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Filippo Facci: disastro De Magistris, peggio da sindaco che in toga. Ha distrutto se stesso e Napoli

Giulio Bucchi
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Il 30 maggio 2011 Luigi De Magistris diventa sindaco di Napoli, lasciamo perdere come e perché. Il suo motto è subito questo: rivoluzione. Si tratta di capire che cosa succedesse nei successivi due anni e mezzo: bastano quelli e si capisce tutto. Parliamo di un sindaco pluricommissariato, privo di una maggioranza stabile, privo di un partito, privo di un movimento, privo di consenso, condannato alla galera (con la condizionale) in compagnia di un sindaco condannato oppure lui. Ripartiamo da quel giorno, dalla vittoria. Disse subito: «Spero che il vicesindaco sia una giovane donna». Sarà un uomo, un vecchio ex senatore comunista, Tommaso Sodano, già condannato dalla procura di Nola per aver strattonato una vigilessa durante un'occupazione; due anni dopo, nel 2013, finirà invece sott'inchiesta per abuso d'ufficio in relazione a una consulenza da 40mila euro affidata a una docente bergamasca. Ma vediamo altri campioni della squadra. Il Welfare è affidato a Sergio D'Angelo, presidente del Consorzio che raggruppa le cooperative che lavorano con il Comune di Napoli e che vanta 60 milioni di euro di crediti dall'Amministrazione, ma questo palese conflitto d'interessi non indigna nessuno. C'è una rivoluzione in corso. D'Angelo purtroppo sarà condannato in primo grado a quattro mesi di carcere (pena sospesa e commutata) per induzione a manifestazioni violente. La rivoluzione, già: «Ho un sogno che potrebbe concretizzarsi: portare il presidente degli Stati Uniti d'America per Natale in città. Negli States sono molto attenti a questo fenomeno napoletano del movimento civico che mi sostiene, i contatti sono frequenti». Obama sorveglia Napoli. Forse coi satelliti: perché non verrà mai. E neanche Al Pacino verrà mai: ma su youtube c'è ancota il leggendario video in cui De Magistris invita l'attore in città: «Ellò, Al. Aimm Luigi De Magistris, de megior ov Neipols». Non andrà meglio con Bruce Springsteen, che a fine maggio 2013 terrà un concerto ma scapperà via subito. Ma parliamo di spazzatura, che è il caso. A metà giugno 2011, mentre 10mila tonnellate di pattume marciscono per strada, De Magistris annuncia che risolverà il problema in «quattro o cinque giorni» (la frase è anche diventata un rap musicale) e parla di eventuale piano B e pure C. E annuncia che a capo della partecipata ambientale della città andrà Raphael Rossi, il manager diventato famoso per aver denunciato due imprenditori che gli avevano proposto una mazzetta. Ma il matrimonio durerà poco e finirà male. Dopo cinque giorni ovviamente non succede niente. De Magistris accusa trame oscure: «Napoli sarà liberata dai rifiuti nonostante il tentativo di sabotaggio messo in atto in queste ore da certi ambienti refrattari ad accettare la svolta politica che stiamo attuando». Ma il 23 giugno deve ammettere che la situazione è grave. Nel pieno dell'emergenza, non si perde il Gay Pride: è in testa al corteo con un ombrellino verde a fiori. Due anni dopo metterà due orecchini rossi. Il 12 luglio però la situazione è gravissima. Un gruppo di napoletani scaraventa dei sacchettoni di monnezza contro il municipio. Rivoluzione arancione, sacchi neri e incazzati pure. Inutile farla lunga: si parlerà tutti i giorni di spazzatura almeno sino a Natale. In quei giorni De Magistris si mette a querelare «coloro che, in questi giorni, a ogni livello, hanno gravemente compromesso l'immagine della città», cioè i giornalisti e i fotografi. Scarafaggi: non i giornalisti, ma le “Periplaneta americana” che intanto stanno invadendo Napoli, blatte rosse. La cosa fa il giro del mondo. Le Point titola: «Uno scarafaggio nella pizza». Le cose miglioreranno lentamente: ma solo perché apriranno delle discariche (Chiaiano, per esempio) o solo grazie all'aiuto finanziario della Provincia retta dal nemico politico Luigi Cesaro. Poi spuntano le navi olandesi che trasporteranno il pattume nel Mare del Nord, un'assurdità costosissima. In breve: la promessa della campagna elettorale, quella di raggiungere il 70 per cento di raccolta differenziata entro il 2011, non sarà minimamente rispettata. Il tasso rimarrà al 25 per cento, come ai tempi della miglior Iervolino. Intanto spuntano piccoli o grandi nepotismi. Dagospia rivela che la giovane Lucia Russo, collaboratrice dell'assessore