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Gli altri Codici Ratzinger di Mons. Gänswein: o con Benedetto XVI o con Bergoglio

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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L’altro giorno abbiamo trattato QUI   di uno straordinario messaggio con cui Mons. Gänswein, in una telefonata con un sacerdote bergogliano tedesco, esprimeva un clamoroso elogio – in codice Ratzinger - a don Alessandro Minutella, il sacerdote che, dal 2018 grida al mondo dal canale Youtube Radio Domina Nostra QUI, che Bergoglio non è il vero papa in quanto Benedetto XVI non ha mai abdicato. Il senso di “teologicamente pazzo”, epiteto attribuito da Mons. Gänswein  a don Minutella si riferisce infatti, oltre ogni ragionevole dubbio, alla “follia in Cristo” citata da San Paolo e quindi a un’interpretazione schiettamente teologica – appunto - della pazzia.

Ma durante la telefonata, sono emerse altre straordinarie frasi in “Codice Ratzinger” di cui tratteremo oggi e nelle quali non possiamo non riconoscere il tocco personale del Santo Padre stesso.

Ricorrono sempre le stesse caratteristiche di questo stile di comunicazione: letteralità, iperveridicità, anfibolia (doppio significato), estrema precisione semantica delle parole, riferimenti alle Scritture, e facile possibilità di fraintendimento per i bergogliani, o per chiunque non abbia buona volontà, né “orecchie per intendere”. Come sapete, il “Codice Ratzinger”, illustrato nell’omonimo libro inchiesta edito da Byoblu nel maggio scorso, è uno strumento selettivo QUI che lascia sempre “quel tanto d’ombra per gli increduli”, per dirla con Pascal.

Tali dichiarazioni di Mons. Gänswein sono state tradotte dal tedesco nella massima correttezza possibile, ve le riproponiamo una per una.

1) “Papa Benedetto non ha mai menzionato nessun altro nome nel Canone della Messa. Non ha mai nominato se stesso nel Canone, né ha mai messo in dubbio la validità dell’elezione di Francesco”.

Frasi di incredibile intelligenza. Ciò che balza subito agli occhi è che Mons. Gänswein  NON DICE LA COSA PIÙ IMMEDIATA E INEQUIVOCABILE, cioè: “papa Benedetto celebra in unione con papa Francesco”. Piuttosto, usa un giro di parole assolutamente geniale e anfibologico. Ecco come è costruito: Papa Benedetto “non ha mai menzionato nessun altro nome”, ma rispetto a quale? Al suo nome o a quello di Francesco? NON VIENE CHIARITO, come leggete. Piuttosto, specifica subito dopo che “non ha mai nominato se stesso” nel canone, e infatti è così: mentre un ecclesiastico normale, quando celebra messa, deve nominare il pontefice (“in unione con il nostro papa Tale”), il papa, quando celebra messa, lo fa in unione con se stesso secondo la formula “IN UNIONE CON ME, TUO INDEGNO SERVO”. Quindi il papa NON NOMINA NESSUN NOME nel canone della Messa, nemmeno il suo (non dice “in unione con me, Benedetto XVI, tuo indegno servo”). Il giro di parole è costruito, quindi, per dire che papa Benedetto celebra in unione con se stesso in quanto egli solo è il papa e Bergoglio è antipapa.

Capite bene, infatti, che la clamorosa elusione della frase più diretta ed esplicita cioè “celebra in unione con papa Francesco” parla da sola, ma dal punto di vista puramente letterale, le frasi sono perfettamente anfibologiche: con una grossa dose di malafede i bergogliani sono liberi di immaginare che papa Ratzinger nomini nel canone Francesco, ma, se voi amate la verità, potete capire benissimo che Benedetto celebra in unione con se stesso “indegno servo” del Signore senza citare né il suo, né nessun altro nome. La neutralità anfibologica delle frasi, perfettamente costruita secondo un uso sapientissimo della lingua e della logica, è un fatto oggettivo e assoluto che dimostra, per la milionesima volta e oltre ogni ragionevole dubbio, come papa Benedetto sia in sede impedita.

