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Facci: i verbali dello scontro tra Bruti e Robledo sono la prova, un pm fa quel che vuole

Giulio Bucchi
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Chiamateci ingenui: ma per noi resta impressionante la deposizione fatta al Csm dal procuratore Alfredo Robledo il 15 aprile scorso, di cui pubblichiamo ampi stralci. Il procuratore Capo Edmondo Bruti Liberati avrà modo di difendersi e in parte l'ha già fatto: resta che nelle parole di Robledo diviene un manovratore di indagini anche laddove da manovrare non dovrebbe esserci nulla, perché tutte le strade parrebbero obbligate dall'obbligatorietà dell'azione penale: e invece no, a quanto pare tutto si può fare, o così sembra. Si può iscrivere un tizio nel registro degli indagati oppure non farlo, farlo un giorno oppure l'altro, farlo col suo nome o con uno di fantasia, dimenticarsi in fascicolo per un mese o addirittura per un anno intero, chiuso in cassaforte; si può mandare un fascicolo a un dipartimento oppure a un altro, farlo rimpallare in eterno, rubricarlo a modello 45 o 44 o altri binari morti, regolarsi diversamente a seconda che ci siano delle elezioni o delle trattative d'affari, chiedere che un tizio non finisca in carcere e tutti gli altri sì, riesumare un fascicolo dormiente solo perché è uscito un articolo di giornale, occuparsi di un'indagine solo perché interessa anche se la competenza è altrui, insomma, altro che obbligatorietà dell'azione penale: il quadro delineato dal procuratore Robledo - e in parte contestato dal medesimo magistrato - lascia intravedere una discrezionalità quantomeno allegra, diciamo così. E il timore, nostro, non è che queste pratiche possano essere irregolari: il timore è che purtroppo possano risultare regolarissime. A giudicare sarà il Csm: capirai. In fondo sarebbe solo la conferma che i magistrati italiani fanno un po' quello che vogliono: e già lo sapevamo, ma vederlo nero su bianco restituisce la facoltà di stupirsene. Il procuratore Robledo a un certo parla di una «grande tensione» in procura, addirittura parla di «paura» e di colleghi che in segreto solidarizzano. Il nostro timore è che abbia torto, che tutto infine possa essere liquidato come tremendamente normale. Come si dice: beghe tra magistrati. di Filippo Facci

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