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Corrado Passera: "La mia ricetta per salvare l'Italia? Schierare gente migliore di me"

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Ignazio Stagno
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Corrado Passera si racconta in un'intervista a Libero. Parla della sua famiglia, del suo rapporto con la fede, ma soprattutto del suo progetto per guidare il centrodestra. Con Italia Unica, l'ex ministro dello Sviluppo Economico tenta la sua scalata ai moderati. Il centrodestra in questo momento è un cantiere aperto in cerca di nuovi leader. In un colloquio con Barbara Romano, Passera racconta come intende "salvare l'Italia" e annuncia le sue prossime mosse in politica. Cosa ci sarà poi di così Unica in questa Italia che ha messo in cantiere Corrado Passera - classe 1954, ministro per lo Sviluppo Economico del governo Monti dopo essere stato amministratore delegato di Espresso, Olivetti, Poste, Banca Intesa Sanpaolo - si vedrà. Intanto, pare che il deus ex machina della sfida di quest'uomo che aspira nientemeno che a guidare il centrodestra sia la sua seconda moglie. «Non avrei mai messo in piedi questo progetto senza il suo pieno appoggio. Giovanna è sempre stata nella nostra vita, come in politica, una compagna totale». Come si è innamorato di lei? «È una storia stupenda...». Partiamo dall'inizio. Lei era già sposato da trent'anni. Poi cos'è successo? «Io ho avuto una famiglia felice con un matrimonio da cui sono nati i miei primi due figli. Poi, malgrado un grande sforzo da parte mia e della mia prima moglie, non siamo riusciti a dare un ulteriore senso al nostro stare insieme. Ho vissuto un periodo tristissimo, ma poi la vita si è riaperta grazie a Giovanna, che mi ha dato quei due bimbi che vede lì». E mostra la gigantografia che campeggia nel suo ufficio ai Parioli, con i figli piccoli in braccio a quelli grandi: «Sono il senso della mia vita». Com'è cambiare pannolini a 60 anni? «Bellissimo. E la parte più emozionante della giornata è la sera. Spesso ci ritroviamo tutti e quattro sul letto a raccontare o a inventare favole. I piccoletti vogliono che io e la mamma improvvisiamo storie su un tema che ci sottopongono. Poi c'è il momento delle preghierine, ed è una gioia rimanere vicino a loro prima che si addormentino». Non avverte mai i 20 anni di differenza tra lei e Giovanna? «Per ora no». E non crede che peseranno in futuro? «Quando io avrò 120 anni e lei “solo”100, allora può darsi di sì...». Lei è credente? «Cattolico convinto». Cattolico convinto e divorziato. Non può fare la Comunione. «L'apertura del Papa ai separati risposati civilmente è un grande atto di coraggio. E mi è dispiaciuta la reazione dei cinque cardinali che hanno manifestato un'opposizione così forte. Ma se Francesco l'ha detto, vuol dire che la Chiesa va in quella direzione. Io lo spero». Prima deve liberarsi dei suoi peccati. Quanto le pesa aver fatto parte del governo dei banchieri? «Sono fiero dei miei dieci anni da banchiere. Se tutte le grandi banche avessero fatto come quella che ho diretto, non ci sarebbe stata la crisi della finanza anglosassone. E da ministro gran parte di quello che mi ero proposto l'ho fatto». Nessun rimorso, quindi? «Il mio cruccio da ministro è di non essere riuscito a persuadere i miei colleghi a fare di più per la crescita e per l'incentivazione alla ricerca, e a procedere sulle nomine all'Autorità per i trasporti, perché non si trovò un accordo tra i partiti». Terzi, ministro degli Esteri in quel governo, le imputa anche il mancato salvataggio dei marò, quando tornarono in licenza. «Quel caso fu gestito sin dall'inizio in modo pessimo dalla Farnesina. Quando i marò tornarono in Italia si stava per commettere l'errore fatale: far perdere per sempre credibilità al governo italiano, che aveva preso l'impegno, messo per iscritto, a farli rientrare. Io fui tra coloro che dissero con forza: la parola del nostro Paese, la rispettiamo». Monti da che parte stava? «La decisione fu condivisa all'unanimità dal premier e dai ministri, compreso quello degli Esteri. Che poi il signor Terzi abbia cominciato a montare una campagna inqualificabile per nascondere i proprio errori o, peggio, scaricarli sugli altri, è gravissimo». Crede che quel governo avrebbe avuto una sorte migliore se fosse stato lei il premier? «Allora non ci pensai. Adesso, in effetti, ci