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Bergoglio in crisi tenta di screditare i cardinali

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Quando si è nelle sabbie mobili non bisogna agitarsi, perché più ci si muove, più si va a fondo. Bergoglio dovrebbe saperlo e invece, proprio in questi giorni, in cui è emerso in modo plateale come lui NON CELEBRI LA MESSA DALL’APRILE 2022, QUI ha compiuto un nuovo passo falso tentando di riguadagnare qualche punto. Abbiamo visto QUI che, come Giovanni Paolo II nella malattia, egli potrebbe tranquillamente celebrare seduto, quindi la scusa del ginocchio – è proprio il caso di dire - non sta in piedi.

Ergo, Bergoglio O NON VUOLE, O NON PUÒ celebrare la Messa, perché magari glielo hanno proibito. Forse sono stati alcuni cardinali che, a norma dell’art. 3 della Universi Dominici Gregis, hanno il dovere-potere di far rispettare i diritti della Sede Apostolica.

Quindi, la mossa propagandistica, abbastanza prevedibile, per l’antipapa è ora quella di tentare di screditare mediaticamente quei cardinali che oggi lo possono accompagnare alla porta pronunciando solo quattro parole, dichiarando semplicemente “vere papa mortuus est”.

Abbiamo già parlato QUI del libro propaganda pubblicato da Bergoglio insieme al suo fotografo-vaticanista personale, Javier Martinez Brocal, lo stesso che, secondo la ridicola narrazione di Vatican News, si trovava CASUALMENTE davanti al negozio di dischi per scattargli quella foto che fece il giro del mondo. QUI

E’ stato appena ripreso dai giornali mainstream uno stralcio di questa pubblicazione in spagnolo da cui apprendiamo la storiella per cui Bergoglio era un amicone di Ratzinger e, anzi, praticamente quasi dovremmo ringraziare lui se quel santo è stato eletto papa nel 2005.

Ecco cosa ha avuto il coraggio di scrivere l'argentino: “In quel conclave - la notizia è nota - MI USARONO. È successo che ho ottenuto quaranta voti su centoquindici nella Cappella Sistina. Sono bastati per fermare la candidatura del cardinale Joseph Ratzinger, perché, se avessero continuato a votarmi, non sarebbe riuscito a raggiungere i due terzi necessari per essere eletto Papa. […] La manovra consisteva nel mettere il mio nome, bloccare l'elezione di Ratzinger e poi negoziare un terzo candidato diverso. Mi dissero poi che non volevano un Papa 'straniero'. È STATA UNA MANOVRA COMPLETA. L'idea era quella di bloccare l'elezione del cardinale Joseph Ratzinger. MI STAVANO USANDO, ma dietro di loro già pensavano di proporre un altro cardinale. Non riuscivano ancora a mettersi d'accordo su chi, ma erano già sul punto di pronunciare un nome […] RATZINGER ERA IL MIO CANDIDATO. (!) Era l'unico che a quel tempo poteva essere Papa. Dopo la rivoluzione di Giovanni Paolo II, che era stato un Pontefice dinamico, molto attivo, intraprendente, viaggiante... c'era bisogno di un Papa che mantenesse un sano equilibrio, un Papa di transizione. […] Se avessero scelto uno come me, che COMBINA TANTI GUAI, non avrei potuto fare nulla. A quel tempo non sarebbe stato possibile. Sono partito felice. Benedetto XVI è stato UN UOMO CHE HA ACCOMPAGNATO IL NUOVO STILE. E non è stato facile per lui, eh? Incontrò molta resistenza in Vaticano". Ma con quell'elezione lo Spirito Santo, ha detto alla Chiesa: "Qui comando io. Non c’è spazio per manovre".

Quindi, secondo Bergoglio, c’erano dei cardinaloni cattivi che lo volevano manovrare per bloccare Ratzinger ed eleggere un altro candidato, ma poi è stato meglio così perché Benedetto XVI, modesto "papa di transizione", gli ha spianato la strada accompagnando il suo nuovo stile. Quest’ultimo messaggio viene furbamente servito sul piatto d’argento a quei tradizionalisti gatekeeper che di fatto proteggono Bergoglio e che tentano di far passare Ratzinger per un modernista, suo diretto precursore.

Le cose stanno un filo diversamente.

Una delle gaffe più clamorose di questa vicenda riguarda l’aperta confessione del cardinale Godfried Danneels, primate del Belgio, che, in tv e nella sua biografia autorizzata del 2015 ammise candidamente che il gruppo di cardinali supermodernisti di cui faceva parte, da loro stessi definito Mafia di San Gallo, aveva come loro candidato il card. Bergoglio.

