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Chi punta contro Lettaci porterà a piazzale Loreto

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Il centrodestra pensa solo a salvare il suo leader, la sinistra è nel caos. L'unico, vero «potere forte»: la crisi

Giampaolo Pansa
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Per anni noi giornalisti, insieme a molti politici, abbiamo fantasticato sulla  presenza dei poteri forti. A volte si dimostravano un insieme di energie oscure che potevano fondersi in un blocco unico e dar vita a un Maxi Potere super forte. Nessuno sapeva dargli un'origine, un volto, una strategia. Ma veniva considerato la fonte di tutti i guai italiani. Una gigantesca Spectre di signori malvagi che complottava contro la Repubblica per deviarla dal giusto cammino e trascinarla nel baratro delle mille disgrazie.   Adesso non serve più strologare su chi siano i poter forti o il Super potere che li rappresenta tutti. Il ricorso all'arte della dietrologia è reso inutile da una realtà che accompagna i nostri giorni: il Potere forte è la recessione, la depressione, il caos economico e sociale, in una parola la grande crisi. È la crisi a decidere le strategie politiche, la nascita o la morte dei governi, le scelte generali e anche quelle private che mordono l'esistenza delle famiglie e delle singole persone. La crisi rivela di essere una rigida scuola di vita. Pronta a impartirci lezioni pesanti che nessuno si aspettava di ricevere.  È una verità amara che quasi tutti hanno ben chiara in mente. Tranne una quota dei partiti politici. La Casta sembra cieca e sorda davanti al dramma che milioni di italiani stanno soffrendo ogni giorno. Parla e straparla di fare l'interesse del paese, ma in realtà se ne infischia. Per ragioni di età e di professione ho sempre considerato i partiti l'architrave della nostra democrazia. Ho visto e raccontato un succedersi infinito di legislature, di governi, di leader grandi e piccoli, di vicende epocali e di questioni meschine. Ma non mi sono mai abbandonato al piacere anarchico che oggi chiamiamo l'antipolitica. Però tutto ha un limite.   Oggi vedo, con apprensione pronta a diventare paura, che nell'opinione pubblica la stima per i partiti è scomparsa quasi del tutto. Se fossi un parlamentare nasconderei il mio status. E se qualcuno mi chiamasse “onorevole”, mi guarderei intorno preoccupato, sperando che nessuno abbia sentito. Nella testa di molta gente sta crescendo un disprezzo che fino a ieri non si era mai avvertito. Grazie a Dio, viviamo in un paese, in un continente e in un'epoca storica che non prevede l'eventualità di un colpo di stato militare. Se non fosse così, vedremmo i generali al potere e i carri armati per le strade.   Non succede nulla, almeno per ora, perché il sistema istituzionale più o meno regge. E se regge lo dobbiamo soprattutto a un presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ci garantisce tutti. E alla presenza di un governo guidato da Enrico Letta. So di ripetermi, ma oggi più che mai conviene farlo. Anche perché vedo ogni giorno all'opera dei guastatori malvagi pronti ad abbattere l'uno e l'altro.   Un capo dello Stato è per sua natura invincibile. L'elezione in Parlamento gli consente di durare per sette anni o per il tempo che vorrà. Ma un governo può essere mandato a casa da un giorno all'altro. E non perché stia lavorando male, bensì per un semplice calcolo politico. Dettato dalla convenienza di chi lo sostiene di malavoglia e spera di ricavare un vantaggio dalla sua caduta.   In teoria il governo Letta è il più solido in Europa. Si fonda su uno stato di necessità. Non è insidiato da una scadenza elettorale vicina nel tempo, come accade al governo tedesco guidato da Angela Merkel. Ha una base parlamentare tra le più larghe possibili poiché è sostenuto da due blocchi politici che nessuno sperava di vedere alleati.  