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Barcellona, colpita la città che aveva marciato per gli immigrati

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Matteo Legnani
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Merde. Bastardi. Invasati. Alla fine anche Barcellona si aggiunge all' elenco delle città europee colpite al cuore dai fanatici terroristi. Per chi, come me e tantissimi altri italiani, ha trovato in Catalogna una seconda patria, è un gravissimo colpo al cuore. Credevamo di essere al sicuro e che il controllo costante del territorio e la presenza ad ogni angolo di strada, soprattutto in centro, di uomini in divisa, armati di tutto punto, sarebbe bastato a scoraggiare azioni di questo tipo. E invece neanche l' efficienza e i controlli maniacali che da due estati a questa parte accompagnano ogni giorno la vita della capitale europea del turismo (roba che da noi, in Italia, ce la sogniamo proprio: aitanti bestioni vigili ed armati di tutto punto si danno il cambio ad osservare i passanti e il telefono cellulare lo usano solo per servizio, non per giocare) sono serviti ad evitare quello che è capitato. Peccato davvero. Peccato per le vittime. Peccato per le migliaia di italiani che volano qui, si innamorano della città e decidono di rimanere per lavorarci e per respirare quel mix di regole, libertà ed opportunità che il Paese dove siamo nati non offre più. Turismo ferito - E peccato anche per l' economia di una città che è cresciuta grazie al turismo. Da oggi niente sarà più come prima. Perché saremo costretti a guardarci le spalle. A diffidare di tutto e di tutti. A camminare raso i muri quando vediamo i camioncini che riforniscono le attività commerciali durante la giornata. Ad evitare i luoghi affollati, che a Barcellona significa praticamente starsene a casa: ristoranti strapieni, vie pedonali dove se becchi il senso di marcia sbagliato vieni trascinato via dalla folla. Spiagge bellissime e libere dove però c' è una calca di bagnanti sopra ogni limite. E via di questo passo. Cambia tutto. Anche perché - non sia mai, ma va detto - di luoghi per compiere altri attentati qui ce ne sono a decine. Quando leggevo di rapporti degli americani della Cia che davano anche Barcellona a rischio mi preoccupavo. Ma mi facevo immediatamente coraggio: impossibile, pensavo, perché da queste parti sono troppo avanti, staranno provvedendo. E invece no, il primo coglione che ha deciso di salire su un camion ad ammazzare il prossimo ha distrutto un sogno. Eppure la comunità islamica di Barcellona, che nel cuore del quartiere multietnico del Raval da dove è partito il furgone della morte vive, prolifera ed ha i suoi negozi e le sue moschee, è sempre stata forte, vigile ed attenta. Forse integrare, dare attenzioni, rispettare non è la ricetta giusta. Forse è il caso di stanare casa per casa chi ha scelto di radicalizzarsi. Chi predica odio e fanatismi vari. Già, perché se proprio devo fare una critica al sistema catalano e in particolare a Barcellona è proprio quella di considerare tutti uguali, quando probabilmente non lo siamo, visto che qualcuno continua a far stragi in nome della sua presunta superiorità. Tornare al noi e al loro probabilmente servirà a mandare al macero le mele marce. Accogliere tutti -  La grande parata per l' accoglienza dei profughi e contro ogni razzismo (la stessa copiata a Milano dalla giunta di Beppe Sala), le campagne di sensibilizzazione alla tolleranza a suon di soldi pubblici, le regole della convivenza civile che spiegano agli occidentali ad amare il diverso adesso, alla luce del terribile fatto accaduto ieri, suonano come una sconfitta su tutta la linea dell' amministrazione di sinistra. Che si affretterà sicuramente a condannare ed organizzare altre parate. Ma ormai il danno è fatto. Certo, Barcellona non perderà turisti. Tra pochi giorni, forse oggi stesso, la gente avrà cancellato e dimenticato. Penserà ad altro. Ma solo ufficialmente. Ha vinto la paura. Ve lo dice uno che adesso ne ha parecchia. di Roberto Poletti

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