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Pensionati massacrati, super-taglio: che assegno sforbiciano e di quanto

Matteo Legnani
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In meno di 2 mesi, e per ben due volte, il governo getta le basi per sgraffignare una parte del tesoretto da 24 miliardi rappresentato dalle pensioni di reversibilità. A posteriori l' esecutivo si scusa, imputando la responsabilità a un fantomatico "giallo mediatico", o ad un "refuso tecnico". Resta il concreto sospetto che si stia tentando di scippare ai lavoratori parte dei 24 miliardi (dati Inps 2015), per garantire un reddito alla famiglia in caso di eventi tragici.  Scuse a parte, nel Def il governo - assicura a posteriori Giuliano Poletti - ha inserito per un «errore tecnico» un paragrafo vago (e inquietante) che ipotizza una revisione delle pensioni di reversibilità. In sostanza l'«errore tecnico» disconosciuto ieri anche dalle teste economiche del renzismo (Yoram Gutgeld, commissario alla Spending review e Tommaso Nannicini sottosegretario a Palazzo Chigi), è arrivata una piccata smentita. Sarà pure un errore, però in meno di 2 mesi (la prima volta a metà febbraio), salta fuori in due distinti documenti ufficiali del governo (l' altro è la legge delega sul contrasto alla povertà in gestazione parlamentare), lo stesso identico "refuso", che il governo prontamente disconosce e declassa a mero errore tecnico la riforma delle pensioni di reversibilità. Eppure in questo baccanale previdenziale - con i sindacati sul piede di guerra alla sola ipotesi di interventi che ne chiedono di nuovo «lo stralcio, visto che di errore si è trattato» - il governo ipotizza un cambio di rotta epocale. In sostanza il trattamento di reversibilità passerebbe da prestazione dovuta (per i contributi versati), a mero trattamento assistenziale (una concessione). Dettaglio non trascurabile. L' erogazione della prestazione assistenziale agli eredi sarebbe però legata all' effettiva "consistenza reddituale e patrimoniale" dei sopravvissuti. Come? Mettendo tra le clausole per ottenere l' assegno non solo i redditi di chi sopravvive (Isee e Isr, Indicatore della situazione reddituale), ma anche l' effettiva consistenza patrimoniale del/dei sopravvissuti. Case, conti in banca, investimenti e polizze farebbero cumulo così da scremare la platea dei potenziali beneficiari. Al dicembre 2015 - stando ai dati Inps - oltre 3 milioni di eredi si spartiscono circa 24,1 miliardi di assegni differiti. E non si tratta di generosità dell' Inps. I 24 miliardi di reversibilità pagati annualmente (su 270 miliardi di spesa pensionistica), sono frutto dei contributi versati dal lavoratore. O meglio: tra lavoratore e datore di lavoro ogni mese si versa circa un 32% di stipendio in contributi (il lavoratore l' 8, l' impresa il 23). E una quota è appunto la cosiddetta "quota IVS" (invalidità, vecchiaia e superstiti), una sorta di assicurazione per garantire alla famiglia del lavoratore un "paracadute" in caso di eventi tragici. L' intenzione del governo potrebbe essere quindi di cancellare l' IVS (lasciando invariata però il prelievo previdenziale), così da togliere l' assicurazione in caso di invalidità o morte prematura. E quindi avrebbero diritto alla pensione assistenziale di reversibilità solo i nuclei familiari più poveri (o apparentemente tali). A dirla tutta non è che Renzi & Co si siano inventati una cosa nuovissima. Già nel 1995 la Riforma Dini introdusse l' incompatibilità dei redditi del superstite: la quota di pensione di reversibilità si riduce in base al reddito personale di chi sopravvive. E più alto è il reddito del sopravvissuto e meno gli spetta. Anche se il congiunto ha lavorato per 40 anni, versato fiori di contributi e pagato tutta la quota IVS. Non è immaginabile ridurre le prestazioni (taglio sulla reversibilità), e mantenere gli stessi contributi per tutti i lavoratori indipendentemente dal tipo di prestazione. E poi agganciando la reversibilità all' Isee e al patrimonio si riducono le chance per ottenere l' assegno di reversibilità. Insomma, è un taglio alle pensioni. di Antonio Castro

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