Infine ha dalla sua il potere forte della crisi. Ha detto Enrico Letta: «Abbiamo messo in campo numerose misure indirizzate ad agganciare la ripresa economica. Se il governo cadesse, l'Italia rischierebbe di essere l'unico paese d'Europa che continua ad annaspare nella recessione».   Eppure la squadra che lavora a Palazzo Chigi rischia ogni giorno di essere mandata a casa dal lavoro miserabile di una parte della Casta. Siamo di fronte a uno spettacolo ripugnante. Mentre l'Italia si dibatte nella recessione, migliaia di imprese, di attività artigiane e di negozi rischiano di chiudere o hanno già chiuso, milioni di operai e impiegati sono a spasso o accettano orari di lavoro più lunghi e paghe ridotte, esiste un'altra Italia che si comporta nel modo opposto. È quella dei politici che pensano soltanto all'interesse meschino delle loro parrocchie. E si danno da fare su questioni che mirano unicamente a garantirgli una momentanea sopravvivenza.   È questa politica vergognosa, che convive accanto a una politica ancora decente, a far gridare di rabbia i cittadini che seguitano a credere nella necessità di istituzioni al servizio della repubblica. Questi politici sono dei ladri di speranza, di fiducia, di ottimismo. Meriterebbero di vedersi tagliate le mani e la lingua. E a volte penso che, prima o poi, il boia busserà alle porte di Montecitorio e di Palazzo Madama, pronto a fare giustizia.   Adesso qualche lettore mi chiederà di fare dei nomi, di indicare quali siano i politici che dovrebbero vergognarsi di tenere sui carboni ardenti milioni di italiani. Ma a che cosa servirebbe? Centrosinistra e centrodestra, in misura diversa e per motivi differenti, giocano con il fuoco. E le loro mosse pericolose stanno sui media ogni giorno. Mi chiedo perché non si rendano conto del rischio che fanno correre al paese e che loro stessi corrono.   Sempre di più, i loro giochi si rivelano privi di senso. La destra annaspa nel tentativo di salvare il proprio leader. Ma nessuna manovra servirà a convincere la Cassazione a togliere le castagne dal fuoco a Silvio Berlusconi. Penso che la sentenza sia stata già scritta, e potrebbe anche essere favorevole al Cavaliere. Il Bestiario si augura che sia così, per la tranquillità di tutti. Del resto, non sarebbe la prima volta che un verdetto tiene conto delle opportunità politiche. Un filosofo cinese ha detto: «La giustizia è come il timone: a secondo di come lo giri, la nave va».   La sinistra è messa peggio. Chi comanda per davvero nel Partito democratico?  Nessuno lo sa. Anche Guglielmo Epifani, un signore che non è nato ieri, ritiene di essere una figura di passaggio che non conta nulla. La nomenclatura democratica si agita come se vivesse nel migliore dei mondi. Tutto è incerto, a cominciare dalla sorte di Matteo Renzi. Qualcuno coltiva illusioni prive di senso. Immaginare un governo con Beppe Grillo è una follia. Il duce stellare si affanna a urlare di essere l'unico antidoto contro i bastoni e i fucili, ma è il primo a non credere a quanto va gridando.   Dunque non resta che affidarsi al governo Letta-Alfano. È l'unica zattera che ci resta per evitare un naufragio nel mare tempestoso della recessione. Ha dalla sua il fatto di non avere alternative migliori. E va rispettato e onorato anche perché i galantuomini che lavorano con Palazzo Chigi, donne e uomini che siano, formano una squadra che non riceverà vantaggi dalla fatica improba che si è accollata.    Sono dei volontari che dobbiamo rispettare. Quando si guardano attorno, vedono soltanto fucili pronti a sparare e un'infinità di serpenti sotto le foglie. Se mai cadranno anzitempo, Letta e i suoi ministri non verranno ringraziati, ma riceveranno soltanto sputi e insulti. Invecchiando ho imparato che l'Italia è un paese capace di velenosa ferocia. Non dobbiamo mai dimenticare che, tanti anni fa, siamo stati capaci di mostrare al mondo lo spettacolo osceno di Piazzale Loreto. 

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