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Le "musiche dell'Olocausto" raccolte dall'italiano Francesco Lo Toro

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Spettacolo eccezionale di storia, umanita' e musica al Jewish Center di New York. Francesco Lo Toro, ebreo italiano, pianista e ricercatore ha tenuto il 6 aprile un concerto, intitolato "Songs for Eternity", canzoni per l'eternita' , con Victor Villena alla fisarmonica, David Krakauer al clarino e Daniel Hoffman al violino, e con la voce della cantante Ute Lemper. Lo Toro sta facendo da tempo, sotto gli auspici della organizzazione non profit “Last Musik” (l'ultima musica), un lavoro certosino di raccolta di musiche, spartiti, testi, espressioni vocali e testimonianze create dai detenuti nel campi di concentramento, ma anche piu' in generale nelle situazioni di prigionia di massa, nei lager e nei campi profughi, di cui abbonda la storia dei popoli. Francesco ha raccontato, prima del concerto, della forza insopprimibile dell'uomo di cercare di mantenere la propria dignita' in condizioni estreme, e persino di "divertirsi". Nel suo impegno per il recupero di ogni traccia di creativita' musicale sotto lo stress della lotta per la sopravvivenza fisica, Lo Toro ha scoperto che i prigionieri usavano persino la carta igienica, i sacchi di carbone, gli stracci per scrivervi sopra liriche e spartiti. Non erano azioni disperate, per loro, ma affermazioni di vita. Non volevano che le loro esperienze drammatiche venissero dimenticate, e il modo per raccontarlo ai posteri era di metterle in musica . Forse sentivano che qualcuno avrebbe raccolto queste loro tracce, queste loro "opere", e le avrebbe consegnate alla "eternita". Quel qualcuno e' Francesco Lo Toro, che sta preparando una antologia con le migliaia di frammenti musicali meticolosamente raccolti nel mondo, dal 1933 al 1953. La serata ha offerto pero' anche una testimonianza toccante, che ha riportato alla sua dimensione piu' tragica la storia dei musicisti nell'Olocausto. Il protagonista e' stato Carlo Alberto Carutti, un appassionato collezionista italiano di strumenti musicali, che ha presentato al pubblico newyorkese un violino dalla storia misteriosa, offrendolo per una esibizione eccezionale al violinista Daniel Hoffman. Carutti ha detto di aver trovato il vecchio violino presso un antiquario torinese, aveva all'esterno una stella di David di perle e, nella cassa, un pezzo di carta incollata con l'iscrizione “DER MUSICH MACHT FREI” (allusione alla frase all'ingresso del campo di Auschwitz “Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi”) sopra uno spartito musicale, tra le cui note si potevano vedere i numeri 1 6 8 0 0 7. Facendo una ricerca su Internet, il collezionista ha scoperto che quello era il numero di un detenuto italiano, Enzo Levy, deportato ad Auschwitz con la sorella Eva Maria, violinista, allora 22enne, che poi si tolse la vita nel maggio del 1944. Mise lei quella nota nel violino prima di uccidersi gettandosi contro il filo spinato elettrificato del lager? Quale messaggio voleva dare al fratello? Liberato nel gennaio 1945, Enzo riusci' a salvare e a portare con se' quel violino, ma qualche anno dopo si uccise pure lui. Il segreto di quel messaggio si aggiunge cosi' al catalogo delle mille meraviglie fatte riaffiorare da Lo Toro. di Glauco Maggi

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