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Benedetto XVI e i “1000 anni”: risolto l'enigma finale sulle dimissioni di Ratzinger

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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In questo periodo di nebbia e confusione, molti aspettavano una chiarificazione postuma di papa Benedetto XVI. Non sappiamo se e quando arriverà, ma non ce n’è alcun bisogno: lui ci ha già lasciato tutto quello che occorre per uscire dall’incubo in cui si trova la Chiesa.

"Cristo la verità non l'ha detta tutta, ha dato le chiavi di interpretazione", ha ricordato recentemente uno storico cattolico, e l’ultima chiave per capire definitivamente cosa ha fatto il Suo Vicario l’abbiamo finalmente trovata qualche giorno fa in “Ultime conversazioni”, libro intervista di Peter Seewald-Benedetto XVI del 2016, testo “autorizzato e approvato dal papa emerito”, (come si legge nella Presentazione, a pag. 17).

Ciò che illustriamo di seguito è che papa Ratzinger non ha abdicato, ma, per difendersi dalle pressioni, divenute intollerabili, della Mafia di San Gallo che voleva toglierlo di mezzo, ha dato specialissime “dimissioni”, simili (ma speculari) a quelle dichiarate ESATTAMENTE MILLE ANNI PRIMA, nel 1013, da un papa medievale, Benedetto VIII. Queste dimissioni sono state messe a punto da papa Ratzinger per farsi porre canonicamente in “sede totalmente impedita” (can. 335) status giuridico che ha reso il conclave del 2013 illegittimo e quindi Francesco antipapa e scismato dalla Chiesa cattolica. Se si capisce questo, e lo si riesce a divulgare al mondo, i problemi sono risolti. Sperare che Bergoglio si tolga di mezzo è una pia illusione, (ha appena dichiarato che non si dimetterà), ma la questione da assimilare è che non è mai stato papa e non ha niente da cui dimettersi. Deve essere solo travolto da una verità “gridata dai tetti”, in tutto il mondo.

Dimostrazione

Premessa: nei duemila anni di storia della Chiesa, hanno abdicato dieci papi. L’ultimo abdicatario è Gregorio XII nel 1415.

 

 

Ed ecco cosa c’è scritto nel libro “Ultime conversazioni”.

A pag. 31, Seewald chiede a Benedetto XVI: “C’è stato un aspro conflitto interiore per giungere a questa decisione delle dimissioni?”

Benedetto XVI: “Non è così semplice, naturalmente. Nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel primo millennio ciò ha costituito un’eccezione.

A pag. 231, si ripete il concetto per la seconda volta: “Benedetto XVI E’ il 265° papa nella storia della Chiesa cattolica. Eletto il 19 aprile del 2005, l’11 febbraio del 2013 ha annunciato le sue dimissioni, divenute effettive il 28 febbraio seguente”.

(Intanto: come si può scrivere che “È” il 265° papa ancora nel 2016, tre anni dopo le dimissioni?

Dovevano scrivere “è stato”, in modo conforme alla narrativa bergogliana, n.d.r.).

Ma prosegue il testo: “È il primo papa dopo mille anni, e l’unico nel pieno possesso dei propri poteri, a compiere questo passo”.

Prima acquisizione: Benedetto XVI non ha mai abdicato

Se negli ultimi mille anni, storicamente, hanno abdicato quattro papi, di cui l’ultimo nel 1415, e nel libro si dice che Benedetto “è il primo papa DOPO mille anni” a essersi dimesso, i conti non tornano. Infatti, se Benedetto XVI avesse ritenuto di essere abdicatario, avrebbe detto “negli ultimi 598 anni nessun papa si è dimesso” calcolando l’ultimo abdicatario prima di lui, Gregorio XII, che rinunciò al papato nel 1415. Giusto?

