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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
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Diciamoci la verità: l'abbiamo scampata bella. Ed il merito è tutto suo, di Mario Monti. Se l'Italia non butterà al vento cinque miliardi di euro, 42  milioni dei quali da sganciarsi subito, dobbiamo ringraziare lui, l'uomo in grigio che quando parla sembra un alieno. Sarà perché non si entusiasma a seguire le partite di calcio ma solo quando guarda le partite doppie dei bilanci, sta di fatto che il premier ha opposto un secco no alle sollecitazioni venute da tutte le parti politiche, e dunque Roma non sarà candidata ad ospitare le Olimpiadi del 2020. Fino all'ultimo abbiamo temuto il peggio. Che le pressioni  lo inducessero a recedere; che Gianni Alemanno e gli uomini del Coni lo convincessero; perfino che pensasse di rilanciare l'Italia con un po' di giochi. Ma ora possiamo tirare un respiro di sollievo: il grande spreco non ci sarà. Certo, nei panni del sindaco della Capitale, probabilmente avremmo fatto lo stesso. Dal suo punto di vista, per risollevarsi  nei sondaggi non c'era nulla di meglio  del circo che si allestisce intorno alle Olimpiadi.  Lavori, assunzioni, spettacolo: per il primo cittadino l'evento sarebbe stato una vera e propria manna dal cielo. Avrebbe potuto inaugurare cantieri e assicurare posti di lavoro. Così avrebbe rilanciato l'immagine della città, all'estero ma anche fra i suoi stessi abitanti, e dunque, indirettamente, anche la sua. Per l'Italia e per le sue casse, invece sarebbe stato un disastro. Non diciamo che sarebbe finita come la Grecia, svenatasi per i giochi del 2004 e ora in bancarotta, ma quasi. Di fondi ne sarebbero usciti a fiumi. Sulla carta lo Stato avrebbe dovuto garantire impianti e infrastrutture per almeno cinque miliardi di euro e nonostante i preventivi stimassero un disavanzo di poche centinaia di milioni, è assai probabile che a fine Olimpiadi avremmo dovuto pagare un conto salato. Del resto basterebbe guardare i bilanci delle manifestazioni messe in piedi negli ultimi vent'anni nel nostro Paese, a cominciare dai Mondiali di calcio del 1990. Doveva funzionare tutto alla perfezione ed essere motivo di orgoglio e invece il giorno del calcio d'inizio solo un'opera su quattro era realmente ultimata. In compenso, al posto degli oltre 3 mila miliardi di lire preventivati se ne spesero quasi il doppio, come documentò il governo in una relazione al Parlamento. Uno spreco mondiale, che ha ingoiato miliardi. Stadi, parcheggi, alberghi: edifici che in poco tempo si dimostrarono  vecchi e inutili, come nel caso del Delle Alpi, abbattuto dopo una quindicina d'anni per far posto al nuovo campo della Juventus, o come lo stadio di Bari. Senza contare gli scandali. Per il solo parcheggio di Elmas, la Corte dei conti  della Sardegna condannò gli ex ministri Bernini e Santuz a risarcire quasi 3 miliardi di lire per danni all'Erario: l'opera sarebbe stata «vistosamente» sovradimensionata, una struttura multipiano troppo costosa per essere gestita.  Le cose non sono andate molto diversamente con un altro grande evento come i Giochi invernali di Torino, manifestazione per cui nel 2006 non si badò a spese. Piste di bob, di pattinaggio, impianti d'innevamento: opere costate in tutto quasi 3 miliardi di euro su cui si appuntarono dopo qualche anno gli occhi della Corte dei conti e che in parte nessuno sa più come far funzionare. La pista di bob e il trampolino avrebbero dovuto essere dati in affitto ai privati in quanto gli enti locali, non avendo soldi, non sanno come mandarli avanti, ma il deficit ha spaventato chiunque. Risultato? Una montagna di soldi persi. Neanche con i Mondiali di nuoto è andata meglio. L'inchiesta della Procura di Roma ha accertato come sono stati sprecati i quattrini pubblici. Piscine irregolari, altre mai finite, opere concluse fuori tempo massimo, quando la manifestazione era ormai terminata. Per tutto ciò, dirigenti del ministero dei Lavori pubblici e imprenditori  sono stati rinviati a processo, ma difficilmente lo Stato riavrà indietro i suoi soldi. Con le Olimpiadi nel 2020 a Roma rischiavamo un salasso peggiore dei precedenti. Con l'aggravante che oggi le casse pubbliche sono già prosciugate. Potevamo buttare altri fondi al vento mentre il governo è costretto a raschiare il barile e a tassare anche l'aria che respiriamo? La risposta è scontata. Per cui, in questo caso, non ci resta che riconoscere il merito di Mario Monti. Con la sua aria triste non ci terrà allegri, ma con il no alle Olimpiadi non ci fa neanche piangere.  di Maurizio Belpietro

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