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Il racconto di una schiava dei Jihadisti: "Abusano di noi"

Lucia Esposito
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"Che cosa mi fanno? Ho troppa vergogna per raccontarlo, e non conosco neanche le parole per descrivere il mio martirio. Ma, la prego, mi aiuti a dire le pene che le mie amiche ed io stiamo soffrendo", al telfono dell'inviato di Repubblica c'è una donna che lui chiama Mayat, 17 anni. Il 3 agosto scorso, durante l'offensiva jihadista contro Sinjar, è stata rapita dai soldati dell'Is.Da quel giorrno con altre donne della minoranza yazida è tenuta prigioniera in un villagigo nella piana di Ninive, a Sud di Mosul. L'inviato Pietro Del Re è nella tenda dei suoi genitori che si trovano in uno dei campi profughi nel Nord del Kurdistan iracheno. Lei parla in inglese e dice: "La prego non scriva il mio nome, perché sono così imbarazzata per ciò che mi infliggono. C'è una parte di me che vorrebbe morire all'istante, sprofondare sottoterra e restarci per sempre. Ma c'è un'altra parte che ancora spera di salvarsi e di poter riabbracciare i genitori. È questa la parte che mi dà la forza di parlare con lei. Non so come si chiama la cittadina dove ci hanno portate, perché siamo arrivate di notte e perché da allora siamo rinchiuse in una grande casa, con le finestre sempre sbarrate, da dove non possiamo uscire perché sorvegliate a vista da uomini armati". La stanza degli orrori Quando il giornalista le chiede come mai la lasciano parlare al cellulare, lei risponde che inizialmente i carcerieri glieli sequestravano ma poi hanno cambiato strategia: "E per ferirci ulteriormente ci dicono di raccontarci nei dettagli ai nostri genitori quello che ci fanno. Ridono di noi perché si credono invincibili. perché si sentono dei superuomini.. Ma sono soltanto persone senza cuore". Quando il giornalista le chiede cosa fanno, risponde secca: "Abusano di noi. Nella grande casa saremo una quarantina. E siamo tutte vittime non risparmiano neanche quelle che hanno un figlio piccolo con loro. Né salvano le bambine: alcune di noi non hanno ancora compiuto 13 anni. Sono quelle che reagiscono peggio a questo schifo. Ce ne sono alcune che hanno smesso di parlare. Una si è strappata i capelli e l'hanno portata via. Ci sono tre stanze per le violenze, le stanze degli orrori". Il racconto è agghiacciante: "Le violenze avvengono anche tre volte al giorno. Ci trattano come se fossimo le loro schiave. Veniamo date in pasto a uomini sempre diversi. Ci minacciano e ci picchiano quando tentiamo di resistere.  Spesso vorrei che mi picchiassero abbastanza forte da uccidermi. ;a sono dei vigliacchi anche in questo: nessuno ha il coraggio di mettere fino ai nostri stupratori"

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