L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Nella sconclusionata guerra che l'Onu ha voluto dichiarare alla Libia non c'è nulla che torni, se non la smodata ambizione di alcuni capi di Stato di rifarsi l'immagine e i bilanci a spese del Paese nordafricano. Intendiamoci: lungi da noi l'intenzione di difendere Gheddafi, il quale è un dittatore della peggior specie, con l'aggravante di somigliare più a un pagliaccio che a un tiranno. Ma di uomini che tengono in catene il proprio popolo ce sono altri e di gran lunga più pericolosi del raìs, a cominciare il presidente iraniano Ahmadinejad, che con il nucleare potrebbe presto aggredire l'intera Europa. Dunque, pur non avendo alcuna intenzione di prendere le parti del beduino tripolitano, non possiamo tacere che la guerra contro di lui sia stata scatenata con l'inganno, utilizzando il pretesto della difesa degli insorti per ottenere altro. Del resto, di ceceni, tibetani , sudanesi e di tanti altri che si sono sollevati contro chi li opprime nessuno è intenzionato a occuparsi. Non i francesi e neppure gli inglesi, che invece nella guerra santa anti Gheddafi sono in prima fila. Che questa sia una battaglia con in premio tutt'altro rispetto alla paventata libertà dei cirenei è di ogni evidenza e il velo d'ipocrisia con cui la si avvolge - definendola umanitaria, come ha fatto il nostro presidente della Repubblica - non riesce in realtà a nascondere gli interessi in gioco. L'Odissea all'alba è un'operazione di dubbia ragione e lo si intuisce anche dall'assenza di obiettivi precisi e dagli incerti confini dell'intervento. Perché Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e altri stanno bombardando Tripoli? Per impedire agli aerei di Gheddafi di alzarsi in volo e mitragliare i rivoltosi? Se così fosse la missione sarebbe bella che conclusa, giacché una volta oscurati i radar, distrutte le piste da cui possono levarsi i caccia e costretti a terra gli elicotteri non ci sarebbe più alcuna ragione di continuare a sparare missili. Oppure si vuole distruggere il potenziale offensivo del raìs, impedendogli di usare l'arsenale a sua disposizione contro i ribelli? Ma anche in tal caso è difficile capire perché nel mirino degli aerei alleati sia finita la residenza del beduino e si cerchi in tutti i modi di individuarne il nascondiglio. La sensazione è che, pur negandolo, Sarkozy, Cameron e il resto dell'invincibile armata che vola sui cieli di Tripoli mirino a far secco il puzzone libico per sostituirlo con qualcun altro di loro gradimento. Ovviamente, per quel che ci riguarda, nulla osta a levar di mezzo Gheddafi, ma ci farebbe piacere che le potenze occidentali impegnate nel repulisti ci dicessero con chiarezza chi intendono mettere al posto suo. L'ex ministro della Giustizia, ossia l'uomo che Amnesty International accusa di essere il responsabile delle violazioni dei diritti umani in Libia, come svela Massimo Introvigne nelle pagine interne? Oppure l'ex capo della polizia segreta, cioè colui che era il numero due del regime e ora è passato con i rivoltosi? Soprattutto vorremmo capire a chi tocca la scelta del sostituto. Alla Francia? Alla Gran Bretagna? Oppure a tutte e due insieme? La verità è che in questa faccenda le domande rimangono senza risposte: l'unica cosa chiara sono le ombre che si stagliano sull'intera questione. E la risoluzione dell'Onu, approvata in tutta fretta al fine di giustificare l'operazione, non contribuisce a diradare la nebbia. I limiti dell'intervento sono così vaghi che la Lega Araba dopo averli approvati si è pentita, rimangiandosi l'assenso. In Libia infatti non si è imposta una no fly zone, ovvero un divieto di sorvolo, di partenza e di atterraggio degli aerei al servizio del raìs. Né si è badato a mettere fuori uso la contraerea, al fine di garantire ai velivoli alleati di poter svolgere il mandato loro affidato. Sui cieli di Tripoli è in corso una guerra vera e propria. Ma a farla non è l'Onu, che non ha truppe proprie, e neppure la Nato. Il comandante in capo è Sarkozy, il quale si è pure voluto far ritrarre sul ponte della portaerei francese per somigliare a un condottiero e tirarsi su nei sondaggi. L'altro generale che guida l'offensiva è Cameron, il quale forse dovrebbe chiarire se corrisponda al vero la notizia della presenza in Libia di alcune decine di suoi militari, che da un mese sarebbero al fianco degli insorti, oltre a spiegare perché un anno fa consegnò a Gheddafi, fra le proteste dei familiari delle vittime, l'autore della strage di Lockerbie. Insomma, la faccenda puzza dalla testa. Più che una battaglia in nome della libertà pare una moderna guerra coloniale, in cui gli anglofrancesi hanno deciso a tavolino di spartirsi un pezzo di Africa, sottraendolo all'influenza dell'Italia. La quale fino a ieri era la sola ad avere qualcosa da guadagnarci, avendo nel Paese interessi economici e petroliferi, mentre ora comunque vadano le cose, cioè che cada oppure resti Gheddafi, sarà la sola a rimetterci, perché si troverà invasa dai clandestini e non avrà neppure in cambio i pozzi. Il guaio è che francesi e inglesi vogliono pure che noi li si aiuti, mettendo a disposizione le basi e gli aerei. Anzi, a sentire lo sciaboletta dell'Eliseo, dovremmo pure ringraziare. Dite voi se possiamo coninuare a fingere d'essere d'accordo.