E ancora: è verissimo quanto dice Mons. Gäenswein circa il fatto oggettivo che “papa Benedetto non ha mai messo in dubbio la validità dell’elezione di Francesco” e questo avviene per tre motivi. In primis, perché essendo in sede impedita, è prigioniero nelle mani dell’usurpatore e non ne avrebbe le possibilità, così come un sequestrato  – per definizione - non ha la possibilità di chiamare la polizia. In secundis, perché Benedetto ha promesso, il 28 febbraio 2013, di non ribellarsi, ma di essere “incondizionatamente obbediente e reverente al suo successore” (illegittimo). In terzo luogo perché l’elezione di Bergoglio, nella fattispecie, non c’è mai stata, in quanto la sede impedita ha reso completamente illegittimo il conclave. Infatti: il significato di “validità” è: “correttezza in rapporto a determinate forme e procedure, specialmente sul piano logico o giuridico”. Cosa ben diversa sarebbe stata dire che papa Benedetto non ha mai messo in dubbio la legittimità dell’elezione di Bergoglio. Legittimità significa infatti conformità o rispondenza alla SITUAZIONE o CONDIZIONE prescritta dal diritto. E per convocare un conclave, la condizione di legittimità preesistente è che il papa precedente sia morto o regolarmente abdicatario. E nel 2013 non c’è stata nessuna delle due condizioni.

2)  “Papa Benedetto si è mostrato molto spesso con papa Francesco ed è totalmente fedele a papa Francesco”

Del tutto corretto: è verissimo che il papa legittimo e quello illegittimo si sono mostrati al pubblico insieme, mostrandosi in affettuosa cordialità. Come abbiamo illustrato QUI, papa Benedetto indubitabilmente AMA IL SUO PERSECUTORE, e prega per lui, come Cristo con Giuda. Nutre per lui un’amicizia “personale”, come la definisce in squisito Codice Ratzinger: un’amicizia unidirezionale, che è sentita solo da parte sua. Tale realtà è stata dimostrata senza alcun dubbio dallo studio dello scrivente sugli elogi apparenti a Bergoglio QUI dove papa Ratzinger ricorre a degli artifici dialettici per esprimere giudizi su Bergoglio i quali SOLO APPARENTEMENTE sembrano elogiativi, ma in realtà non offrono la minima considerazione morale o spirituale positiva su Bergoglio. Come quando dice che è “un uomo dal forte carattere, molto diretto con gli altri, che ha conquistato le simpatie del pubblico” etc.  Tutte queste cose si potrebbero dire tranquillamente perfino di Stalin. Benedetto non può elogiare il suo persecutore, ma nonostante tutto, lo ama e prega per la sua anima.

Come spiega dopo Mons. Gänswein, e come sappiamo benissimo, Benedetto è “fedele” a papa Francesco proprio secondo il significato (da vocabolario) della parola “fedele” cioè,  “costante, che mantiene gli impegni”. Lui si è ritirato in sede impedita, ma il 28 febbraio 2013, davanti ai cardinali, ha promesso di essere incondizionatamente obbediente e reverente al suo successore (illegittimo).  E’ come un re mitissimo che si è fatto imprigionare dall’usurpatore e che non oppone alcuna resistenza, ma si mostra passivo e docile come un agnello, promette di non scappare e di non protestare e tiene fede al suo impegno. Questo non toglie che lui sia il vero re, col diritto dinastico, il munus, e che l’altro sia un usurpatore. E’ la legge che parla, il diritto dinastico-canonico, non c’è bisogno di altro.

3) “Il Libro (“Pietro dove sei” di don Minutella) non vale la carta con cui è stato scritto” .

Tipica anfibologia ultraletterale di papa Ratzinger. C’è un senso comune che vorrebbe far intendere che il libro è carta straccia, ma questa è una nostra sovrastruttura. In senso puramente letterale, il libro può quindi valere meno della carta con cui è scritto o MOLTO PIU’. I bergogliani crederanno che è carta straccia, i cattolici capiranno che vale oro: doppia scelta.

4) “Egli stesso (Papa Benedetto) ha scritto la rinuncia parola per parola. Ci sono alcuni errori  ma questo non invalida il documento”

Verissimo, sappiamo da “Ein Leben”, che Benedetto ha scritto da solo la Declaratio in due settimane, sottoponendola poi alla Segreteria di Stato perché fosse emendata da errori formali e giuridici, sotto il sigillo del segreto pontificio. E se la Segreteria di Stato, sotto segreto, “non si è accorta” che la Declaratio intesa come abdicazione recava clamorosi errori formali e giuridici, forse una domanda bisognerebbe farsela.

Ma, in ogni caso, la sede impedita non può essere dichiarata, quindi la Declaratio non è un atto giuridico, ma una semplice dichiarazione con cui Benedetto annunciava di rinunciare di fatto a esercitare il potere, causa impedimento. E la rinuncia fattuale all’esercizio del potere non è minimamente resa meno effettiva da alcuni errori di latino. Così come se voi uscite di casa lasciando un biglietto a vostra moglie, non perché avete sbagliato un apostrofo voi “non siete usciti di casa”.

