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Bossetti chiama il pm: "C'è una seconda persona. Faccio il nome"

Nicoletta Orlandi Posti
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Massimo Giuseppe Bossetti oggi sarà interrogato, ma ieri in una giornata piuttosto agitata ha chiesto insistentemente agli agenti che lo sorvegliano in carcere di parlare con il sostituto procuratore Letizia Ruggeri, titolare delle indagini. Secondo le anticipazioni del Corriere della Sera, voleva chiamarla per dirle che ha "un nome da fare", che c'è "una seconda persona di cui parlare" coinvolta nel delitto di Yara Gambirasio. La madre vuole vederlo- Ovviamente su quanto hanno riferito le guardie penitenziaria alla procura si muovono tutti con i piedi di piombo: potrebbe esserci una svolta nelle indagini, ma potrebbe anche essere che le frasi di Bossetti possano essere dettate solo da uno stato confusionale sempre più difficile da gestire e che non porterà a indicazioni utili. Parlando di una seconda persona immediatamente si è pensato a un possibile complice, quindi un'ammissione; ma anche un modo per spostare l'attenzione su altri soggetti e ribadire così la propria innocenza. Di certo c'è che il pm non ha ritenuto di dover anticipare l'interrogatorio fissato alle 10.30 di oggi. E mentre la madre di Bossetti ha chiesto di incontrare il figlio in carcere, l'avvocato del presunto assassino della ragazzina di Brembate, Claudio Salvagni, spiega che il suo assistito vuole "dimostrare la propria estraneità nel delitto di Yara Gambirasio". Bossetti, spiega il suo difensore, «vuole fornire indicazioni a suo discarico. Si tratta di un caso molto complesso -prosegue l'avvocato- che non può basarsi unicamente sulle prove del dna. Certo -osserva- il dna è importante ma non è una prova assoluta». L'interrogatorio - Più che 'rivelare', fanno capire i legali, Bossetti al momento vuole smentire. Fino ad oggi la sua versione, quella fornita al gip, è che lui non ha mai avuto alcun rapporto con la ragazzina che nemmeno conosceva. Come sia finito il suo Dna sugli indumenti intimi di Yara, 'prova' regina per l'accusa, solo un indizio per la difesa, non se lo spiega. Lui, ha dichiarato Bossetti, quella sera era a casa, come sempre, da buon padre di famiglia dopo una giornata di lavoro, a Palazzago, da dove rientrava passando per Brembate Sopra, una strada più 'comoda'. Il fatto che si sia recato al campo di Ghignola d'Isola, dove venne trovato il corpo della piccola vittima, Bossetti lo giustifica come un 'atto di curiosità', come hanno fatto in tanti, niente di più. Come la 'curiosità' spiegherebbe per Bossetti, com'è stato scritto, il fatto che sul suo computer gli investigatori hanno trovato diversi clic riferiti alle indagini sulla morte di Yara. Casualità, consuetudine, curiosità: questa è la cornice dove, stando sempre alle poche indiscrezioni della vigilia, Bossetti cercherà di confinare tutte quelle 'chiacchere' scomode, ma 'ricucite ad arte' dagli inquirenti, emerse dopo il suo arresto. Probabilmente il tentativo è di isolare, dai tanti indizi più o meno significativi, il problema del Dna. Quel Dna che collega inesorabilmente Yara a Ignoto 1, Bossetti. Nei giorni scorsi la difesa ha annunciato l'intenzione di chiedere che sia ripetuto l'esame anche perchè, hanno spiegato i legali, "se anche venisse confermato che (quel Dna, ndr) è lo stesso di Bossetti, si tratta di un indizio e non di una prova. Tutto legittimo, anche perchè, ricorda la difesa "siamo in uno stato di diritto dove vale la presunzione d'innocenza".

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