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Lo strano caso dellla Venier che intervista Bin Laden

cult nella Rete

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Lo sguardo è livido e impaziente, la barba ancora di mogano: lo sceicco è seduto accanto al solito kalashnikov, nella solita caverna, in collegamento: «Guarda Mara, non sono andato da Vespa, nè da Santoro, puoi star certa che non andrò da Lerner, ho accettato di venir qui perchè ti seguo sempre...» . Mara Venier, dallo studio è allegramente confidenziale e gli chiede: «Ti ti sei mai innamorato di una ragazza che abitava lontano». E lo sceicco: «Guarda Mara, una volta avevo una morosa che abitava  a Belluno, mi ha lasciato per Marco Liorni». E Liorni, inquadrato nell'imbarazzo si giustifica: «Be', chi ama soffre...».  La suddetta scena è tratta da “Mara Venier intervista Bin Laden”, tre minuti taroccatissimi quanto esilaranti che stanno spopolando su Youtube e suoi social network, nel canale del “Terzo segreto di satira”. L'intervista -perfetta nella fattura e nel montaggio- disvela il grande ruolo di mantice creativo della Rete. Da scompisciarsi il seguito del dialogo tra Mara che dice a Bin Laden: «Vengo a trovarti a Bologna» e lui: « Ma Mara, io non sono a Bologna»; e Mara «va bene, semmai ci vediamo a Milano» e Bin Laden: « Fai un po' come cazzo ti pare...» . Il “Terzo segreto di satira” è un gruppo di indemoniati cazzari -come direbbe Giorgino Stracquadanio- che ha come unica missione la decostruzione del mezzo tv. Di loro già si conosceva “Il favoloso mondo di Pisapie” “scritto dal Premio Strega Letizia Moratti”: Era un'allegoria alla Swift che, prima delle elezioni, illustrava la vita di un elettore milanese dopo la vittoria di Pisapia: kebab al posto dei ristoranti, la Torre Velasca ai centri sociali, cinema che programmano solo i film di Moretti, droga distribuita simpaticamente nei chioschi. Fu un tale successo che il video, in versione virale, inondò di risate la campagna elettorale. E generò epigoni. Assai divertente è, per esempio, il “Discorso di Gheddafi” che traduce dall'arabo la delusione del dittatore libico verso l'Italia: «e poi, non si poteva dire che quella ragazzina era mia nipote, invece che di quello lì che è scappato?». Molto più articolato con la dicitura “il comitato di vigilanza Rai ci ha imposto un video che funga da contradditorio” è “In fondo a destra”, dove in un binaco e nero antico il ragazzino che cantava Popoff, su quelle stesse note attacca: «..e si dice che Di Pietro /mischi sempre carta e vetro in unnunico bidone/ e nessuno dice bah!» e «le scoregge di Fioroni sono scorie radioattive/ sono l'inno del Pd». Non è un trend nuovissimo: questa roba la facevano già Antonio Ricci e Gregorio Paolini vent'anni fa. Ma il fatto che oggi sia quasi a costo zero fa riflettere sul mercato della tv...

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