L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Che la sinistra detesti il popolo vero, fatto di carne, ossa e sentimenti, e non quello immaginario e impalpabile che essa sogna di rappresentare, è ormai assodato. Dalla sicurezza agli immigrati, quando fa sentire la sua voce la sinistra lo accusa di essere fascista o razzista. Se cozza con i convincimenti o gli interessi “progressisti” tutto ciò che esso reclama viene etichettato e respinto come antidemocratico. Succede anche con le elezioni. Basta leggere alcuni editoriali dei giornali cari ai compagni per rendersene conto. Che la grande massa dei votanti rischi di essere privata del proprio diritto di scegliere i rappresentanti dai quali farsi guidare, alla sinistra importa poco o nulla, soprattutto se questi italiani rischiano di scegliere lo schieramento opposto. Fosse successo ai compagnucci di essere buttati fuori dalla competizione elettorale per un timbro o un ritardo, probabilmente griderebbero al golpe e mobiliterebbero le piazze fino a quando non ottenessero ragione. Per cui colpisce leggere il confuso articolo di Adriano Sofri, che sulla Repubblica di ieri accomuna la storia del PdL e del suo fondatore a quella dei fascismi, parlando di deriva plebiscitaria per il solo fatto di appellarsi al proprio popolo, denunciando l'avvenuto scippo del diritto di voto. Anche Antonio Padellaro su il Fatto quotidiano evoca la dittatura, spiegando ai suoi lettori che se si ricorresse a un decreto legge per risistemare le cose e consentire agli esclusi di rientrare in lizza saremmo al regime vero e proprio, anzi al fascismo. E per chi non avesse capito si preoccupa di corredare il suo articolo con una foto del Cavalier Benito. Ma che totalitarismo può essere quello che fa ogni sforzo per consentire a tutti di votare? Perché gli intellettuali democratici con il bollino Doc hanno tanta paura di far esprimere i cittadini? Non dovrebbe essere nel loro interesse lo svolgersi di elezioni libere invece che limitate dall'applicazione di norme burocratiche farraginose? Sofri riconosce che un gran numero di persone potrebbe essere frustrato nella propria intenzione di voto se il PdL fosse cancellato nel Lazio e nella Lombardia e si domanda quale campagna elettorale sarebbe quella che si trovasse davanti nient'altro che la rabbia, il risentimento o il rigetto di un elettorato senza rappresentanza. Ma l'unica risposta che si sa dare è che la minoranza di sinistra dovrebbe sentirsi responsabile dell'intero elettorato italiano, compreso quello di centrodestra. Par di capire che la soluzione è di approfittarne: ovvero Sofri, che ama il popolo, propone alla sinistra di sostituirsi alla destra e di far entrambe le parti in commedia. Ma certo, che bella democrazia, quanto amore per la gente. Per l'ex leader di Lotta continua «il colpo di grazia alla democrazia in Italia» arriva da un eventuale decreto che rimetta le cose a posto, non dall'assenza di rappresentanza cui per un cavillo è condannata gran parte dei cittadini. Che la sinistra intellettuale sia un po' in confusione lo dimostra anche un altro articolo, stavolta di Gian Enrico Rusconi, il quale sulla Stampa riconosce l'esistenza del problema e addirittura si spinge ad ammettere che è dovere del governo intervenire a sanare una situazione la quale oggettivamente riguarda l'intera comunità politica. Ma per l'editorialista del giornale piemontese, la soluzione non può venire da Napolitano, il quale non deve essere tirato in ballo, dimenticando che tutti, a cominciare da Berlusconi per finire con Formigoni e la Polverini, preferirebbero evitare di scomodare il Capo dello Stato se questi non fosse indispensabile per la firma di un decreto e soprattutto se il Quirinale non avesse fatto intendere di non avere nessuna voglia di sottoscrivere il provvedimento. Per Rusconi il problema si risolverebbe come d'incanto se il Cavaliere si presentasse alle Camera e facesse mea culpa, riconoscendo che è tutta colpa sua e chiedesse scusa. Ovvio: se poi si levasse dai piedi sono certo che il professore de La stampa sarebbe ancora più contento. Del resto, spiega Rusconi, è responsabilità del presidente del Consiglio l'attuale situazione. Se non fosse un leader factotum, tutto sarebbe più semplice. E come no: se non ci fosse Berlusconi per la sinistra certo sarebbe più facile vincere. Invece non ci riesce neanche facendo escludere gli avversari, ricorrendo ai timbri e alla burocrazia. Perché così funziona una democrazia: per conquistare un governo o un'amministrazione locale, servono i voti del popolo e impedire a questo di votare porta solo a una cosa brutta e tanto criticata, che, questa sì, si chiama fascismo.