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Gabriele Gravina, l'allarme del big Figc: "Calcio italiano in fallimento: così la serie A rischia"

Gino Coala
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Sei mesi fa Gabriele Gravina correva per la poltrona di presidente Figc. Oggi, con la Federcalcio commissariata, assiste a un'altra estate di crisi e fallimenti (153 negli ultimi dieci anni). "Ma non è come le altre volte", attacca il presidente della Lega Pro, "perché di solito c'era un figlio povero e sporco chiamato Serie C. Ora l'allarme riguarda l'intero sistema". Gravina, mica sorriderà delle disgrazie altrui? "Il male è comune, ma c'è poco da godere. Tutti invocano risposte, ma poi nessuno ha il coraggio di attuarle per uscire da questa fase buia. È passato quasi un anno da quando la Svezia ci ha estromesso dal Mondiale e da quel giorno non è cambiato niente. Il commento più frequente che ho sentito durante Russia 2018 è stato: “Chissà se tra quattro anni gioiremo di nuovo anche noi”. Ma il tempo per agire è adesso". Anche in Serie C mancano quattro società. Come mai? "Non c'è un'emergenza. Una è venuta meno per l'acquisizione del Vicenza da parte del Bassano. Il Mestre ha scelto di ripartire dall'Eccellenza perché mancavano le condizioni, mentre la proprietà dell'Andria ha scelto di destinare le risorse all'azienda. Solo la Reggiana è penalizzata dalla gestione della proprietà americana. Se guardo alla B, invece, c'è un'altissima percentuale di squadre in difficoltà con un ammontare abnorme di debiti". Il caso del Bari è emblematico... "Il problema non sono le risorse, ma la sostenibilità della gestione. I soldi non bastano se non c'è chi li sappia gestire. Serve programmazione e regole nuove. È inaccettabile, che un club possa iscriversi a un campionato - come prevedono oggi le norme - senza la fideiussione depositata entro un certo termine. Oppure senza aver pagato emolumenti, ritenute e contributi o senza aver depositato l'assegno per la tassa di iscrizione. Sono queste situazioni che generano il teatrino di corsi e controricorsi. Ho proposto di cambiare le regole di iscrizione, rendendo indifferibile la presentazione dei documenti". In bilico c'è l'Avellino che prova a salvarsi con una fideiussione Finworld, tristemente noto. "In Lega Pro abbiamo messo uno stop alle cartacce. Quest'anno è stata la volta di Finworld, iscritta all'Albo Unico ex art. 106 del Testo Unico Bancario ma con un'iscrizione sub iudice. Prima ancora che arrivassero le prime garanzie di questa società, abbiamo avviato una verifica con la Banca d'Italia. Sono emerse delle criticità in merito a questa società finanziaria che - tra le altre problematiche - non aveva presentato neppure il bilancio 2016. Ho avvisato i club di Lega Pro che il Consiglio di Stato avrebbe potuto inficiare le garanzie. Sono stato criticato, prima ancora minacciato, purtroppo però i fatti hanno dato ragione alla Lega". Due anni fa aveva proposto di inserire una sorta di rating per le società. È ancora valido? "Lo Z-score di Altman è un indice che dà l'allarme prima che la crisi diventi irreversibile. Il Cesena ha accumulato 73 milioni di debiti prima di fallire: andava fermato per tempo. Altrimenti permetteremo ancora che il calcio tolga risorse alle famiglie e ai lavoratori". Come evitare che l'estate prossima sia come questa? "Con le regole dell'economia. Qualità del management e del cda, settore giovanile, patrimonio netto, bacino d'utenza: se non si raggiungono le condizioni minime su questi parametri, non si può restare nel calcio. Spesso soggetti poco affidabili prendono società in crisi, portano via i pochi soldi rimasti e le fanno fallire. Io vorrei obbligare chi rileva le quote di una società a garantire con fideiussione bancaria il debito residuo. Basterebbe questo a scoraggiare i delinquenti". di Francesco Perugini

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