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Scorsese, Coppola, Dion, Watchmen e l'annosa polemica sui supereroi

Perché, di solito, i superpoteri in tv funzionano

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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polemiche e poteri Foto: polemiche e poteri
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Doverosa premessa. Amo il cinema d'autore, ma sono intossicato dai supereroi fin dalla nascita. Da bambino indossavo, allo specchio, mantelli e mascherine terrificanti; usavo i coperchi delle pentole come lo scudo di Capitan America; rubavo gli anelli di topazio di mia madre nella speranza che mi conferissero i poteri di Lanterna Verde. La “supeeroite” è una malattia passata ai miei figli: quello piccolo, per dire, vagola ancora per il solaio nella speranza di essere punto da un ragno radioattivo. Ed per questo che sono annaspato quando Martin Scorsese e Francis Coppola – con Spielberg i miei miti cinematografici- hanno dichiarato i cine-comics Marvel essere, di fatto, delle puttanate micidiali. Poi ho visto Joker, film capolavoro introspettivo. E poi ho letto una critica di Marco Giusti su Dagospia che riguardava Watchmen di Alan Moore, “la nuova serie HBO ultrapolitica ideata da Damon Lindelof (Lost, The Leftovers), scritta da ben 12 sceneggiatori, e di questi solo quattro sono bianchi”, che alternava futuri americani distopici dove, sotto il presidente Usa dem Robert Redford, comandano neri e antirazzisti mentre i terroristi suprematisti bianchi sono combattuti da una squadra di supereroi con a capo una donna nera. Sicché, dietro la rievocazione del massacro di Tusla del 1921 (330 neri uccisi dal Ku Klux Klan) si cela una straordinaria critica sociale. Poi ho scoperto The Boys su Amazon Prime, di cui avevo apprezzato il fumetto; e vi ho scovato i più grandi temi di denuncia civile, ammantati nella metafora dei superuomini viziosi, ipocriti e talora assassini che vivono fra social network e grandi multinazionali che ne gestiscono immagine. Poi, il telecomando è finito su Dion (Netflix) dove un bimbo nero telecineta di 8 anni mi ha aperto un mondo sui rapporti dei “diversi” nella scuola Usa e sui rapporti che i “diversi” hanno col proprio padre anch'egli dotato di superpoteri che qui diventano, nella pratica, disabilità. A Scorsese e Coppola, sarebbe troppo facile obbiettare che esiste supereroe e supereroe; e che una sceneggiatura di Frank Miller, Alan Moore, Neil Gaiman, Grant Morrison vale, nei contenuti e nell'epica, le loro. Ma, mettiamo anche che molti dei cinecomics sia davvero puttanate. Il cinema è diviso, da sempre fra il contenuto dei fratelli Lumiere e l'effetto speciale di Georges Méliès, tra chi vuol riflettere sul mondo e chi vuole semplicemente farci un giro sopra, a mò di giostra….

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