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La panchina rossa c'è. Nell'atrio

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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Proteggere il simbolo della violenza contro le donne dalla furia di altre donne. Sembra quasi assurdo, ma è così che è andata ed è causa dell'azione distruttrice di alcune giovani femministe aderenti al collettivo romano Zaum , fiere nel rivendicare la loro ignobile azione quando l'11 dicembre l'Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con la As Roma , aveva deciso di inaugurare nel giardino dell'ateneo, la panchina rossa in ricordo di tante vittime italiane. Quelle ragazze, spalleggiate anche da qualche maschio, hanno sfasciato l'oggetto scarlatto ormai innalzato ovunque una lotta contro i femminicidi (rappresenta le donne uccise che non potranno più sedercisi sopra), poco dopo le foto di rito con le autorità universitarie e sportive, il il sindaco Gualtieri e la presidente del consiglio comunale Svetlana Celli.  Insomma, alle 11 del mattino la panchina rossa c'era, un'ora dopo non c'era più. E la loro motivazione è stata la seguente: <Non ci interessano i simboli, vogliamo azioni concrete>. Ne abbiamo già scritto nel blog precedente in cui avevamo anche dato conto della reazione della rettrice Antonella Polimeni , la quale aveva promesso che avrebbe ripristinato al più presto la panca smembrata. La notizia adesso è che la Sapienza si è dotata di un nuovo sedile rosso uguale uguale a quello distrutto, va dato atto alla rettrice Polimeni di avere mantenuto la promessa a tempo di record e di avere insistente su ciò che l'Ateneo fa contro la violenza di genere ea favore dell'inclusione e delle pari opportunità. Bene. Nel discorso è anche stata ricordata Vanessa Ballan , ultima donna in ordine di tempo (era una mamma, incinta del secondo bambino) ad essere annoverata nella macabra e inaccettabile contabilità delle vittime innocenti ammazzate da mariti o ex. Il problema è che per la nuova panchina è stato scelto l'atrio del Palazzo del Rettorato della Sapienza: un luogo al chiuso, controllato e, in teoria, a prova di vandali. Peccato che si sia dovuti arrivare alla nuova sistemazione per evitare la furia dei Collettivi. Peccato che l'università abbia dovuto quasi nascondere un simbolo di impegno a favore di tutte le donne, perché qualche altra donna, più propensa alle azioni dimostrative che a quelle simboliche, avrebbe potuto rovinarlo di nuovo.  

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