da lì in poi si procederà in modo progressivamente discendente. Per comodità togliamo decimali e virgole, e la sostanza è questa: la rivalutazione sarà del 50% fra quei 1.500 e i 2.000 euro. Poi scenderà al 30% fra 2mila e 2.500 euro, al 20% fra 2.500 e 3mila euro e al 10% da lì fino all'asticella che ora è stata fissata a sette volte il trattamento minimo: 3.516,66 euro. Oltre questa somma lorda nessun rimborso ulteriore. Attenzione: questa è l'ipotesi di ieri sera, ma tutto dipende dai calcoli dell'Inps e della Ragioneria generale dello Stato, perchè il governo vorrebbe salire anche al livello successivo dell'asticella (otto volte il minimo, pari a 4.019,04 euro lordi), ma potrebbero esserci anche compatibilità di finanza pubblica che costringono a scendere al livello inferiore: sei volte il minimo, pari a 3.014,28 euro lordi. L'importante è restare dentro quei 5,5 miliardi di euro circa di spesa complessiva, pagando quindi alla fine meno della metà del dovuto. Matteo Renzi avrebbe fatto volentieri a meno di questa grana, e fino all'ultimo ha insistito per rinviare ogni decisione a dopo le amministrative del prossimo 31 maggio. Ancora ieri mattina il premier in un filo diretto sul web lasciava intendere che non c'era fretta spiegando che comunque la Consulta non obbligava al pagamento integrale degli arretrati. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, invece friggeva. Perchè la commissione europea, con un Ecofin ancora aperto sui conti pubblici italiani, chiedeva immediate spiegazioni sull'impatto della sentenza sugli obiettivi italiani di finanza pubblica, e non era disposta ad attendere più di qualche ora. Alla fine la commissione ha fatto trapelare quel che potrebbe accadere e anche qualche margine lasciato all'Italia per decidere con più serenità. Un po' di carota e la minaccia del bastone. La commissione lascia all'Italia sul deficit una flessibilità sul 2015 pari a 0,25 punti di Pil (valgono 4 miliardi di euro). Ma avverte che se la sentenza della Consulta dovesse impattare sul debito pubblico italiano o a ritroso o sui conti dell'anno in corso, verrebbe avviata nelle prossime settimane una procedura di richiamo prevista dal trattato sul fiscal compact, e la questione potrebbe diventare seria. Per questo i margini sembrano assai rigidi. Per pagare gli arretrati sulle pensioni ci sarebbero dunque quei 4 miliardi di euro più il famoso 1,6 miliardi di tesoretto. In tutto circa quei 5,5 miliardi di euro a cui si è fatto riferimento. Secondo i calcoli della ragioneria considerando la maggiore tassazione Irpef che tornerebbe indietro allo Stato con l'aumento degli assegni pensionistici, ogni 1,6 miliardi netti spesi pagherebbe circa 2,5 miliardi di arretrati lordi previsti dalla sentenza. Con 5,5 miliardi si pagherebbero quindi 8,8 miliardi lordi. Il ministero dell'Economia sta valutando anche l'ipotesi di utilizzare a copertura del provvedimento eventuali altre entrate fiscali al momento non contabilizzate nei saldi di finanza pubblica, come quelle che potrebbero venire dalla voluntary disclosure (il rientro dei capitali versione Renzi). In quel modo si potrebbe utilizzare o ricorrere parzialmente alla flessibilità sul deficit concessa dalla Ue. Anche perchè tutti i conti citati fin qui servono a regolare il passato e l'anno in corso, ma poi bisogna trovare le coperture anche per gli anni futuri. Sarà la legge di stabilità a farlo per il 2016 e per il 2017, ma servirebbe una soluzione strutturale perchè il problema si riproporrà anche per gli anni futuri. E da lì rischiano di arrivare altre sorprese amare per i pensionati. di Franco Bechis @FrancoBechis

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