5)  “E’ assurdo accusare Benedetto che sostiene di essere il vero Papa e afferma che la rinuncia è solo un pretesto.  Alcuni confratelli usano la questione per nascondere cose che li riguardano, sarebbe opportuno riflettere se ci sono vecchi problemi da risolvere.”

Certo che è assurdo: come abbiamo già visto Benedetto non potrebbe mai sostenere di essere il vero papa mentre è sequestrato, impedito. L’unico al mondo che non può parlare di sede impedita del papa è proprio Benedetto XVI, il papa impedito. La rinuncia al ministerium, all’esercizio del potere pratico, è oggettiva, non è un pretesto. Assolutamente fantastica la frase che segue dopo che fa pensare immediatamente ai prelati invalidamente nominati da Bergoglio: ci sono dei “confratelli” che usano il fatto che Benedetto non può sostenere di essere il vero papa (essendo impedito) per nascondere cose che li riguardano cioè il fatto che la loro nomina prelatizia sia nulla. E il “vecchio problema da risolvere” è esattamente il fatto che Benedetto non ha mai abdicato, quindi Bergoglio è antipapa e le nomine da lui fatte sono del tutto invalide. I falsi neo-prelati bergogliani dovrebbero interrogarsi su questo, invece di accontentarsi di una berretta finta conferita loro dall’antipapa.

6) “Questi  cosiddetti testimoni  fanno molto più danni delle persone che commettono abusi liturgici”

 Questa è forse la frase più straordinaria di tutte e la più profonda a livello spirituale. Tipico riferimento alle Scritture. Infatti, nessuno ha mai indicato don Minutella e i suoi come “testimoni”, né loro si sono mai definiti così. Allora perché Mons. Gänswein  usa questo strano sostantivo? 

La risposta si trova nella Scrittura, in Apocalisse 11, nel capitolo “I DUE TESTIMONI”.

“… Farò in modo che i miei due Testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni». 4 Questi sono i due olivi e le due lampade che stanno davanti al Signore della terra. 5 Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di far loro del male. 6 Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiar l'acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno”.

Come vedete, i testimoni fanno un gran danno - alla falsa chiesa bergogliana - molto più di quelli che commettono abusi liturgici i quali, come nel caso di Don Corazzina, QUI svelano ogni giorno la verità sull’antichiesa.  Dal punto di vista teologico, l’accenno ai testimoni parla chiaramente di Apocalisse, quindi di un Falso Profeta, un’autorità religiosa maligna che supporta l’avvento di un’autorità laica, l’Anticristo. Quindi se Bergoglio fra qualche tempo vi presenterà un grande personaggio laico, fascinatore di folle che porterà la pace “parlando sei volte meglio di Cristo”, non stupitevi poi troppo.

7) Infine,  Mons. Gänswein  consiglia a Padre Ghebard di “parlarne una volta per tutte con il Padre Spirituale, la sospensione di padre Ghebart può davvero essere tolta se lui riconosce di essere sulla strada sbagliata“.

Anche questa frase è assolutamente fantastica. Oltre il significato bergoglianamente corretto apparente ce n’è un altro molto più profondo e spirituale: padre Gebhard è stato sospeso a divinis perché si è dimostrato fedele a papa Benedetto. E’ assolutamente fattuale che la sospensione di don Gebhard potrebbe davvero essere revocata se lui tornasse sui suoi passi, dicendo di essersi sbagliato. Ma questo rapporto causa-effetto non ha nulla a che vedere con il fatto che sia una scelta giusta.

E’ come dire: “San Sebastiano avrebbe avuto salva la vita dall’imperatore Diocleziano se avesse rinnegato la fede cristiana”. Vero, ma non c’è alcuna adesione al rinnegare la fede, anzi.

Quindi, don Gebhard deve confrontarsi, in definitiva, una volta per tutte, col Padre Spirituale, (non il vescovo bergogliano, o un “suo” padre spirituale, come dovrebbe essere), ma con Dio stesso (il Padre Spirituale per eccellenza) per vedere nella sua coscienza se barattare la verità della sua posizione con la revoca della sospensione a divinis, oppure no. Questo è il dilemma di fede che attanaglia tutti gli ecclesiastici che si dichiarano fedeli al vero papa in sede impedita. 

A questo punto, si aprono davanti a Voi lettori due strade: potete accogliere l’interpretazione bergoglianamente corretta, facile, comoda, la “strada larga” e in discesa che non richiede fatica mentale, oppure potete imboccare la strada stretta, quella che costringe a ragionare e che, alla fine, vedrete essere assolutamente confermata dalla Logica, dal Logos.

E’ esattamente ciò che intende il Santo Padre Benedetto XVI: “separare i credenti dai non credenti”, come dichiarò all’Herder Korrespondenz un anno fa.

Fate la vostra scelta.

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