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Economia, Matteo Renzi perde i pezzi: vanno via in tre

Matteo Legnani
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A Palazzo Chigi Renzi ha portato in un anno e mezzo la più robusta squadra di consiglieri economici mai vista. Prima di lui, come scrive il Corriere della Sera, il primato ce l'aveva Massimo D' Alema, che quando divenne premier nel 1998 chiamò Pier Carlo Padoan, Marcello Messori, Nicola Rossi, Massimo De Vincenti e, per la politica estera, Marta Dassù. Renzi è andato oltre. Ha sette consiglieri per le riforme economiche, e al rientro a settembre è  certo qualcosa cambierà: alcuni dei consiglieri rientreranno nelle loro carriere di prima. Andrea Guerra, l' ex amministratore delegato di Luxottica che ha gestito per il premier le partite sulla banda larga, la Cassa depositi e l' Ilva, in ottobre (salvo sorprese) diventerà presidente di Eataly. Tommaso Nannicini, l' economista di 41 anni che ha tenuto la regia del Jobs act e della delega fiscale, dovrebbe tornare alla Bocconi: se non lo facesse perderebbe un grosso finanziamento europeo di ricerca. Ci sono poi voci insistenti, ma non confermate, che anche la responsabile per le banche Carlotta De Franceschi potrebbe lasciare. Una squadra che rischia di perdere tre pezzi su sette in poche settimane, mentre persino al completo è già travolta di lavoro: legge di Stabilità, spending review, rapporti con le imprese, quel che resta da attuare nel Jobs act, rapporti con gli enti locali, le riforme bancarie, e tra pochissimo l' attuazione di deleghe delicatissime e molto complesse su giustizia e pubblica amministrazione. Secondo alcuni è in corso un tentativo di accentrare nell' ufficio del premier l' esecuzione di tutto il programma di governo. Secondo altre opinioni, invece, Renzi è riuscito ad attrarre alcuni dei migliori economisti d' Italia, ma non ne ha mai fatto una squadra. Come scrive il Corriere, servono nuovi innesti e, secondo alcuni, una struttura chiara con una persona di riferimento e più lavoro di squadra. Il realtà il metodo Renzi finora si è dimostrato utile: incontrando i suoi consiglieri uno ad uno, tenendo le sue carte coperte, il premier è riuscito a muovere di sorpresa ed evitare che il fuoco di fila contro le riforme partisse troppo presto.

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