 

Questo vuol dire indiscutibilmente che la parola “dimissioni”, per papa Ratzinger non equivale ad “abdicazione”, cioè a una rinuncia ad “essere” papa. Ergo,

PAPA BENEDETTO XVI NON HA MAI RITENUTO DI ESSERE ABDICATARIO

Nella sua Declaratio è quindi da escludersi in modo assoluto qualsiasi uso disinvolto o distratto di munus e ministerium, o anche solo una qual minima intenzione di rinunciare al papato che, peraltro, NON POTREBBE MAI ESSERE DIFFERITA di 17 giorni, in quanto sia l’abdicazione, che l’elezione del papa, sono atti puri e, per diritto divino, prima che canonico, devono avere validità simultanea, dal momento in cui si dichiarano. Queste frasi in “Ultime conversazioni”, fanno definitivamente piazza pulita di ogni contestazione.

Del resto, tutto torna: come sappiamo, l’oggetto della futura rinuncia di Benedetto – solo annunciata, (“dichiaro di rinunciare”) e mai confermata in modo giuridico - era il ministerium, l’esercizio pratico del potere, “FARE” il papa, e non l’ESSERE papa. Benedetto solamente “dichiara che ci sarà” un suo ritiro, un passo indietro, (Rücktritt) dal ministerium. Egli NON produce direttamente questo ritiro con la Declaratio: semplicemente lo annuncia.

QUI per la traduzione corretta del documento. 

Questa dichiarazione PROFETICA si realizzerà puntualmente, ma non per causa sua: i cardinali traviseranno la Declaratio, scambiandola per un’abdicazione, e convocheranno un CONCLAVE ILLEGITTIMO, perché a papa né morto, né abdicatario. Questo manderà Benedetto XVI in "sede totalmente impedita”, situazione canonica in cui il papa resta papa, ma, essendo prigioniero, gli viene de facto (e non de iure) impedito di governare, cioè viene forzatamente privato del ministerium, mentre trattiene il munus. (La sede impedita è l’unico caso in cui il ministerium viene separato dal munus). Ecco perché, come scrive Seewald, le dimissioni “diventano effettive il 28 febbraio seguente”. L’esproprio del ministerium, quindi, si è realizzato di fatto, non per volontà diretta di Benedetto XVI, ma causato dall’inizio della sede totalmente impedita.

La Declaratio di Benedetto XVI è semplicemente PREVISIONALE, non è una rinuncia volontaria. Come dire: “Rinuncerò a usare la mia casa per le vacanze perché, pensando che io l’abbia abbandonata, i malviventi me la occuperanno”. E’ una rinuncia subìta e accettata con mitezza sacrificale, come Cristo imprigionato e messo in croce. 

Per questo, papa Benedetto, anche se chiamava Bergoglio “papa Francesco”, come il patriarca di una qualsiasi altra chiesa scismatica, ha ripetuto per nove anni “il papa È uno solo”, senza mai spiegare quale: era lui stesso. Così come spiegava che “la risposta per chi non crede si trova nel Libro di Geremia”, dove il profeta dice: “Io sono impedito”. Per tale motivo dichiarava in “Ein Leben”, libro intervista di Peter Seewald, (Garzanti 2020): “la situazione di Celestino V non può IN ALCUN MODO essere invocata come mio precedente”: lui non era abdicatario come Celestino. Non a caso, Benedetto ha mantenuto veste bianca, nome pontificale e benedizione apostolica, viveva in Vaticano, esattamente come un papa in sede impedita, e si è definito “emerito”, colui “che merita, che ha diritto” di essere papa, per distinguersi dall’antipapa. Come conferma ultima, basti pensare al rogito inserito nella sua bara nel quale non c’è alcun cenno ad abdicazione/rinuncia al papato. E via di seguito con le decine e decine di altre dichiarazioni più o meno patenti che abbiamo analizzato da due anni e mezzo a questa parte, raccogliendole nel libro inchiesta bestseller “Codice Ratzinger”(Byoblu 2022).

 

Seconda acquisizione: la perfetta analogia con le “dimissioni” di Benedetto VIII nel 1013

E qui il discorso diviene ancora più interessante. In “Ultime conversazioni”, come avete letto, si fa riferimento a un papa di mille anni prima che ha dato dimissioni simili a quelle di Benedetto XVI, ma non proprio uguali, con una differenza che rende Ratzinger unico nella storia: “È il primo papa dopo mille anni, e l’UNICO nel pieno possesso dei propri poteri, a compiere questo passo”.

