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Il signor Raoul, il segretario che accoglierà Silvio Berlusconi

Andrea Tempestini
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All'ingresso c'è Raoul (nella foto, ndr), due baffi che arrivano al petto e che, «quando l'occasione lo richiede», possono arrivare dietro le orecchie. Siede dall'altra parte dello sportello della reception e non sembra troppo preoccupato dall'invasione di telecamere. «Sa, io ho fatto l'alpino». Forse vedrà passare anche Berlusconi, ma è più probabile che l'ex premier entri da un altro accesso, uno dei tanti della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Una struttura enorme, tanto da sembrare un villaggio. Tra i venti palazzetti c'è un campo da calcetto, una grande chiesa su cui campeggia la scritta «Gesù è qui, apri la porta e sarà festa!». Nella stessa direzione del centro diurno psichiatrico c'è l'insegna che indica il parrucchiere. C'è perfino il teatro, dove proprio ieri mattina è andato in scena uno spettacolo per celebrare la Pasqua. «Ne facciamo uno all'anno - racconta Sergio Verdolin, che a 64 anni è un decano dei volontari - Sono entrato da quel cancello nel 1981. Una vita. Quanti ragazzi ho conosciuto, e quanti ho visto morire...». Li chiama ragazzi, ma parla di persone con un'età media di 70 anni. Basta restare con lui per pochi minuti per capire che, in effetti, è difficile chiamarli in maniera diversa. «Sono adulti, molti vecchi, ma così indifesi che sembrano bambini - spiega Sergio, che nella sua vita è un credit manager - Faccio il recupero crediti: cattivo fuori e buono quando entro». Ride. Saluta Ferruccio, un uomo di quasi 80 anni che cammina a fatica e ha una disabilità mentale. Tira fuori dei semi distribuiti in occasione delle spettacolo e li offre a Sergio. «Non darli via tutti, conservane qualcuno per Berlusconi!». Ferruccio forse non capisce ma gli infermieri che passano di fianco sorridono. C'è un'insolita agitazione nel grande cortile della Sacra Famiglia, che se non fosse per i tanti giornalisti sarebbe un'oasi di silenzio. Lo è dal 1896, quando è stata inaugurata per ospitare i bambini orfani e disabili. Quelli che una volta chiamavano i «nati disgraziati». Oggi la onlus ha filiali in Lombardia, Piemonte e Liguria, quasi 2mila persone tra dipendenti e collaboratori, segue più di 5mila persone con gravi disabilità mentali e fisiche e anziani non autosufficienti. «Quando Silvio arriverà, dovrà indossare un bel cartello con scritto “umiltà” - dice Sergio - È la prima condizione per stare con questi ragazzi». Ecco, la preparazione. Anche su questo bisogna ancora fare chiarezza. L'ex premier dovrà seguire un corso di formazione? Dalla Fondazione spiegano che, generalmente, i volontari passano prima una ventina di ore al centro formazione permanente, in una struttura poco distante. «Non potrà in alcun modo sostituire ma solo affiancare il lavoro degli operatori - ha spiegato il direttore generale Paolo Pigni -Non sarà nulla di non adatto a una persona con le sue caratteristiche. Il nostro obiettivo non è redimerlo o riabilitarlo ma trattarlo con il massimo rispetto. Come facciamo con tutti». La destinazione di Berlusconi sarà molto probabilmente il reparto San Pietro, che ospita i pazienti anziani affetti da Alzheimer. È uno degli cinque edifici che compongono l'area di assistenza e quando un dipendente rivela che li chiamano «cinque stelle», tutti pensano all'ironia di vedere il leader di Forza Italia a lavoro nei cinque stelle. La cosa certa è che Berlusconi sarà l'unico «volontario obbligato» della struttura. Non ci sono altre persone costrette da un tribunale a svolgere lo stesso servizio. «Deve capire che questa non è una punizione, ma un'occasione - commenta un infermiere - Io mi auguro di incontrarlo». «Ma va, è tutta una pagliacciata - ribatte seccata una donna che ha appena terminato un trattamento - cosa credi che potrà fare in quattro ore una volta a settimana? Per offrire un buon servizio ai ragazzi serve tempo e volontà». La piccola comunità della Sacra Famiglia è spaccata in due sul punto. Molti non vogliono neppure parlare dell'argomento, altri non vedono l'ora di stringere la mano all'ex premier. Raoul non si sbilancia. Sta nel mezzo. Lui è un «abandonico», è nato e cresciuto nella Fondazione, poi ne è diventato parte. Ne ha viste e vissute troppe per agitarsi. E poi «ho fatto l'alpino». di Salvatore Garzillo

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