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Anche Di Maio s'è fatto il suo cerchietto magico

Maria Pezzi
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Ogni uomo politico che "si rispetti", e che abbia l' ambizione di andare al governo, pare abbia il proprio "cerchio magico". Berlusconi ha il suo, che ormai "di magico" non ha più niente, così anche Renzi, che per particolare provenienza territoriale ha il "giglio". Non era da meno neppure la Lega di Bossi. Non sembra che esista ancora qualcosa del genere per Salvini, ma non sarà certo per questa ragione se non riceverà l' incarico per formare il nuovo governo. Di Maio in ogni caso ha un bel cerchietto, ed è di questo che vogliamo parlare. Le persone più vicine all' uomo che oggi tenta in tutti i modi di salire a Palazzo Chigi non sono poi così noti al grande pubblico. E meritano una presentazione. Si parte da Alfonso Bonafede da Mazara del Vallo, classe 1976, avvocato. Di Maio lo vorrebbe al ministero della Giustizia, anche perché grillino della prima ora sin dal 2006, anno in cui si iscrive all' ordine degli avvocati di Firenze. Dal 2016 è responsabile della funzione "Scudo della Rete" nella piattaforma Rousseau, quindi persona che riscuote fiducia anche da parte della Casaleggio & Associati. Lo si potrebbe definire un "urlatore giustizialista", ma dietro l' apparenza si cela un freddo calcolatore. IL PORTAVOCE - Poi c' è colui che parla per bocca del leader, Vincenzo Spadafora, ex presidente di Unicef Italia e successivamente Garante per l' infanzia. Campano come Di Maio, nel 2016 Luigi lo ha voluto al suo fianco come responsabile delle relazioni istituzionali in vista della candidatura in pectore da leader del M5S, investitura che avrebbe infatti ottenuto l' anno successivo. Classe 1974, a 24 anni Spadafora diventa segretario particolare del presidente della regione Campania Andrea Losco dell' Udeur, il partito fondato da Mastella alla fine degli anni '90. Passerà successivamente con i Verdi, entrando nella segreteria di Pecoraro Scanio, e nel 2006 approderà nella segreteria di Rutelli (all' epoca leader della Margherita) al ministero dei Beni culturali. Quando Di Maio è andato all' Ash Center di Harvard, in prima fila c' era proprio Spadafora. Un personaggio che proviene da una Ong come l' Unicef fa sempre comodo, soprattutto di questi tempi. Un curriculum comunque non proprio da grillino doc. L' ANTI BOSCHI - Uomo che Di Maio voleva invece in quello che un tempo fu il posto della Boschi, i Rapporti con il Parlamento, è Riccardo Fraccaro, entrato nel Movimento nel 2010. È il cosiddetto front-man del Movimento, infatti il suo è un impegno soprattutto di facciata, è colui che - insieme a Roberto Fico - sbraita da sempre contro i vitalizi e i costi della politica, il trito e ritrito da dare in pasto a un popolo inconsapevole di quelli che sono i veri problemi del Paese. Si attribuisce il merito di aver fatto risparmiare alla Camera circa 77 milioni di euro a partire dal 2014 grazie al suo emendamento "taglia-affitti d' oro", ma in realtà fu una decisione condivisa quantomeno col Pd e con l' allora presidente della Camera Laura Boldrini. Nella neonata legislatura era stato indicato dal M5S come unico candidato alla presidenza di Montecitorio, ma ha lasciato il posto a Roberto Fico per consentire che l' accordo col centrodestra sulle presidenze del Parlamento andasse a buon fine. Altro uomo di spicco del cerchio magico di Di Maio è Stefano Buffagni da Bresso, in provincia di Milano. Perito elettronico con una laurea in economia e gestione aziendale, in parecchi lo considerano il "bello" del Movimento. Classe 1983, lavorava come commercialista in uno studio milanese per poi essere eletto nel 2013 consigliere regionale in Lombardia tra le file del M5S e deputato alle ultime Politiche. Ha bruciato tutte le tappe. È l' uomo di collegamento tra Di Maio e il Nord del Paese, tant' è che fu lui ad accompagnarlo a Cernobbio al Forum Ambrosetti, dove il leader dei 5Stelle tranquillizzò il mondo degli affari e della finanza. Peccato che questo passaggio sia costata la rinuncia di temi chiave del Movimento, vale a dire l' uscita dall' euro e la lotta alle storture dell' Ue. Se dovesse finire subito la legislatura saranno per lui cazzi amari, non per via del secondo mandato (ormai di fatto superato), ma perché la moglie di Crimi gli soffierà il posto. Non si può tralasciare una new entry del Movimento, il giornalista Emilio Carelli, l'uomo ideale per mantenere i legami con i vertici di Forza Italia. La sua particolare posizione, cioè quella di essere stato tra i fondatori del Tg5, lo porta ad avere buoni rapporti col presidente di FI e con lo stato maggiore di Mediaset. Con Di Maio presidente del Consiglio, Carelli avrebbe garantito a Mediaset e alle società di Berlusconi sonni tranquilli. IL MONARCA DAVIDE - Questi gli uomini di fiducia del leader (donne al momento non ce ne sono). E il ruolo di Davide Casaleggio? Il giovane Casaleggio, succeduto dinasticamente al padre, è una specie di monarca costituzionale, vale a dire un sovrano che regna attraverso il suo primo ministro Di Maio e i ministri a lui graditi, cioè gli uomini di Di Maio. Casaleggio junior regna ma non governa, è infatti colui che può mettere bocca su tutto, ma - stando allo statuto della nuova associazione denominata Movimento 5 Stelle - è il leader politico, e dunque Di Maio, ad avere il potere decisionale. E Grillo? Povero Beppe, lui sì che non conta più nulla. Viene ancora invitato alle grigliate e i parlamentari seguono i suoi spettacoli. Resta garante, sì, ma può solo garantire lo status quo, una specie di senatore anziano sine imperio. Da tirare in ballo quando il M5S si trova in difficoltà. Ma che vantaggio ne ha il novello Davide in tutto questo? Parallelamente all' Associazione denominata Movimento 5 Stelle, esiste un' altra struttura, l'«Associazione Rousseau», che per Statuto ha il preciso compito di promuovere lo sviluppo della democrazia digitale e di coadiuvare il «Movimento 5 Stelle». LA POSTA IN GIOCO - Casaleggio è il presidente dell' Associazione Rousseau, costituitasi negli ultimissimi giorni di vita del padre. Un' associazione di due o tre persone. Padre, figlio, e Spirito Santo. Senza questa Associazione, Davide Casaleggio non avrebbe alcun titolo di svolgere il ruolo che svolge nel M5S. Ebbene ora, ciascun parlamentare eletto nelle liste del M5S, in forza di un regolamento sottoscritto da ognuno, versa nelle casse di "Rousseau" 300 euro al mese destinati «al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l' attività dei gruppi e dei singoli parlamentari». Facendo i conti della serva, i parlamentari pentastellati sono 339, più 23 consiglieri regionali tra Lombardia e Lazio, quindi ogni anno "Rousseau", o meglio Casaleggio, dovrebbe incassare circa 1,3 milioni di euro, che a fine legislatura (ammesso che questa duri cinque anni) diventano 6,5 milioni di euro circa. Però niente male. Non si capisce perché i grillini continuino a menarla col conflitto di interessi di Berlusconi, quando anche in casa loro sembra che qualcosa non torni. Ci sarebbe da ridere, se non vi fosse da piangere.  di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

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