Già nel 2021 avevamo capito che l’alter ego di Benedetto XVI del primo millennio doveva essere il papa Benedetto VIII, Teofilatto dei conti di Tuscolo.

Tuttavia, sciogliendo un equivoco che si è tramandato nelle fonti storiografiche, grazie alla collaborazione del professore di storia e  religione Luca Brunoni, possiamo comprendere in cosa le dimissioni di Benedetto XVI sono simili - ma non uguali - a quelle di Benedetto VIII, giustificando in modo “matematico” le affermazioni contenute in “Ultime conversazioni”.

Già dall’inizio del V secolo, sino alla promulgazione del Privilegium Othonis, i papi venivano dapprima eletti dai romani (clero, notabili, popolo), ma poi erano i vari imperatori a confermarli concedendo la “consacrazione”, l’autorizzazione finale per esercitare il potere pratico. Parliamo, quindi, in sostanza, di una concessione imperiale del ministerium, la possibilità canonica di “fare il papa”. (Il Privilegium Othonis decadrà nel 1059 e, da allora in poi, saranno i cardinali a eleggere il papa e a conferirgli canonicamente i poteri).

Nel 1012, Teofilatto, della potente famiglia di Tuscolo, fu eletto papa col nome di Benedetto VIII, ma subito entrò in contrasto con un contendente, Gregorio VI, sponsorizzato dai Crescenzi.

Ora, mentre Benedetto VIII aveva conquistato il Laterano e si era preso “abusivamente” il ministerium, facendosi consacrare autonomamente e cominciando a governare senza la dovuta conferma “imperiale”, in tutta risposta Gregorio VI si recava in Germania da Enrico II, l’allora Re di Germania e d’Italia e futuro Imperatore, per rivendicare i propri diritti e chiedere il riconoscimento canonico.

Al che, Benedetto VIII, nel 1013, ESATTAMENTE MILLE ANNI PRIMA DELLA DICHIARAZIONE DI DIMISSIONI DI BENEDETTO XVI, rendendosi conto di non avere le carte in regola, di essersi preso “abusivamente” il ministerium, scrive a Enrico II per annunciare il proprio ritiro, o passo indietro, (Rücktritt in tedesco, parola usata per le dimissioni di Ratzinger) e dichiara di non avere il consenso di Enrico a governare, quindi la mancanza del ministerium canonico: rinuncia così al proprio ministerium autonomamente conseguito, rimettendolo nelle mani del Sovrano. Enrico II, convinto anche da alcune concessioni ecclesiastiche promessegli, scelse Benedetto VIII, che divenne un grande papa. Gregorio VI rimase a bocca asciutta e fu dichiarato antipapa, sparendo dalla storia.

Questa è la chiave che accomuna Benedetto VIII e XVI: una DICHIARAZIONE DI RINUNCIA AL MINISTERIUM.

Ma cosa rende Benedetto XVI “l’unico papa nel pieno possesso dei propri poteri, a compiere questo passo”?

La differenza è questa: Benedetto VIII dichiara all’imperatore una rinuncia al ministerium illegittimamente già acquisito, mentre Benedetto XVI dichiara ai cardinali una futura rinuncia al ministerium di cui è legittimamente possessore. Passato vs. futuro, illegittimità vs. legittimità.

Così, Benedetto XVI è stato davvero il primo papa della storia a dare queste particolarissime dimissioni dal ministerium mentre era “nel pieno possesso dei propri poteri”.

 

 

Il riferimento PERFETTO agli ultimi mille anni e a Benedetto VIII è la chiave per capire non solo come Ratzinger non abbia mai abdicato, ma come la sede totalmente impedita sia stata indotta da lui stesso: solo in questo modo poteva annullare i suoi nemici, permettendogli un lasso di tempo per manifestare i loro scopi anticristici. A tal proposito vedasi il teologo romano Ticonio, amatissimo da Ratzinger, sulla “Grande DiscessioQUI   .

Un geniale piano di difesa contro la Mafia di San Gallo che lo pressava ad abdicare. Infatti, Bergoglio oggi non è il legittimo papa, è scismato, tutto quanto da lui fatto è nullo e dovrà essere cancellato dalla storia.

