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Gianni Letta e Fedele Confalonieri a gamba tesa su Silvio Berlusconi: "Appoggio esterno? Se lo fai sei pazzo, ti suicidi"

Davide Locano
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In un turbolento giovedì di consultazioni, nel bel mezzo del secondo giro di incontri tra la premier incaricata, Elisabetta Casellati, e i partiti, c'è stato un attimo in cui l'accordo sembrava possibile. Tanto che Matteo Salvini, con troppo ottimismo, aveva detto: "Forse si parte stasera". Più una speranza, s'ipotizza, che una convinzione. Eppure quella convinzione, per qualche minuto, pare esserci stata davvero. Tutto verteva attorno all'appoggio esterno proposto dal M5s a Forza Italia e Silvio Berlusconi. Certo, il Cav - stando alle condizioni poste dai grillini -, proprio come Giorgia Meloni e Fratelli d'Italia, non avrebbe potuto esprimere ministri. Eppure, questa la ratio, almeno avrebbe potuto proporre Salvini nella trattativa come ambasciatore delle istanze del centrodestra unito. Schema certo scivoloso ma che per qualcuno nel partito poteva anche essere meglio di niente. Anche se il rischio di creare un governo M5s-Lega con una clamorosa golden share di Di Maio in termine di numero di parlamentari, sin dal principio, è stata avvertita come un'idea pericolosissima. Leggi anche: La frase di Confalonieri che face cambiare idea a Berlusconi E l'idea, infatti, è stata rigettata. Non che sia mai piaciuta granché a Berlusconi, ma per vincere definitivamente le pulsioni all'apertura sarebbe stato fondamentale il ruolo dei suoi due principali e storici consiglieri, tornati prepotentemente al centro delle politiche di Forza Italia da che la stella di Niccolò Ghedini si è decisamente offuscata: Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Il primo, secondo Repubblica, parlando con il Cavaliere avrebbe definito l'appoggio esterno al governo Lega-M5s un "mezzo suicidio". Dunque Confalonieri avrebbe telefonato al Berlusconi per scuoterlo: "Saresti pazzo a dire di sì - queste le parole rivolte a Fidel -. Daresti carta bianca alla Lega per un governo di cui non controlleresti nulla". E dunque, facendo leva sulle parole più volte ripetute in privato dal Cavaliere - "Non mi devono legittimare né Luigi Di Maio, né Salvini" -, convincerlo a chiudere definitivamente all'ipotesi non è stato difficile. Per certo, l'intervento di Letta e Confalonieri, almeno stando ai boatos della politica, sarebbe stato assai duro.

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