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Balotelli il grande bluff: non è da Mondiale

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Ignazio Stagno
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Mario Balotelli, in stagione 30 partite e 14 gol, fra campionato, Champions League e Coppa Italia. In apparenza un bottino decoroso, peccato che all'11 marzo il suo Milan sia già tagliato fuori da tutte e tre le competizioni sopracitate e si ritrovi costretto a galleggiare nella palta, indeciso se provare davvero a sudare per un piazzamento in Europa League che fino a qualche anno fa faceva quasi schifo pure al Palermo di Zamparini. Quasi una rete ogni due partite, per SuperMario, che bello, eppure al di fuori della matematica spiccia siamo nel campo del mai decisivo, del bluff. In dodici match di cartello quest'anno ha segnato un solo gol al Napoli (strepitoso ma ininfluente, dopo un rigore fallito - il primo rigore sbagliato dopo 23 di fila insaccati), ha rimediato sei cartellini gialli e un rosso a partita finita con tre giornate di squalifica annesse per minacce di morte all'arbitro. Ora, l'attaccante titolare del Milan, se non si chiamasse Mario Balotelli, difficilmente avrebbe le carte in regola per essere convocato con la Nazionale al Mondiale in Brasile. E no, non c'entrano niente i comportamenti sopra le righe, il nervosismo irritante, l'indolenza, la cattiva gestione dei rapporti con i compagni di squadra platealmente sfanculati anche a Madrid (e pare con grosse discussioni anche nello spogliatoio. Seedorf ora invertirà gerarchie con Pazzini?). Non c'entra nulla il codice etico che lasciamo volentieri a Cesare Prandelli, non c'azzecca nulla l'aspetto della vita privata, le veline, le discoteche, le auto, le pistole, i petardi, Scampia e l'assurda propaganda anti-malavita che gli hanno voluto appiccicare addosso a tutti i costi. Raus a tutti i moralisti, ipocriti: a chi non piacerebbe essere per un giorno lui? Non come lui, proprio dentro di lui, per provare e poi raccontare. Ma a noi interessa il calciatore Balotelli, che in campo corre poco e trova la porta ancora meno. La sua stella sta già collassando a 23 anni? Il 17enne che esordiva trascinando l'Inter di Mancini a Bergamo a suon di sgroppate irriverenti segnando gol con la leggerezza di una pennellata di Raffaello è già a fine ciclo? Lo abbiamo - tutti - sopravvalutato? Per i quattro gatti sfaccendati che ieri lo hanno atteso a Malpensa per insultarlo, intanto, finirebbe volentieri qui la sua avventura al Milan: «Non hai più scuse neanche tu, torna all'Inter. Mi hai fatto buttare mille euro», gli ha urlato uno che evidentemente di soldi da investire nel calcio ne ha. Mentre Balo se ne andava, per ultimo, scortato, cuffie e musica a coprire tutto e forse con la testa già a quell'Inghilterra (Arsenal) che lo cerca, quel Mourinho che da lontano lo blandisce, conscio del fatto di essere stato forse l'unico ad averlo trattato - bene e male -come a lui si confà. Altrove, Mario, vorrebbe essere altrove e lo sembra sempre più e troppo spesso in campo. L'altrove di Mario, dove un giorno ritrovare per sempre se stesso, potrebbe essere il Brasile, sempre che Prandelli si sieda a un tavolo, sbatta i pugni e gli faccia presente che su di lui e su di un progetto costruito intorno a lui ha speso gli ultimi anni della sua vita calcistica. Basterà? Ad oggi, Balotelli non gli dà alcuna ragione per andare avanti nel disegno azzurro, il campione è rimasto alla semifinale europea con la Germania: doppietta e muscoli, voglia e cervello. Poi le lacrime, il buio, il black out, il poster che qualche ragazzino aveva appeso al muro si è già tristemente ingiallito e chiede di essere sostituito da idoli nuovi. «Per i 23 del Mondiale - ha detto il ct alla Rai - non ho ancora deciso nulla, l'unico titolare è Buffon. Tutti gli altri sono sotto osservazione, Balotelli compreso». Solito Cesare: è una bocciatura, eppure nasconde l'ennesima mano tesa, perché «Balotelli deve rimanere in un contesto di squadra, in un'idea di gioco e poi loro (riferimento a Cassano, ndr) possono farti fare il salto di qualità». Al Milan, in questo Milan, non è più possibile, i due mesi di Seedorf per Mario non sono stati un elisir ma una lunga sorsata d'assenzio: era il liquore prediletto dei poeti maledetti, sotto i suoi effetti la penna di Baudelaire, Verlaine, Rimbaud ha raggiunto angoli nascosti dell'anima, ma svanito l'effetto allucinogeno, dopo la poesia restava la devastazione. Ci siamo bevuti tutti troppo assenzio? di Tommaso Lorenzini

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