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L'editoriale

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di Vittorio Feltri

Giulio Bucchi
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Ci risiamo con la Lombardia 'ndranghetosa, addirittura regione più mafiosa d'Italia. Lo dice però Nichi Vendola, comunista alle cime di rapa, quindi c'è poco da preoccuparsi. Comunque dà fastidio che l'Orecchino pugliese insista con la solita solfa e cerchi di scaricare sul Nord peccati che sono del Sud, incrementando una polemica fra le due Italie che ridicolizza le celebrazioni del 150° compleanno dell'Unità. Probabilmente, avvicinandosi le elezioni amministrative, il Governatore della Puglia sente il bisogno di fare propaganda politica a buon mercato e, in mancanza di argomenti seri, raschia il barile dei luoghi comuni. A inaugurare il filone della «Lombardia invasa e occupata dalla criminalità calabrese» è stato Roberto Saviano, autore di Gomorra, libro che lo ha reso ricco e famoso, per cui si capiscono tante cose su di lui. Per esempio che gli convenga cavalcare la mafia per fare cassetta. Memorabili le sue apparizioni televisive accanto a Fabio Fazio. Fu in una di queste circostanze che lo scrittore, con aria ispirata, annunciò alla nazione che ormai il Nord sarebbe una specie di grande Platì, dove feroci delinquenti travestiti da uomini di Borsa fanno affari d'oro alleandosi con la Lega. Visto il successo ottenuto da Saviano con invenzioni da romanziere à la page, il prode Nichi tenta di sfruttare il momento favorevole e afferma temerariamente che perfino gli ospedali lombardi sono vivai della 'ndrangheta. Roberto Formigoni se ne adonta e risponde per le rime: proprio tu, Vendola, osi criticare la mia sanità? Ma dai un'occhiata alla tua che fa schifo e meriterebbe di avere più carabinieri che infermieri. Insomma, è scoppiata una bega da cortile con relativi scambi di insulti, nella quale preferiremmo non mettere becco se non temessimo che, a forza di dire che Milano è peggio di Reggio Calabria, qualcuno si convinca che il problema del Nord non è affrontare la concorrenza economica internazionale, ma l'affermarsi del costume mafioso. Andiamoci piano, caro Vendola. È indubbio che le varie piovre terrone non siano stanziali e che i loro soldi sporchi vadano dove fruttano e non rimangano sull'Aspromonte. Ma il denaro dei disonesti ha lo stesso odore di quello degli onesti, non è distinguibile all'olfatto. Non si può dunque escludere, anzi è probabile, che fior di mascalzoni calabresi, avvezzi a compiere reati gravi, investano da queste parti i loro capitali e si impegnino a creare una rete di complicità per affondarvi le radici. Rimane però il fatto che il fenomeno mafioso non nasce e non cresce qui. E non è qui che avviene il reclutamento, lo svezzamento e l'addestramento dei picciotti (o come diavolo li volete chiamare), bensì in regioni dove le cosche esercitano un potere e un fascino irresistibili per giovani senza lavoro o con poca voglia di esercitarlo. Qualche ramificazione della mafia è arrivata di sicuro nella Pianura Padana, tuttavia l'albero è spuntato e si è sviluppato nelle zone care a Nichi, dove qualcuno - non di Brescia o di Sondrio - continua a innaffiarlo e concimarlo. Quanto alla sanità lombarda, è pacifico abbia dei difetti come ogni cosa umana, ma se paragonata a quella pugliese o calabrese è un modello di efficienza ed economicità. Chi si affanna a screditarla o è in malafede o fa il gioco delle mafie che temono di perdere foraggio con l'entrata in vigore del federalismo.

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