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Shalabayeva, l'Italia concede l'asilo politico alla moglie del dissidente kazako

Nicoletta Orlandi Posti
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L'Italia ha concesso asilo politico ad Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. La notizia, resa nota dai legali della donna, è stata confermata da fonti del ministero dell'Interno. Il via libera è arrivato dalla Commissione per il riconoscimento della protezione internazionale del Viminale che ha accolto in tempi abbastanza rapidi l'istanza presentata alcuni mesi fa dall'avvocato Anton Giulio Lana. Con questa concessione, lo Stato italiano è di fatto tenuto a proteggere la signora Shalabayeva, anche in ambito Schengen, ed evitare di consegnarla alle autorità kazake se queste avessero intenzione di avviare un procedimento contro. L'affaire Shalabayeva - «Una bellissima notizia. Sono felice». È il primo commento della donna, stando a quanto si apprende in ambienti dei legali, alla notizia della concessione. L'affaire Shalabayeva inizia la notte tra il 28 e il 29 maggio 2013 in una villa romana di Casal Palocco, quando la polizia irrompe nell'abitazione e trascina via Alma e Alua, la figlioletta di 6 anni. Ablyazov, obiettivo dichiarato del blitz «sollecitato» dalle autorità kazake (è ricercato dall'Interpol per frode) non è in casa. Agli agenti la donna esibisce un passaporto centrafricano, che però viene giudicato falso. E due giorni dopo Alma - accusata di essere entrata illegalmente in Italia - e Alua vengono imbarcate in tutta fretta a Ciampino su un aereo diretto ad Astana, in Kazakistan, in esecuzione di un decreto di espulsione firmato dalla questura. La Farnesina afferma di sapere solo il 31 maggio del rimpatrio, e non dal Viminale, mentre il 3 giugno l'Ufficio immigrazione trasmette al ministero una relazione sulla vicenda. II giorno dopo il Consiglio italiano per i rifugiati invia una e-mail al ministro degli Esteri, Emma Bonino. Anche il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, sosterrà di aver saputo dell'espulsione solo a fatti avvenuti. Dopo alcune settimane di silenzio, il caso deflagra sulle pagine dei giornali con un'intervista in cui Ablyazov (è il 5 luglio) si appella al premier Enrico Letta affinché chiarisca le circostanze della «deportazione». Appena una settimana più tardi, Palazzo Chigi decide la revoca del provvedimento sottolineando la gravità della «mancata informativa» e disponendo l'avvio di un'inchiesta. Il 16 luglio il capo della polizia, Alessandro Pansa, in una relazione definisce «invasivo» il comportamento dei diplomatici kazaki, che avevano contattato le autorità italiane prima dell'operazione. Poche ore prima si era dimesso il capo di gabinetto del Viminale Giuseppe Procaccini. Il governo trema, ma non cade - Letta difende Alfano, e una mozione di sfiducia al ministro dell'Interno viene respinta il 19 luglio. Il 29 luglio 2013 la procura di Roma apre un'inchiesta su presunte omissioni nell'espulsione di Alma e il 31 dello stesso mese Ablyazov viene arrestato in Francia: Kazakistan e Russia si affrettano a chiederne l'estradizione a Parigi. La vigilia di Natale, il 24 dicembre 2013, Alma Shalabayeva può lasciare il Kazakistan: tre giorni più tardi rientra in Italia con la figlia più piccola. Ieri l'improvvisa quanto sospirata notizia del sì alla domanda di asilo.

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