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Scienza, il luminare Angelo Vescovi: "Grazie alle staminali vivremo fino a 150 anni"

Giulio Bucchi
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Di cellule staminali chissà quante volte ne abbiamo sentito parlare o ne abbiamo discusso - tra questioni etiche e polemiche - magari senza nemmeno sapere di preciso cosa siano. Ma ci siamo appassionati lo stesso, perché sono, inevitabilmente, il nostro futuro. La speranza. La strada per combattere le malattie neurologiche e neurodegenerative come la SLA, il Morbo di Parkinson, la Sclerosi Multipla, l'Alzheimer, ma anche il cancro. L'Italia in questo campo è all'avanguardia e il professor Angelo Vescovi, 53 anni, è uno dei massimi esperti. Professore di Biologia cellulare all'Università Bicocca di Milano, direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, dell'istituto di Genetica Umana G. Mendel di Roma e della Banca delle Cellule staminali Cerebrali di Terni, è stato il primo al mondo (con due colleghi canadesi) a isolare delle cellule staminali cerebrali da un cervello adulto, è stato il primo a mettere a punto la tecnica di coltura e moltiplicazione delle staminali cerebrali umane creando una criobanca ed è stato il primo ad effettuare un trapianto in pazienti affetti da SLA. Professor Angelo Vescovi, c'è solo un modo per iniziare: capire, finalmente, che cosa sono le staminali. Prima definizione trovata su internet: “Sono cellule il cui destino non è ancora deciso...”.  «Sciocchezze. No, non è così».  Allora senta questa: “Sono cellule giovani che si moltiplicano e non hanno ancora assunto la funzione e la conformazione definitiva. Ne esistono di due tipi...”. Che c'è?  «Non ci siamo, concettualmente è sbagliato. E poi i tipi sono tre».  Ok, provi a spiegarlo lei e faccia finta di dirlo a un bambino.  «Il corpo umano è come una casa, è costituito da tanti mattoncini: sono un milione di miliardi, si chiamano cellule. Ogni tessuto ha le sue cellule: quelle della pelle sono come dei fili di un maglione, quelle dei muscoli sembrano elastici e così via. Sono le cellule mature, che rappresentano il 99,99 per cento di tutte le cellule in un tessuto e quindi nel nostro corpo».  Fin qui ci siamo.  «Bene. Ora consideri che, così come le tegole del tetto si logorano a causa delle intemperie, così le cellule, anche solo per il fatto di esistere e funzionare, si consumano, muoiono e devono essere sostituite. E allora chi produce le nuove cellule mature? Proprio le staminali, che rappresentano lo 0.01 per cento delle cellule. È una specie di ufficio di manutenzione dell'organismo, che capisce dove c'è bisogno di intervenire e provvede».  Un bambino ora domanderebbe: e dove sta questo ufficio?  «Ogni organo ha il suo. Normalmente si trova nelle parti più profonde e nascoste di un tessuto ed è specializzato a produrre le cellule mature di quel tessuto».  Prima diceva di tre tipi di staminali. Oltre alle adulte di cui abbiamo parlato, quali ci sono?  «Le germinali che servono per la riproduzione generando i gameti (spermatozoi e ovuli) e le embrionali, che sono le madri di tutte le staminali».  E sulle quali qualcuno vorrebbe sperimentare.  «Sì, ma il problema è che, trattandosi di cellule dalle caratteristiche eccezionali, l'unico modo di procurarsele è produrre embrioni umani e poi distruggerli per estrarle. Non lo trovo accettabile dal punto di vista etico: la vita nasce all'atto della fecondazione e l'embrione è inquestionabilmente un essere umano. Il mio gruppo lavora esclusivamente su cellule staminali cerebrali provenienti da biopsie di feti morti per cause naturali e...».  ...poi approfondiamo. Intanto torniamo anche noi alle origini. Alle sue, al piccolo Angelo Vescovi.  «Nasco a Romano di Lombardia, provincia di Bergamo, il 24 aprile 1962. Ma non mi piace molto raccontare della mia vita privata, soprattutto dopo quanto successo».  