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Omicidi, stupri e rapine: l'Italia violenta dei sobri prof

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Maglie: davanti al boom di crimini il governo tecnico dorme e nessuno protesta. I politici almeno dovevano rispondere agli elettori

Giulio Bucchi
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Il catalogo di rapine selvagge nelle case e per la strada, di stupri commessi a tutte le ore e in tutte le località del Paese, di morti ammazzati per caso o perché si sono provati a reagire, di commercianti vessati condannati per aver osato armarsi e difendersi, si fa tutti i giorni, ed è doloroso,  è in crescita esponenziale. Sarà la fame da crisi nera, sarà che in  dieci anni il numero degli stranieri è triplicato, e con la gente che viene per lavorare importiamo allegramente fior di delinquenti. Ma sarà anche e prima di tutto che non se ne occupa nessuno, che siamo in regime di polizia finanziaria, siamo col  Parlamento a casa anche se ancora ufficialmente in stanca funzione, siamo in una zona grigia, in una morta gora che è peggio di un golpe? Peggio, se pure la violenza della cronaca nera non fosse, e lo è, superiore ad altri periodi della storia recente, se per ipotesi fossimo di fronte ad una recrudescenza episodica, ricorrente e perfino fisiologica, e non lo è, provate a pensare di vivere ancora in una nazione a gestione democratica, dove governano e legiferano eletti dal popolo italiano, e riflettete su quel che accadrebbe, su quel che è già accaduto in vicende analoghe sotto un governo Prodi o un governo Berlusconi che sia. Responsabilità - Partirebbe una polemica politica locale e nazionale, scambi di accuse furibonde fra esponenti di maggioranza e opposizione, interrogazioni parlamentari, relazioni del ministro dell'Interno, decisioni eccezionali, potenziamenti delle forze dell'ordine, invio di truppe speciali. Succederebbe un casino sano e salvifico, la dialettica che tiene vive anche le democrazie più cialtrone e slabbrate. Invece no, tutti buoni, tutti zitti, che non si disturbi il manovratore tecnico, lo stesso che per intenderci probabilmente ci guida verso lo sfracello, non gli si chieda di rispondere della ondata di violenza, di prendere iniziative. Tutti zitti. A, B e C  studiano alchimie elettorali e forme nuove di finanziamento ai partiti, il Cav si rianima solo su giudici e Rai, per il resto conferma la fiducia nel professor Monti, e chissà se si continua sentire in magica sintonia con gli italiani. Le elezioni amministrative si tengono tra una settimana e non si capisce un tubo di chi è alleato con  chi e chi si nasconde  dietro l'ennesima sigla fasulla, pardon, lista civica. Nel momento di maggior distacco fra cittadini e potere della storia repubblicana, c'è ancora qualcuno in Parlamento, scranno alto, che si permette di chiedere «Grillo chi?», ma non si trova nessuno disposto a chiedere al ministro Cancellieri come pensa di rispondere alla criminalità che colpisce gli italiani onesti, e che ne è stato delle efficaci scelte politiche del suo predecessore, Roberto Maroni; non si trova nessuno disposto a chiedere al ministro Riccardi come concilia le sue raffinate teorie sulla commistione fra culture con l'ondata di delinquenti romeni che ci affligge; non si trova nessuno disposto a chiedere al ministro Terzi che fine hanno fatto i nostri due marò prigionieri in India, e con loro la  nostra dignità nazionale. Se questo non è golpe che cos'è? Il caso Reggiani - Gli episodi di violenza di questi ultimi giorni mi hanno ricordato l'orrendo omicidio di Giovanna Reggiani a Roma nel 2007. Fu uno spartiacque del buonismo, che sarebbe riduttivo attribuire solo al sindaco Veltroni, e che voleva gli stranieri integrati e contenti nella capitale; la polemica politica che seguì a quel delitto fu pesante ma giusta, fu utile per cambiare almeno per un po' atteggiamento. Alla Corte d'Assise che scelse di concedere all'assassino romeno delle attenuanti e di non condannarlo all'ergastolo, toccarono invettive e critiche pesantissime, mi onoro di esserne stata apri strada; toccò anche a quella Corte di essere smentita seccamente dalla Corte d'Assise d'Appello, che raccolse il senso della polemica e della richiesta pubblica di severità.   Tempo scaduto - È possibile e perfino legittimo che un governo formato da amministratori delegati, diplomatici e commis di Stato non sia oggettivamente in grado di far fronte alle complesse richieste della gestione di un Paese, e che non sia giusto chiederglielo, tanto meno pretenderlo,  e che l'ordine pubblico, la lotta alla criminalità appartengano invece e fino in fondo ai doveri di un esecutivo politico. Per questa ragione si chiamano governi di emergenza, durano il tempo necessario per portare alle elezioni senza traumi o cesure improvvise. Ma qui i mesi passano, al 2013 manca ancora un anno, il consenso dei partiti è al minimo tollerabile, nessuna delle riforme sperate è stata messa in campo. La sensazione è ancora più dolorosa e allarmante, è che l'indifferenza che gli eurocrati mostrano per i bisogni della gente, quell'accanimento tutto burocratico nel caricare di pesi insopportabili e nel minacciare poliziescamente chi non sia in grado di farvi fronte, si trasferisca anche a ordine pubblico e lotta alla criminalità. Questo succede, voi politici tutti zitti? E vi chiedete «Grillo chi?».  di Maria Giovanna Maglie      

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