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La legge che consente a Berlusconi di candidarsi

Lucia Esposito
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È arrivata la tanto discussa grazia per Silvio Berlusconi, che in un colpo è in grado di cancellare la sentenza definitiva Mediaset  e di mandare in soffitta anche la legge Severino. Non l'ha firmata Giorgio Napolitano, e non è nemmeno il corollario finale del patto del Nazareno, legato alla nomina del prossimo presidente della Repubblica. La grazia porta la firma di Antonella Manzione, l'ex vigilessa che Matteo Renzi si è portata alla guida del legislativo di palazzo Chigi. Secondo il tam-tam di palazzo sarebbe stata proprio lei a trovare l'uovo di Colombo, e a fare inserire nel decreto delegato sulla riforma fiscale approvato dal consiglio dei ministri il 24 dicembre scorso una piccola norma che è in grado di riportare all'onore del mondo il leader di Forza Italia. La sostanziale grazia è contenuta nell'articolo 15 del decreto legislativo «sulla certezza del diritto nei rapporti fra il fisco e il contribuente». Si tratta della norma che già ha creato più di una polemica, che stabilisce per i reati di evasione fiscale e frode fiscale la non punibilità «quando l'importo delle imposte sui redditi evase non è superiore al tre per cento del reddito imponibile dichiarato o l'importo dell'imposta sul valore aggiunto evasa non è superiore al tre per cento dell'imposta sul valore aggiunto dichiarata». Non punibilità significa depenalizzazione del reato, per cui vengono invece raddoppiate le sanzioni amministrative già previste dal decreto legislativo 471 del 1997. Se dunque la somma evasa o frodata è inferiore al 3 per cento di quella effettivamente dichiarata, non c'è più reato penale. La novità deve essere applicata ovviamente a tutti i processi in corso, ma anche alle sentenze già passate in giudicato, secondo quanto stabilito dal comma 2 dell'articolo 2 del codice penale che così recita: «Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano la esecuzione e gli effetti penali». Se dunque la legge prevede che un certo comportamento non sia più reato, anche le condanne passate in giudicato e tutte le loro pene accessorie cessano di essere esecutive, vengono quindi annullate. Ed è proprio questo il caso della ormai celebre sentenza Mediaset sulla frode fiscale per i diritti tv. Cadute in prescrizione durante il lungo iter giudiziario le accuse sugli anni precedenti, alla fine la condanna comminata a Berlusconi era centrata su una evasione di imposta di Mediaset relativa all'anno 2002 di 4,9 milioni di euro e relativa all'anno 2003 di 2,4 milioni di euro. In tutto dunque 7,3 milioni di euro evasi. In quegli stessi anni Mediaset ha versato 135 e 246,5 milioni di imposte. In tutto 381,5 milioni di euro. I 7,3 milioni di euro evasi secondo la sentenza rappresentano l'1.91% delle imposte effettivamente versate. Il reddito imponibile dichiarato da Mediaset e riportato nello stesso dispositivo delle varie sentenze è stato 397 milioni di euro nel 2002 e 312 milioni di euro nel 2003. In tutto 709 milioni di euro, a fronte dei quali quei 7,3 milioni evasi rappresentano l'1,02%. Siamo dunque ben al di sotto del 3% che viene previsto come soglia di punibilità, e così quel decreto legislativo è in grado di fare uscire Berlusconi dai guai di quella sentenza, di fatto cancellando tutti gli effetti di quella condanna. Poco serve per l'espiazione ai servizi sociali, che già sta per concludersi, ma verrebbe chiuso ogni discorso anche sulle pene accessorie (resta ancora un anno di sospensione dai diritti di elettorato attivo e passivo) e sulla applicazione della contestata legge Severino. Se non c'è più la condanna penale ovviamente non è applicabile la conseguenza di sospendere dall'elettorato attivo e passivo il condannato per sei anni. Con quel decreto dunque Berlusconi sarebbe candidabile già la prossima primavera in caso di elezioni anticipate, e ovviamente sarebbe in grado di fare la campagna elettorale come meglio crede. Non è un caso se solo la norma sulla non punibilità al di sotto del 3% di evasione o frode è stata inserita nel testo del decreto legislativo durante il passaggio a palazzo Chigi. Non esisteva, secondo quanto ricostruito dal sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti (Scelta civica), nel testo originario partito dal ministero guidato da Pier Carlo Padoan. È stata una aggiunta che riveste un carattere politico ancora più che legislativo, e non può averlo fatto la Manzione senza un ok dello stesso Matteo Renzi. Il decreto legislativo dovrà avere il parere non vincolante delle commissioni Finanze dei due rami del Parlamento, e poi fare ancora un passaggio per il definitivo via libera a Palazzo Chigi. Di sicuro quel piccolo condono non passerà inosservato ed è facile che si aprano polemiche e battaglie, come per altro si è già capito dallo stesso Zanetti che per primo ha sollevato il caso: «D'accordo con quel tetto sull'evasione, ma non sulla frode fiscale, per cui devono restare le norme sulla punibilità esistenti». Franco Bechis

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