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Mucchetti (Pd), lettera aperta a Berlusconi: "Non fidarti di Renzi"

Andrea Tempestini
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Inaffidabile, bugiardo e parolaio. Questo è, in estrema sintesi, Matteo Renzi. Almeno lo è per Massimo Mucchetti, senatore del Partito democratico, che dice la sua in una lettera pubblicata su L'Unità e sul suo blog. Una lettera che, c'è da scommetterci, farà discutere. L'ex giornalista del Corriere della Sera si rivolge a Silvio Berlusconi, ed esordisce così: "Caro Berlusconi, non la capisco più". L'excursus parte dal 1994, quando, scrive Mucchetti al Cav, "lei rifiutò l'accomodamento con la politica, che le veniva suggerito da Fedele Confalonieri e da altri uomini della Fininvest, e fondò un partito al duplice scopo di dare voce all'Italia del CAF (Craxi, Andreatta, Forlani) decapitata da Mani Pulite, e di avere così anche uno scudo per le sue aziende minacciate dai 'comunisti'. Dimostrò realismo e coraggio - prosegue Mucchetti - ed ebbe successo. Adesso, avvocati e uomini di Mediaset le suggeriscono ancora l'appeasement con il governo, prospettandole la grazia del Quirinale come rimedio alla condanna e la benevolenza di palazzo Chigi nel settore televisivo. Ma è sicuro - chiede il senatore democratico - che si tratti di consigli utili?". Non fidarsi è meglio - Una domanda retorica, quella di Mucchetti, che dopo aver tratteggiato il quadro parallelo tra il 1994 e oggi offre la sua risposta. Insomma, l'ex cronista torna a fare il giornalista, e spiega: "Berlusconi si illude sulla tenuta del patto del Nazareno che aveva lo scopo di assicurare ai due contraenti il monopolio del governo e dell'opposizione. In quel patto, superior stabat Italicum, longeque inferior Senatus. Ma Renzi - ed eccoci al cuore dell'intervento - non è un uomo d'affari che fonda la propria reputazione sulla parola data". Anzi, secondo Mucchetti "il premier, come dimostra il suo rapporto con Enrico Letta, fonda la reputazione vincente sull'utilità delle scelte e perciò segue la politica del carciofo: oggi la riforma del Senato come la vuole lui; domani l'accordo con bersani, Alfano e Calderoli sulla legge elettorale scaricando Forza Italia allo scopo di avere il duplice vantaggio di ricompattare la sinistra e garantire la sopravvivenza di un centro-destra plurale, e cioè diviso e debole, anziché monopolizzato da Forza Italia". Insomma, il senatore del Pd smaschera il suo leader, il premier alle cui promesse è follia credere, al presidente della politica del carciofo, ossia la politica delle chiacchiere e dell'opportunità contingente. Sospetto toscano - Mucchetti, dopo il primo accenno, torna anche a parlare dell'ipotesi di grazia che Berlusconi spera possa essergli concessa, e ricorda al Cav che "con i processi in corso a Milano, Bari e Napoli, rischia di avere bisogno non di una grazia, ma di tre grazie, troppe per qualsiasi presidente". E come se non avesse già messo sufficiente carne al fuoco, il senatore democratico conclude adombrando un altro, pesante, sospetto. Anche qui, di sponda, c'entra Renzi. Mucchetti parla di Denis Verdini, accenna ai suoi processi sul crac del Credito Cooperativo Fiorentino, procedimenti nei quali lo Stato - ricorda - potrebbe avere un ruolo decisivo nei panni di parte civile. E ancora, Mucchetti, si rivolge al leader di Forza Italia: "E' sicuro Berlusconi che il suo amico Verdini spinga tanto nell'accomondamento con Renzi, avendo lui un interesse assai più concreto di quello del leader di Forza Italia?". Una domanda che nasconde un'implicita e pesantissima accusa: Verdini, per Mucchetti, potrebbe operare da mediatore solo e soltanto per interesse personale. Per interesse processuale. In attesa di repliche e smentite, resta il rumore di fondo di questa asprissima lettera.

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