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Immigrazione, le dieci paure (vere o da sfatare) degli italiani

Francesco Rigoni
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Secondo una ricerca di Transatlantic Trends ripresa da Giovanna Zincone per La Stampa, rispetto all'accettazione di una immigrazione stabile si rileva un calo dei favorevoli nell'Europa latina (Francia, Italia e Spagna), ma un lieve aumento in Germania e Olanda. In tutti i Paesi l'accettazione dell'immigrazione stabile supera il 50%. Nel Regno Unito però solo di poco: comincia a profilarsi una peculiare preoccupazione dei britannici, scettici sull'integrazione, in particolare degli adulti. "Eclissi della crisi migratoria" - Tuttavia il dato più interessante è la perdita di rilevanza dell'immigrazione come problema prioritario: chi presenta i dati parla di "eclissi della crisi migratoria". Secondo Eurobarometro, tra i problemi percepiti come prioritari dai cittadini dell'Ue troviamo in testa il costo della vita; seguono la disoccupazione, le tasse, la situazione economica, le pensioni e, fanalino di coda, proprio l'immigrazione. Sulla Stampa di oggi sono stati analizzati, con il contributo di vari quotidiani europei, dieci miti o luoghi comuni sull'immigrazione da spiegare o da sfatare. 1) "Portano via il lavoro agli altri cittadini" - In Francia gli immigrati rappresentano il 9% della popolazione attiva e contribuiscono per l'8,9% agli impieghi, secondo uno studio del centro analisi strategica del 2012. Subiscono poi il problema della disoccupazione in misura maggiore rispetto ai non immigrati: il 16,1% rispetto al 9,1% per i non immigrati, secondo i dati Insee (Istituto nazionale di statistica), sempre relativi al 2012. Si occupano principalmente di lavori poco o per nulla qualificanti, nei campi dell'edilizia, della ristorazione, dell'agricoltura stagionale. 2) "Prosciugano le risorse dell'assistenza sociale" - Gli immigrati sono più spesso disoccupati rispetto ai non immigrati. Nonostante ciò, uno studio approfondito svolto dall'economista Xavier Chojniki già nel 2005 aveva concluso che, se gli immigrati percepivano in misura maggiore contributi assistenziali per la casa, la famiglia e la disoccupazione rispetto ai non immigrati, producevano però "quote salariali" maggiori: tutto questo portava a un saldo finale largamente positivo. Il differenziale, infatti, si calcola sui pensionamenti, e gli immigrati hanno una struttura di età differente rispetto ai non immigrati: meno anziani, ma anche meno giovani. Quindi producono una "quota salariale" maggiore, pur percependo meno contributi sociali per l'infanzia o la vecchiaia. 3) "Non si integrano e non assimilano i costumi tradizionali" - Scrive Bruxelles: "Non è vero che non vogliono integrarsi. Spesso è troppo difficile, per colpa dei muri e delle resistenze". 4) "Arrivano da noi in gran parte come clandestini" - All'indomani delle primavere arabe, nel 2011, sono sbarcati in Europa 140 mila uomini e donne in fuga da catastrofi varie. Nel 2013 la sola Frontex, l'agenzia Ue per il controllo delle frontiere, ne ha contati 107 mila. Quest'anno il numero sarà più ampio, qualcuno dice il "doppio". Sono clandestini perchè non hanno documenti validi, ma solo una minima parte di loro arriva per ragioni economiche. Sono richiedenti asilo, rifugiati. Clandestini sui generis. Comunque, una quota ridotta del totale. Parecchio meno del 10% dei movimenti migratori che ogni anno anima il nostro continente. 5) "Dove ci sono loro c'è un aumento della malavita" - Secondo una perizia del criminologo tedesco Christian Walburg, gli immigrati adulti in Germania non commettono molti più reati rispetto ai non immigrati. Le cose, però, cambiano se si parla di giovani immigrati: fra i giovani sospettati di aver commesso reati si contano più stranieri che tedeschi. Tuttavia, le statistiche presentano qualche punto debole: per esempio, il fatto che i giovani di origine straniera vengano denunciati più spesso degli altri. Secondo Walburg l'inclinazione alla violenza e alla criminalità ha in genere molto a che fare più con l'emarginazione sociale che con le origini del reo e, quindi, con il suo Paese di provenienza. 6) "Annacquano i nostri valori nazionali" - I valori non sono statici, non sono mai puri. Non sono mai gli stessi per tutti i membri di una società e tendono a trasformarsi un po' alla volta. I valori sono sempre la somma delle convinzioni del singolo, le quali sono dettate dalla convivenza. Con l'immigrazione si espande non solo la cerchia del singolo, ma anche lo spettro di valori. 7) "Non vogliono imparare le lingue, neppure l'inglese" - La stragrande maggioranza dei migranti che vivono nel Regno Unito non ha bisogno di imparare l'inglese. Lo parlano già. 8) "Se apriamo del tutto le frontiere arriva un'invasione" - Sono solo 7 mila i rumeni e bulgari in più che si sono mossi verso il Regno Unito nei primi tre mesi del 2014. I controlli all'immigrazione, per quanto severi, sono solo uno dei fattori che determinano gli spostamenti da un Paese all'altro. 9) "Paralizzano i servizi essenziali: ospedali e scuole" - "Non c'è nessuno studio che dimostri questo legame tra immigrazione e abuso dei servizi sociali. E, se si parla di educazione e Sanità, non si può nemmeno parlare di abuso: i tribunali lo riconoscono come un diritto", sostiene Sergio Carrera, ricercatore del Centro per gli Studi Politici Europei. 10) "Non tornano più a vivere nel Paese d'origine" - Il movimento della popolazione raccolto da Eurostat parla di quasi 1,3 milioni di persone che ha lasciato gli Stati membri nel 2012; di questi 541 mila, quasi la metà, erano cittadini di un Paese terzo. Il ritorno di quelli che si considerano comunemente immigrati, sebbene legalmente in possesso di passaporto comunitario, potrebbe però essere ancora maggiore.

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