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Johann Mendel, il 200esimo: abate e padre della genetica, ignorato (come i meriti del monachesimo)

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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E’ passato del tutto in sordina il 200esimo dalla nascita del padre della genetica mondiale.  Forse  perché era un abate cattolico, un genio assoluto, erede peraltro della gigantesca, quanto dimenticata, tradizione scientifica monastica europea.

Parliamo di Gregor Johann Mendel, nato il 20 luglio 1822, a Heinzendorf nell’allora Slesia austriaca. Si specializzò in filosofia all’Università di Olomouc ed entrò nel monastero agostiniano di san Tommaso a Brno nel 1843. Lì ricevette il nome religioso Gregorius e fu ordinato sacerdote. Biologo, fisico, matematico, agronomo, apicoltore, orticultore, meteorologo, esercitò come insegnante a Brno. Ricorderanno i suoi alunni: ««Amavamo tutti Mendel, il suo volto amabile e lieto, i suoi occhi gentili dallo sguardo birichino, i capelli ricci e arruffati, la sua figura piuttosto squadrata, l’andatura eretta, il modo in cui guardava sempre di fronte a sé, il suo forte accento della Slesia”.

Mendel insegna, ma segue anche la vita monacale: preghiera, canto gregoriano, divina liturgia. Inoltre, fa esperimenti di ibridazione sul Pisum sativum, cioè il pisello, antico piatto monastico, pianta ideale per gli esperimenti botanici. Il monaco si procura ben 34 varietà di semi di pisello, li semina e li coltiva «per due anni di fila sia nel piccolo giardino sperimentale del convento (35 metri per 7) sia nella serra e nella nuova aranciera fatta costruire dall’abate Napp al posto della vecchia e pericolante serra».

Utilizzando per la prima volta dei modelli matematici, scoprì come vengono tramandate determinate caratteristiche genetiche, ad esempio, il colore dei fiori o la forma dei semi. Formulò alcune conclusioni, ora note come “regole di Mendel” che sono alla base della genetica moderna. Pubblicate nel 1866, la loro importanza venne riconosciuta solo attorno al 1900, molto tempo dopo la sua scomparsa.

Questa giustizia tardiva si deve al fatto che fosse un semplice monaco, di povera famiglia, estraneo agli ambienti accademici dell’epoca. Il comunismo, più tardi, prenderà di mira la sua figura scientifica: i seguaci di Mendel, in Russia, venivano privati delle cattedre, emarginati e persino condannati a morte. L’accusa al padre della genetica era duplice: essere stato un prete cattolico e aver proposto, con le sue leggi, una “superstizione metafisica”.

Ma l’ostracismo continua ancor oggi, in Europa, su tutta l’antichissima tradizione scientifica dei monaci, di cui l’abate era un fulgido erede . Eppure, ai monaci si devono il Parmigiano e tanti altri formaggi, la grappa, lo Champagne, vini, birra, distillati, miele, dolci, profumi, prodotti di bellezza, medicamenti, macchine idrauliche, tecniche agricole e di allevamento, perfino la piscicultura. Uno straordinario patrimonio sviluppato grazie a comunità incredibilmente operose, composte da uomini colti e allo stesso tempo lavoratori, parchi nei consumi, regolati e disciplinati dalla vita spirituale. I monasteri erano un modello imbattibile di progresso e civiltà che ci ha donato Francesco Lana de Terzi, padre dell’aeronautica, il vescovo Niccolò Stenone, padre della geologia, don Lazzaro Spallanzani padre della biologia, Georges Edouard Lemaître, il primo teorico del Big Bang.

Se solo si concentrasse l’attenzione su quanto l’età contemporanea deve al Monachesimo, anche nella nostra vita di tutti i giorni, potremmo avere una chiara percezione dell’inaccettabile insulto storico dell’Unione europea che non ha citato nella sua Costituzione le fondamentali radici cristiane dell’Europa.

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