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Scopelliti condannato a sei anni: la scossa calabrese arriva a Roma

Nicoletta Orlandi Posti
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È il debutto del Nuovo Centrodestra, almeno quello dei «piani alti». Il governatore della Calabria, Peppe Scopelliti, è stato condannato a sei anni di reclusione per abuso d'ufficio. Era accusato - a seguito delle denunce pubbliche di Demetrio Naccari Carlizzi, a sua volta coinvolto in altre vicende giudiziarie - di aver partecipato al saccheggio dei conti del Comune capoluogo durante il suo mandato da sindaco. Non solo: essendoci sullo sfondo l'opaca vicenda di Orsola Fallara (la brillante ex city manager di Reggio suicidatasi nel dicembre 2010 con l'acido muriatico, dopo che saltò fuori una storia di liquidazione «autonoma» di parcelle) i giudici sono andati al di là delle stesse richieste del pm, che di anni ne aveva invece chiesti cinque, convinto, a sua volta, che Scopelliti fosse complice nelle spericolate operazioni contabili da 800mila euro della sua ex collaboratrice. Sei anni accompagnati da una provvisionale di 120mila euro e, soprattutto, dall'interdizione perpetua dai pubblici uffici: pena accessoria di quella principale che, per un politico, significa la morte elettorale, considerando in particolare gli effetti della così detta Legge Severino contro la corruzione. Se interverrà una diversa pronuncia dell'Appello in tempi veloci come il primo grado (durato meno di un anno e mezzo) prima dei termini per il deposito delle liste per il prossimo anno, qualche speranza ce l'ha ancora Scopelliti di ricandidarsi: diversamente (com'è facile che accadrà) la sua partita è già segnata. Siamo oltre Berlusconi se si considera un singolo processo e, soprattutto, se si considerano le conseguenze pratiche di questa entrata a gamba tesa della magistratura che, ancora una volta, modifica il percorso naturale della politica in Calabria: De Magistris bombardò - seppur vanamente -quasi tutti i partiti quando era a Catanzaro e gli effetti sulle elezioni (non solo quelle calabresi) non tardarono. Scopelliti strapazzò l'uscente Loiero e il resto dell'apparato di centrosinistra forte anche dell'indebolimento causato dalle «visioni» dell'oggi sindaco di Napoli. Stavolta, senza neppure un De Magistris ma con un primo grado definito, il rischio è che lo schema si replichi da qui ad un anno, quando la Calabria tornerà al voto. Ma c'è di più: Scopelliti non è uno qualunque, nel senso che il leader del Ncd, Alfano, è puntellato nella relativa organizzazione del potere proprio dagli uomini del governatore amante delle Ray-Ban e del chewing-gum. Circostanza da non sottovalutare anche sul piano delle ripercussioni sul governo di Renzi che di Alfano ha bisogno come dell'ossigeno. Si vedrà nelle prossime ore, quando entrano in gioco queste variabili tutto può succedere. I bilanci del comune di Reggio dal 2008 al 2010, in pratica, presenterebbero buchi determinati dalla condotta consapevole di Scopelliti (ma, a questo punto può valere per tutti i comuni in rosso): la qual cosa stride, in realtà, con una precisa fattispecie penale se si considera la «separazione dei poteri» negli enti locali tra dirigenti e politici. Non resta che attendere le motivazioni per farsi un'idea più precisa. La sentenza è stata pronunciata in aula poco dopo le 20, dopo otto ore di camera di consiglio. Al momento della lettura del dispositivo Scopelliti non era in aula. Il tribunale ha anche condannato per falso (3 anni e 6 mesi ciascuno) gli ex revisori dei conti del Comune calabrese Carmelo Stracuzi, Domenico D'Amico e Ruggero De Medici. «Esprimo a Giuseppe Scopelliti la mia solidarietà e sono certo che nei successivi gradi di giudizio egli riuscirà ad affermare la sua innocenza» ha fatto sapere Fabrizio Cicchitto in una nota. di Peppe Rinaldi

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