Che è accaduto scusi?  «Ho ricevuto minacce di varia natura, comprese quelle di morte».  Quando?  «Per i Referendum del 2005».  Quelli sulla procreazione assistita e sull'utilizzo degli embrioni a fini di ricerca o di sperimentazione. Lei si è schierato a favore del no.  «Io sono assolutamente laico, la religione non c'entra nulla. Da scienziato illuminista dico che gli embrioni sono esseri umani e crearli per poi distruggerli è una sconfitta della scienza».  Non tutti hanno apprezzato.  «La mia era una posizione minoritaria. Mi sono arrivate telefonate con minacce di morte, hanno sparlato di me e storpiando le mie idee, me l'hanno giurata dicendo che la mia carriera sarebbe finita lì».  E nel 2008, alla Bicocca, è stata distrutta la sua banca cellule da un raid vandalico.  «Non sapremo mai che è successo. C'erano sei contenitori per cellule in quella stanza, ma solo il nostro era chiuso da un lucchetto: è stato l'unico ad essere aperto, le cellule buttate sul pavimento. Anni di lavoro distrutti».  Vescovi, parlavamo della sua infanzia. Bambino vivace?  «A 11 anni mi innamoro di Galilei e decido che farò lo scienziato».  I suoi genitori?  «Mamma Daniela gestisce una drogheria, papà Giovanni è un artigiano che cesella brocche e altri oggetti».   Fratelli?  «Due gemelli persi durante la gravidanza, poi Francesca che muore a tre mesi per una compressione cranica. Io, bambino, lo guardo nel lettino e ripeto: “bibi bambino, bibi bambino”. Il bambino sta male».  Commovente. Scuole?  «Mi diplomo perito chimico, ma il settore va in crisi. Così vado a lavorare per pagarmi gli studi: taglio lamiere per fare poi l'università serale».  Dove frequenta Biologia. Nel 1987 si laurea e nel '93 si trasferisce a Calgary, Canada.  «E un errore in laboratorio mi cambia la vita».  Scusi, in che senso?  «C'è da separare i detriti dalle cellule di cervello adulto. Mi offro: “In Italia lo faccio sempre”. La macchinetta canadese però è differente e sbaglio l'impostazione così, anziché separare, mischio tutto. Divento rosso porpora e mi scuso. A quel punto suggerisco di cercare di recuperare le cellule in modo un po' inusuale e applichiamo il metodo che i canadesi avevano messo a punto. Combinazione fortunata e clamorosa: le cellule staminali del cervello cominciano a crescere!».  Mai successo?  «Prima volta al mondo e nasce un metodo. Una fortuna sfacciata».  E così lei, giovane scienziato magari un po' nerd, diventa famoso. Perché ride?  «Io nerd? Il contrario: ai tempi sono calvo, porto una treccina di capelli fino alla schiena, tipo Palacio dell'Inter, e ho due orecchini giganteschi, uno con un anello d'oro e l'altro con una zampa d'aquila».  Urca. Nel '90 torna in Italia.  «Mi assumono al Carlo Besta. Il Ministero della Salute stanzia 350 milioni di lire per il mio progetto di creare una banca di cellule staminali umane. Il problema è come moltiplicarle visto che, a differenza di quelle del topo, non vogliono saperne di crescere. Io sono convinto che nel “brodo di cottura” manchi una sostanza precisa. Allora vado da un amico biochimico del piano di sopra e gli chiedo degli acidi grassi. “Non ne ho di puri, ho solo questi che contengono impurezze”. Li prendo e li aggiungo. Il giorno dopo mi chiamano: “Angelo, funziona! Le cellule crescono!!”. La cosa incredibile è che non erano gli acidi grassi a funzionare, ma le impurezze».  Nel frattempo inizia a lavorare al progetto del trapianto di staminali su malati di SLA per il quale nel 2011 riceve il via libera dall'AIFA e dall'Istituto Superiore di Sanità per l'avvio di un trial clinico.  «Dopo tre anni e 18 pazienti trapiantati, a fine giugno scorso abbiamo terminato al fase I con successo. Ora parte la fase II, mentre stiamo depositando in questi gironi la richiesta per iniziare una sperimentazione anche sulla sclerosi multipla».  