Del resto, si potrebbe immaginare un papa meno impedito di Benedetto XVI, che viveva in Vaticano, in un monastero di clausura, privo di ogni potere pratico, con veste bianca, nome pontificale, benedizione apostolica, mentre un antipapa governava al suo posto?

Come vedrete nello schema riportato in fondo, le esperienze “dimissionarie” di Benedetto VIII nel I millennio e di Benedetto XVI nel II millennio sono simili, ma speculari, rovesciate.Il segreto è nello specchio”, per dirla con una nota apparizione mariana.

Questi due personaggi del passato, Benedetto VIII ed Enrico II, che rivivono e ritornano nel messaggio-chiave di papa Ratzinger, farebbero pensare a quel “Grande Prelato” e “Grande Monarca” preconizzati da mistici e beati, anche per una serie di notevoli coincidenze. L’”arrivo” dal passato di questi due personaggi, sebbene medievali, infatti, risolve in modo inequivocabile la Magna Quaestio fra i due papi.

Oltre il genio umano

Potreste anche fermarvi qui, ma se volete approfondire, c’è anche la straordinaria concomitanza temporale tra la HORA XX (“hora vigesima” dice Benedetto, la ventesima ora, fin qui erroneamente tradotta con le “20.00”) citata nella Declaratio in cui la sede romana resta vuota, e le 13:30 del 1 marzo quando la sede diventa totalmente impedita per via della diffusione del bollettino sulla convocazione del conclave illegittimo QUI  . Da allora non sarebbe stato più il “pontefice sommo”, (come disse invertendo il titolo papale) cioè il pontefice al sommo grado, ma lo sarebbe stato in secondo piano, in disparte, impedito. In effetti, secondo l'orario pontificio pre napoleonico, il "Nuovo Giorno" ha inizio dopo l'Ave Maria delle 17:30 con la parte notturna, per questo Benedetto saluta tutti alle 17.45 dicendo, “buonanotte": iniziava quello che per Lui era "Un giorno speciale che non era come quelli precedenti"...

 

Difficile?

 

 

Del resto, non si può pretendere che sia facile-facile un sistema per difendere la Chiesa dall’aggressione di poteri forti internazionali uniti a una lobby di cardinali golpisti e, al contempo, dire sempre la verità. Vi invitiamo a leggere e rileggere varie volte questo documento, gli articoli linkati e ad approfondire il resto su “Codice Ratzinger” (Byoblu ed., 2022).

Mentre per i credenti sarà chiarissimo e patente l’intervento dello Spirito Santo, i laici non potranno non constatare di trovarsi in presenza di qualcosa di assolutamente mai visto, di una genialità di origine sovrumana, qualsiasi essa sia, che sembra aver intessuto da millenni, attraverso la storia, questo momento. Come se una Logica nascosta che da sempre permea la vita degli uomini avesse creato un perfetto incastro fra migliaia di elementi documentali, testimoniali, canonici, storici, teologici, profetici, perfino storico-artistici.

A questo punto è solo una questione di coraggio e di buona volontà. Tutto è stato chiarito, o almeno ce n’è in assoluta sovrabbondanza per risolvere la situazione e salvare la Chiesa. Bisogna solo decidere se divulgare urbi et orbi la vera natura delle dimissioni di Benedetto XVI, e travolgere Bergoglio con la verità, oppure se far passare tutto in cavalleria, magari con la fola tradizional-sedevacantista del “Ratzinger modernista e pasticcione, autore del monstrum giuridico del papato emerito” e segnare così la fine della Chiesa canonica visibile. 

Il conclave per eleggere il successore di Benedetto XVI doveva essere già convocato entro il 20 gennaio. La grande battaglia sarà quella per un prossimo conclave puro, valido, composto unicamente da cardinali di nomina pre-2013. Altrimenti, con un conclave comprendente i cardinali invalidi di nomina antipapale, verrà eletto un altro antipapa, privo del munus e dell’assistenza dello Spirito Santo. E l’incubo ricomincerà da capo.

 

 

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