penso...». E a quali conclusioni arriva? «M'impegno a fare tutto quello che i governi non hanno fatto negli anni Duemila. Bisogna dare un forte stimolo all'economia e fare subito riforme di grande portata. Ho dedicato questo anno sabbatico a girare il territorio e a definire il progetto Italia Unica che, secondo me, può davvero rimettere in piedi il Paese». Prima di avviare Italia Unica lei ebbe un abboccamento con gli alfaniani. La cosa però finì lì. Non la convince il Ncd? «Purtroppo mi sono reso conto che non possono essere gli attuali contenitori politici a costituire il nuovo. La portata del cambiamento che serve all'Italia è così profonda che non trovo in nessuno degli attuali soggetti il coraggio sufficiente. E poi sono troppo divisi». La balcanizzazione però sarà anche un suo problema se intende guidare il centrodestra. Come pensa di risolverlo? «Con un programma chiaro e condiviso e un lavoro paziente». Cos'ha di tanto unico il suo progetto? «Ripartendo dai bisogni degli italiani, vogliamo costruire un movimento che ridia al mondo liberale, di centrodestra una casa comune». In tanti c'hanno provato, tutti hanno fallito. Perché dovrebbe riuscirci proprio lei? «Perché penso di avere le idee e le qualità giuste. Non credo ai partiti leaderistici. L'Italia esce dalla crisi solo se mette insieme una squadra forte e capace. Oggi invece siamo all'assurdo di un governo in cui c'è solo il premier e nessun altro. Nel pubblico e nel privato, io mi sono sempre circondato di persone anche più brave di me, collocandole nei posti giusti». Ma lei sarebbe disposto a correre alle primarie di centrodestra? «Mi piacciono le primarie delle idee, mettere a confronto le diverse soluzioni per risolvere i bisogni del Paese. Competizioni tra leader veri o presunti che gli stessi elettori hanno già bocciato e che si odiano tra di loro, invece, non m'interessano». Comunque, dovrà passare sul cadavere di Berlusconi. «La storia insegna che quando si vogliono introdurre cambiamenti forti non si chiede il permesso. Si fa e basta. L'Italia da moltissimo tempo ha bisogno di quella rivoluzione liberale di cui Berlusconi ha parlato tanto, ma che non ha realizzato». E lei pensa davvero di poter conquistare gli elettori di Fi? «Certo. Se si pensa che Renzi ha conquistato il 20% degli italiani, sono convinto che siano almeno altrettanti gli elettori moderati che oggi sono orfani di un leader». Quanti voti prenderà Italia Unica? «Quanti ne bastano a farlo diventare il partito di riferimento dei moderati, la vera alternativa al Pd di Renzi». Sarete in campo già alle Regionali? «A fine novembre ci trasformeremo ufficialmente in partito. Discuteremo di tante cose, comprese le Regionali. Se facciamo un partito è per esserci, per chiedere agli italiani di scegliere noi».  Berlusconi non l'ha ancora chiamata per dirle: «Dai Corrado, mettiamoci insieme»? Risata. «No». Come siete rimasti con Monti? «Ogni tanto ci mandiamo sms». Baci o insulti? «Né gli uni né gli altri». E con Renzi? «C'eravamo sentiti molto fino a un certo punto. Poi lui ha staccato la spina». Per questo lo attacca sempre, perché lui la snobba? «Ma no, io l'attacco perché è un pessimo premier. E perché nessuno fa più opposizione tranne Grillo e Salvini. Tutto il centrodestra è succube di Renzi. O perché fa parte del governo, come Ncd e Scelta Civica, o perché ha accettato di fatto la leadership del segretario del Pd. E questo è un fatto gravissimo». Sta dicendo che Berlusconi ha tradito i suoi elettori? «Il suo sostegno di fatto al governo e le alleanze locali, con addirittura le liste comuni Pd- Fi, lo dimostrano apertamente». Si aspettava che Renzi le proponesse un ministero? «No. E poi, vista la tipologia di persone di cui si è circondato, del tutto acquiescenti per non dire inesistenti, non sarei stato adatto». Questo governo proprio non le piace. «Un premier che ha la possibilità di incidere sulla politica europea, essendo presidente del semestre Ue, e non ha un programma né riesce a portare a casa niente, è deludentissimo. Stiamo perdendo mesi sul Senato, con una riforma che non riduce costi né tempi. Ma la cosa più drammatica è che Renzi non sta dando nessuna speranza ai 10 milioni di disoccupati. Ancora un po' di mesi così e l'Italia si schianta». E crede di risollevarla lei? «Sì. Di sicuro ci voglio provare». Barbara Romano    

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