Citiamo dalla sua Biografia: “E’ un gesuita confratello di Martini e cardinale arcivescovo di Buenos Aires, si chiama Jorge Mario Bergoglio. L’atteggiamento di Bergoglio si guadagna la fiducia di molti dei partecipanti al Gruppo di San Gallo, compreso Danneels. […] Anche se i cardinali del gruppo di San Gallo presenti a Roma inviano a Ivo Fürer una cartolina con il messaggio: “Siamo qui insieme in spirito di pace”, fu il cardinale Ratzinger ad essere scelto dal conclave come  successore quasi ovvio del papa polacco, anche se durante il pre-conclave, il cardinale gesuita Jorge Mario Bergoglio era un’alternativa realistica”.

Come leggete, questa ammissione rivela senza incertezze come da tempo esistesse un partito interno alla Chiesa fieramente avversario di papa Ratzinger e come il suo candidato fosse proprio il card. Bergoglio. Quindi nessuna manipolazione, nessuna manovra. Bergoglio era papabile per i sangallisti.

E adesso leggiamo come Mons. Gaenswein definì questo gruppo appena un anno dopo, nel 2016, nel famoso discorso del “ministero allargato”:

«Benedetto XVI fu eletto dopo solo quattro scrutini a seguito di una DRAMMATICA LOTTA tra il cosiddetto “Partito del sale della terra” (“Salt of Earth Party”) intorno ai cardinali López Trujíllo, Ruini, Herranz, Rouco Varela o Medina e il cosiddetto “Gruppo di San Gallo” intorno ai cardinali Danneels, Martini, Silvestrini o Murphy-O’Connor; gruppo che, di recente, lo stesso cardinal Danneels di Bruxelles in modo divertito ha definito come “una specie di mafia-club”.

(Chiosa: ma perché l'elezione del papa dovrebbe essere una "drammatica lotta"? I cardinali non sono tutti cattolici?)

"L’elezione era certamente l’esito anche di uno scontro, la cui chiave quasi aveva fornito lo stesso Ratzinger da cardinale decano, nella storica omelia del 18 aprile 2005 in San Pietro; e precisamente lì dove a “una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” (Mafia) aveva contrapposto un’altra misura: “il Figlio di Dio e vero uomo” come “la misura del vero umanesimo”, (Sale della terra)».

Avete letto bene?

Un anno dopo l’ammissione esplicita del card. Danneels che individuava pubblicamente in Bergoglio il campione della Mafia di San Gallo, Mons. Gaenswein cita le parole di papa Benedetto che definivano il partito di Bergoglio come quello di “una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.

Ora, come poteva Benedetto “accompagnare il nuovo stile” come “papa di transizione” se Bergoglio stesso era il suo avversario, il campione del partito della dittatura del relativismo?

Varie fonti riferiscono che fu il sangallista card. Martini, visto che non poteva candidarsi per via del Parkinson, a decidere poi di far confluire i voti della Mafia, compreso Bergoglio, su Ratzinger.

Scrive Marcello Veneziani, in un articolo di un paio di anni fa QUI"In realtà Martini non stimava Bergoglio e benché gesuita come lui non lo considerava affatto nel suo solco. A ulteriore conferma è passata inosservata la testimonianza resa da Andrea Riccardi sul Corriere della sera. Alla vigilia del Conclave che portò all’elezione di Ratzinger nel 2005, racconta il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, con Martini “Parlammo di nomi e io accennai con un certo entusiasmo al nome di Bergoglio: «Andrea, allora è molto cambiato da come lo conosco». Chiuse il discorso con freddezza. Martini partecipava all’establishment della Compagnia, che non aveva un buon giudizio dell’ex-provinciale argentino Bergoglio. Ratzinger non era nelle sue corde, ma alla fine tra colleghi professori, anche se non si è d’accordo, si riconosce il valore dell’altro. Un valore che non era affatto riconosciuto a Bergoglio, considerato tutt’altro che “progressista”. 

Naturalmente, Bergoglio, che Martini non vedeva di buon occhio, sarebbe stato troppo diverso da Giovanni Paolo II per attuare il sovvertimento gnostico della fede, obiettivo di questa lobby.

Benedetto XVI fu così macinato per bene dai media, in mano ai poteri globalisti. Ratzinger, del resto, era meno temibile da papa che non da cardinale: da prefetto della Fede era una potenza, ma come papa, non possedendo il carisma comunicativo di Giovanni Paolo II, sarebbe stato facilmente mobbizzato a livello mediatico, come poi puntualmente avvenne. Così, costretto a dimettersi il “Rottweiler di Dio”, come definirono quel santo uomo, Bergoglio, col "buonasera" e il battage pubblicitario da grande riformatore prese subito l’abbrivio.

Ma Benedetto non ha abdicato: ha fatto come Gesù e si è offerto alla sua detronizzazione, facendosi porre in sede impedita dalla convocazione di un conclave abusivo che ha automaticamente scismato e antipapato Bergoglio.

 

I sangallisti, anche se sapevano che Benedetto era in sede impedita, se la sono rischiata ugualmente. “Tanto, chi se ne accorge?”.

Ma il piano è miseramente fallito e tutto è venuto alla luce. Non è prudente mettersi contro il Vicario di Cristo.

 

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