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Avanza il governissimo targato Berlusconi D'Alema

Max, contrario a un'apertura a Grillo, lavora per un'intesa col Pdl su un patto di legislatura

Giulio Bucchi
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  di Marco Gorra Fosse stato per lui, non sarebbe andata a iniziare così. Fosse stato per lui, l'umiliazione di andare a bussare da Beppe Grillo col cappello in mano ed essere messi alla porta a male parole il Pd se la sarebbe risparmiata. Fosse stato per lui, un minuto dopo aver capito dove andava a parare lo scherzetto che si profilava dalle urne, si sarebbe iniziato subito a prendere contatti con la seconda forza dell'arco costituzionale per capire come mettere in piedi una maggioranza parlamentare degna di questo nome. Fosse stato per Massimo D'Alema, le cose adesso starebbero andando in maniera del tutto diversa. Tra i maggiorenti del Partito democratico, l'ex presidente del Consiglio è tra i maggiori critici della bersaniana scuola di pensiero  imperniata sulla conventio ad excludendum a danno del Pdl. Numeri del Parlamento alla mano, per D'Alema la via che porta alla grande intesa di sistema col centrodestra è la sola percorribile.  Come inevitabile, il solo accostare i nomi di D'Alema e Berlusconi innesca tutta quella serie di revival anni '90 che, in più di un occasione, ha funzionato benissimo per giustificare ad anteriori gli abboccamenti presenti: il ritorno della Bicamerale, il Dalemoni, la bozza Boato, il patto delle sardine, i figli del ricatto e tutto il resto. Si ritira fuori l'inveterata convinzione dalemiana che un accordo il più onnicomprensivo possibile col Cavaliere non si possa fare a meno di trovarlo, si ricordano gli abboccamenti reciproci («Mediaset patrimonio del Paese» versus Berlusconi che lancia l'ex premier per il Colle nel 2006 il più citato), si tracciano scenari. Leggi l'articolo integrale di Marco Gorra su Libero in edicola oggi, giovedì 28 febbraio    

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