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Pd e Pdl litigano sul giorno della fiducia,si rischia l'aumento dell'Iva

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Ignazio Stagno
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E' ancora scontro totale tra Pd e Pdl sull'Iva. Il premier Enrico Letta ieri sera in Consiglio dei Ministri ha rinviato il decreto sul blocco dell'aumento dell'imposta dopo il voto di fiducia previsto per martedì. Sulla tempistica scelta dal premier è scoppiata la bufera. Per il Pdl la scelta di discutere il blocco dell'Imu dopo martedì è un ricatto. Infattio dal lunedì, 1 ottobre, l'Iva passerà automaticamente dal 21 al 22 per cento e così di fatto le promesse di palazzo Chigi che da tempo aveva promesso lo stop non saranno mantenute. Se invece, come chiedono gli azzurri, il voto di fiducia dovesse tenersi per lunedì 30 settembre allora il governo, una volta incassata la fiducia potrebbe anche dare l'ok al decreto per il blocco dell'aumento dell'imposta. La bagarre dunque è tutta sul calendario. "Tutta colpa del Pd" -  Il Pdl non vuole responsabilità per un eventuale aumento: "Se il premier subordina queste scelte a un voto di fiducia, a un chiarimento, lo faccia prima di martedì - è l'aut aut di Schifani - altrimenti le responsabilità dell'aumento dell'Iva non saranno del Pdl".  "Le accelerazioni di mezza giornata - ha spiegato Luigi Zanda del Pd - sono strumentali e mostrano la volontà di eludere le ferite istituzionali e perfino costituzionali che sono state inferte dalle dimissioni del Pdl". Il voto di fiducia resta dunque fissato per martedì. Ma il dato politico non cambia. Per il Pdl Sandro Bondi, infatti, la linea concordata da Napolitano e Letta non può che essere letta come "un atto di sfida e di ricatto, un'ulteriore umiliazione del popolo dei moderati". Dunque di fatto, salvo miracoli improvvisi l'Iva dall'1 ottobre dovrebbe passare al 22 per cento. E Letta lo sa. Ma fa finta di niente.  I 4 punti di Letta - Intanto il ministro Dario Franceschini rivela i 4 punti su cui Letta chiederà la fiducia:  “legge di stabilità coraggiosa”, “separazione delle vicende della giunta da quelle governo”, nuova legge elettorale, e “un programma che dichiaratamente arrivi al 2015, almeno per riuscire a superare il bicameralismo”. Renato Schifani replica e detta le condizioni del Pdl da Bolzano. “Il Pd accetti che la norma Severino possa essere applicata nella giusta misura e non retroattivamente. Due pesi e due misure non possono essere accettate da noi, mentre il Pd continua ad essere sordo su questo. Del tutto inascoltate sinora le nostre richieste di sottoporre alla Corte costituzionale l'applicabilità di una norma, che si vuole fare invece diventare retroattiva per il cittadino Silvio Berlusconi”. Le posizioni di Pd e Pdl appaiono sempre più lontane e così probabilmente il governo si prepara a "morire" in parlamento .(I.S.)

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