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Salvata la mitragliera del leggendario Scirè (e Libero ha fatto la sua parte)

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Erano passati più di dieci anni dalle prime segnalazioni, ma niente da fare: una reliquia del nostro passato militare più glorioso continuava a restare lì, all’aperto, divorata dalla ruggine, fra le erbacce di un inaccessibile bastione della Fortezza Santa Barbara a Pistoia.

Fra i quotidiani nazionali, Libero è quello che più si è speso (con almeno quattro articoli tra 2020 e ‘21) per salvare la mitragliera antiaerea binata Breda Modello 31 da 13,2 mm del leggendario sommergibile Scirè, la prima nave italiana a ricevere la Medaglia d’Oro al Valor Militare per la famosa “Impresa di Alessandria”.

Provate a chiedere ai nostri ragazzi se sanno di cosa stiamo parlando: ne avrete in risposta uno sguardo parallelo, e questo non per colpa loro, ma, al solito, per certa scuola e televisione che parla di memoria solo quando si tratta di tragedie, (spesso in chiave antitaliana) e non quando si ricorda l'eroismo, il coraggio e il valore militare. 

Un piccolo segnale in controtendenza arriva dal film, attualmente in lavorazione, sul Comandante Salvatore Todaro e il sommergibile Cappellini, con protagonista l'attore Pierfrancesco Favino: il sospetto è che nonostante l'eroismo del personaggio storico, alla fine, si possa rivelare la solita pellicola permeata dalla solita retorica piagnona-antimilitarista all'amatriciana, cui siamo ben assuefatti. Ma staremo a vedere. Grande pagina quella del salvataggio dei naufraghi del Kabalo, ma ricordiamo una frase dalla motivazione della sua Medaglia d'Oro: "Ufficiale superiore di elette virtù militari e civili. Capacissimo, volitivo, tenace, aggressivo, arditissimo, al comando di un sommergibile prima e di reparto d'assalto poi, affrontava innumerevoli volte armi enormemente più potenti e numerose delle sue, e dimostrava al nemico come sanno combattere e vincere i marinai d'Italia...".

Comunque, tornando alla Breda dello Scirè, questa mitragliera pesante, affidabile e dalle buone prestazioni, era impiegata sui sommergibili con un particolare tipo di impianto binato a scomparsa, che in navigazione veniva calato in un compartimento a tenuta stagna.

Ne sarebbe comunque rimasto un mucchietto di scaglie rossastre se non si fosse intervenuti con un restauro urgente, come era stato già sollecitato più volte dall'associazione culturale Betasom e dall'Associazione Nazionale Marinai d’Italia (ANMI).

Nella Giornata delle Forze Armate, (forse presto, di nuovo, Festa nazionale a tutti gli effetti grazie alla petizione del Comitato Pasquale Trabucco QUI) vi diamo la bella notizia dell’avvenuto restauro del cimelio realizzato grazie al finanziamento del Rotary Club di Montecatini Terme e Pistoia. L'intervento è stato eseguito dalla ditta Fedeli Restauri di Firenze che ha pulito le parti deteriorate ed ha apposto una vernice protettiva. Lascia un po’ perplessi che l’arma sia rimasta all’aperto: in un primo momento era prevista anche una copertura a protezione, ma la Sovrintendenza ha ritenuto di non farla installare. Chissà perché: fra qualche anno saremo da capo a 12. Mah? Comunque vigileranno sul suo stato di salute i soci del Gruppo ANMI.

La Breda, oggi riposizionata in loco, sul bastione, era stata smontata dal relitto nel 1984, dopo una pietosa spedizione del Comsubin che recuperò, a 35 m di profondità, davanti al porto di Haifa (Israele) oltre ai resti di 42 marinai, anche alcune parti dello scafo che oggi sono conservate all’interno del Sacrario delle Bandiere a Roma, presso il Vittoriano.

Quel sommergibile è, infatti, il simbolo di un’Italia che non molla la quale, con scarsi mezzi, genio inventivo, pervicacia e coraggio oltre le possibilità umane riesce ad ottenere risultati strabilianti.

Lo Scirè venne adattato per trasportare i famosi “Maiali”, i Siluri a lenta corsa che, come noto, venivano guidati da due operatori muniti di respiratori subacquei fin sotto le navi nemiche per applicare sulla loro chiglia una carica esplosiva.

Furono impiegati dalla X Flottiglia MAS della Regia Marina italiana durante la Seconda guerra mondiale per azioni di sabotaggio contro navi nemiche, spesso ancorate in porti militarmente difesi.

Fin dal 1940, lo Scirè fu impegnato contro le cacciatorpediniere inglesi ormeggiate nella base di Gibilterra, ma dovette far fronte a una serie di imprevisti e malfunzionamenti che fecero fallire varie missioni.

Tuttavia, il sistema d’arma poteva funzionare: era solo questione di applicare migliorie tecniche, continuare l’addestramento e insistere. Nel corso di una di queste operazioni, il Tenente di Vascello Gino Birindelli fu fatto prigioniero dagli inglesi e trascorse tre anni in prigionia prima di essere rilasciato e poi decorato con Medaglia d’Oro.

Nel settembre ’41 arrivano i primi successi con un incrociatore e una nave cisterna britannici affondati/danneggiati gravemente, ma la missione più famosa fu condotta in dicembre contro la base di Alessandria d’Egitto quando i Maiali riuscirono a penetrare nel porto, sorpassando mine e recinzioni subacquee e a far saltare in aria due corazzate, la Valiant e la Queen Elizabeth e altre due navi inglesi.  

I nemici se la legarono al dito e, quando nel ’42 lo Scirè, sotto il comando del Capitano di Corvetta Bruno Zelik, si diresse verso il porto di Haifa, allora base britannica oggi nel territorio di Israele, gli tesero un’imboscata intercettando le comunicazioni condotte con il codice tedesco “Enigma”.

Danneggiandolo con le bombe di profondità, costrinsero lo Scirè a salire in superficie dove poi fu finito a cannonate. Infine, con un’ultima passata di bombe uccisero anche i pochi sopravvissuti rimasti vivi all’interno dello scafo. Fu una vera esecuzione, ma non tale da scalfire una delle pagine più gloriose della storia marinara di tutto il mondo.

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