allo Sport, è la cugina di De Magistris. Tra l'altro, durante la campagna elettorale, era stata intervistata come "disoccupata". Poi, nella stanza a fianco a quella del sindaco, spunta anche Claudio De Magistris: è il fratello, un impresario musicale che diventa capo della segreteria politica: a pagarlo è l'Italia dei Valori. Ma neanche il fratello durerà molto. Nel novembre 2012, peraltro, si scoprirà che l'avevano mandato in Grecia al “World Music Expo” perché la cosa era «di assoluta importanza strategica per l'Amministrazione». II 2012, per De Magistris, sarà un anno orrendo. Licenziamenti, dimissioni, allontanamenti, litigi. L'aria si fa pesante. Raphael Rossi, l'esperto di rifiuti già glorificato su Report, viene silurato. Motivo: l'assunzione di 23 persone contro il suo parere. «Erano inutili e fuori dal diritto», dice. De Magistris perde anche la presenza di Roberto Vecchioni alla guida del Forum delle Culture, a tre mesi dalla nomina. Gli subentra l'ambasciatore Francesco Caruso che lascia anche lui, subito. Presto si dimetterà tutto il comitato tecnico-scientifico del Forum. Ma è la perdita di Giuseppe Narducci quella che fa male: è l'ex magistrato di Calciopoli e neo assessore a trasparenza e legalità. Dimesso. O silurato, chissà: la trasparenza è poca. «L'impressione che io ne ricavo - dirà - è quella di un clima ostile alla manifestazione delle idee e delle opinioni...». Ah beh. Poi se ne va l'assessore al Bilancio Riccardo Realfonzo, economista: silurato nonostante fosse stato tra i primi nomi indicati. Dirà: «È rimasto inascoltato il mio invito a rafforzare la lotta all'evasione». Il sindaco in quei giorni pensa ad altro, e scalda i cuori con le barche della World Series 2012-2013 che navigano nel Golfo: una vittoria, anche se, di fronte alle inchieste e alle difficoltà, farà un classico passetto indietro: «La Coppa America non l'ho voluta solo io, potrei anche rinunciarvi». La Coppa, comunque, è costata 16 milioni di fondi pubblici. Venezia, per lo stesso evento, di fondi pubblici non ha stanziato nemmeno un euro. La sagra delle promesse mancate, di qui in poi, è una comica. Aveva detto: i miei assessori non useranno le auto blu ma andranno in bici. Ma le bici rimarranno in garage, e De Magistris l'auto blu continuierà ad usarla. Aveva detto: Napoli avrà la sua moschea entro il 2011. Non c'è. Aveva detto: «Progetto per il nuovo stadio entro il 2011». Non c'è. Ci fu, in compenso, la cittadinanza onoraria al leader palestinese Abu Mazen, e dal porto di Napoli partì una nave di un'organizzazione filopalestinese. Tutte cose che i napoletani attendevano frementi. Di qui in poi dobbiamo correre. De Magistris annuncia un intervento immediato per smantellare la favela di Sant'Erasmo, una bomba sanitaria: è ancora lì, e ci sarà anche un'inchiesta con De Magistris e l'assessore Anna Donati indagati per omissione d'atti d'ufficio e attentato alla sicurezza stradale. Cominciano a mollarlo tutti, in quel periodo, anche perché Napoli è un caso unico in Europa. Per proteggerlo dall'ira dei disoccupati, devono chiamare la Polizia: quasi gli sfasciano l'auto a calci e pugni, con lui dentro. Il segretario Uil Luigi Angeletti: «Alla fine del suo mandato i disoccupati saranno aumentati». La Cisl regionale: «De Magistris confessi le sue gravi responsabilità». Cioè? «Gare negoziate per gli amici degli amici, spazi pubblici assegnati senza delibere». Il sindaco viene pubblicamente mollato pure da Saviano. L'Espresso lo fa a pezzi con tanto di copertina. De Magistris è crollato dal primo al 17esimo posto nel gradimento degli italiani sui sindaci - rileva il Sole 24ore. E non sono passati neanche due anni. Gian Marco Chiocci e Simone di Meo scrivono per Rubbettino il libro definitivo su De Magistris: “Il pubblico mistero”, documentatissima summa delle ragioni per cui tanti elettori napoletani finiranno in purgatorio. Il fallimento, nel 2013, si riversa nelle elezioni politiche: “Rivoluzione civile”, in cui sono confluiti gli arancioni napoletani, si ferma al 2,25 per cento alla Camera e all'1,79 al Senato, e nella Napoli rivoluzionaria becca solo il 3,07 per cento. De Magistris incolpa, e scarica, Di Pietro e Ingroia. Non senza charme: «Io non ero candidato: quando in passato ho chiesto i voti, a Bruxelles come a Napoli, sono sempre arrivato primo. È stato Ingroia, a questo giro, a metterci la faccia». De Magistris, oggi, non ne ha più una. di Filippo Facci

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