Quali sono stati i risultati di questa prima fase sulla SLA?  «Abbiamo dimostrato che le cellule staminali cerebrali umane trapiantate nel midollo spinale sono sicure. Il primo trapianto è avvenuto nel giugno 2012 e l'ultimo cinque mesi fa: non sono stati rilevati eventi avversi importanti imputabili alla procedura chirurgica o alle cellule trapiantate».  La vostra speranza - tradotto in un linguaggio semplice - è che le staminali riescano a rallentare o addirittura bloccare la morte delle cellule nervose.  «Esatto. Ma ora non si può ancora concludere nulla».  Prossimo passaggio?  «Nella fase II è previsto il trapianto in altri 60-80 pazienti SLA: ora si punta a individuare il dosaggio e verificare il grado di efficacia delle cellule staminali cerebrali usate nella prima fase».  Che voi prendete da feti deceduti per cause naturali: quindi nessuna problematica etica e morale.  «La biopsia da un solo feto basta per centinaia di pazienti, proprio grazie alla nostra capacità di fare moltiplicare queste cellule».  Poi che succede?  «Le staminali vengono congelate con azoto liquido e messe in banca».  Quanto durano?  «Funzionano anche dopo 10 anni. Un mese prima del trapianto le si risveglia e si prepara l'operazione».  Quante ne trapiantate?  «Cinque milioni, con sei microiniezioni nel il midollo spinale».  Ora la fase II per SLA, poi la sclerosi multipla. Vi fermerete qui?  «Assolutamente no. Tra tre anni inizieremo la fase I sulle lesioni spinali per ricostruire il tessuto nervoso del midollo spinale. E poi...».  Poi?  «Guardi questo documento, le svelo una cosa che non sa ancora nessuno. Proprio oggi ci è arrivata l'autorizzazione per la sperimentazione di fase I sulle staminali del cancro al cervello. L'obiettivo è bloccarlo iniettando una proteina e indebolirlo per rendere più efficacia la chemio».  Il cancro al cervello è causato dalle staminali impazzite?  «Buona domanda. Quello più aggressivo sì. Le staminali che dovrebbe riparare e riprodurre, per esempio, dieci cellule, impazziscono e si riproducono in modo frenetico, generando miliardi di cellule impazzite».  Una svolta clamorosa.  «Il lavoro è stato pubblicato su Nature nel 2006 e a solo 9 anni siamo sul paziente. I tempi così rapidi sono stati possibili poiché questa sperimentazione è di natura profit e abbiamo creato una startup, la StemGen di Milano, che ha messo 11 milioni di euro».  La sperimentazione sulla SLA invece è no profit?  «Sì, integralmente, grazie all'Associazione Revert Onlus (www.revertonlus.org) e all'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza. Non saremmo mai arrivati dove siamo senza l'aiuto del gruppo Assicurazioni Generali con Mario Greco e di Monsignor Vincenzo Paglia, presidente dell'onlus».  Vescovi, ultime domande veloci. 1) Musica preferita?  «Keith Jarret. Le mie scoperte più importanti sono state fatte ascoltando il suo Koln Concert».  2) Film preferito?  «Nuovo Cinema Paradiso».  3) Ha paura della morte?  «No, non m'importa molto»  4) Cosa ne pensa di Davide Vannoni e del suo metodo stamina?  «Una follia pura, è una ferita aperta. Un personaggio che sfruttava l'emotività dei disperati senza aver mai dimostrato nulla».  5) A lei si rivolgono anche personaggi famosi?  «Con Reeve, l'attore di Superman, sono stato due ore al telefono».  Vescovi, ultimissima. Ha un progetto cui tiene particolarmente, ma che non ha ancora messo a punto?  «Ne ho uno chiaro in testa, ma fermo da anni: vorrei provare a estendere la longevità della vita umana».  Scherza, vero?  «No. Migliorando le staminali penso si potrebbe arrivare fino a 150 anni in salute. Qualcosa ho iniziato a fare».  Già per la nostra generazione?  «Ovvio, lo sperimenterei su di me». di Alessandro Dell'Orto

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