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Altri soldi alla Sicilia,ormai è un miliardo

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Monti impone tagli al Nord ma inonda l'isola di quattrini, rimangiandosi le promesse di risanamento: soltanto ieri stanziati 343 milioni, quasi un miliardo in due settimane

Nicoletta Orlandi Posti
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di Maurizio Belpietro Spiace dare cattive notizie ai lettori che godono dell'atteso riposo sotto l'ombrellone, ma il governo  del rigore ci ha dato un'altra sola. Dopo aver promesso severità con le regioni spendaccione, in particolare con la Sicilia, arrivando perfino a minacciare il commissariamento di Palazzo dei Normanni, Monti e i professori hanno calato i pantaloni, regalando all'isola una montagna di milioni. Subito, pronta cassa, nei giorni della minaccia di un fallimento dell'ente erano stati erogati 400 milioni in cambio della promessa di Raffaele Lombardo di dimettersi e di ridurre le spese. Poi ne sono stati sbloccati altri destinati ai Comuni, circa 170 milioni, il 20 per cento di quelli destinati a tutta Italia. Infine ieri è arrivato un assegno da 343 milioni, destinati a sparire nel buco nero della sanità siciliana. Che per mandare avanti ospedali e case di cura dell'isola fosse necessario un intervento dello stato centrale lo si era già capito nei giorni scorsi, ma la cifra di cui si era parlato si fermava a 250 milioni, cento in meno di quella stanziata ieri, che, se sommata alle precedenti erogazioni, porta il totale a poco meno di un miliardo, il tutto in barba alla spending review e alle promesse di rigore finanziario. I soldi, sia detto per inciso, cadranno a pioggia sulle strutture sanitarie di una delle regioni peggio esposte a causa delle spese della salute. Nonostante le dichiarazioni ottimistiche, il risanamento del bilancio sanitario è molto lontano. Non è bastato nominare assessore un magistrato: nel 2011 le spese sono salite del 7,36 per cento, mezzo miliardo in più dell'anno precedente. Quasi dieci miliardi, cioè gran parte del bilancio regionale, un mucchio di soldi che, come osserva il procuratore della corte dei conti, per un terzo se ne va  nel pagamento degli stipendi dei 50 mila dipendenti di ospedali e case di cura. Ma l'esercito in camice bianco non sta solo in corsia e infatti sui conti regionali pesano anche gli oltre 3 mila dipendenti del 118, circa 12 per ogni ambulanza disponibile sull'isola, i cui costi nonostante i buoni propositi sono cresciuti l'anno scorso del 13 per cento. Ecco, dinnanzi a questo disastro, il governo anziché chiudere i cordoni della Borsa li ha aperti, nel più puro stile democristiano, o forse sarebbe meglio dire lombardiano.  Perché di fronte alle minacce secessioniste dell'ex governatore - il quale nonostante si sia dimesso resta il vero uomo forte della regione - non c'è Enrico Bondi che tenga. Mentre i comuni del Nord, dal Veneto alla Toscana, lamentano i tagli dei trasferimenti, la sola regione che continua a farsi beffe dell'Europa e delle sue regole, del pareggio di bilancio e del patto di stabilità, è la Sicilia. La quale può proseguire indisturbata ad assumere senza che nessuno glielo impedisca. Così siamo arrivati a cifre record, con una stima di oltre 100 mila le persone a libro paga della Regione. Con tutti questi stipendiati, ma soprattutto con tutti i soldi che sono stati stanziati a favore della Sicilia, la campagna elettorale di autunno per rinnovare la guida della Regione si annuncia dunque scontata. Anziché dare una mano per cambiare le cose, Monti e i suoi soldi ne hanno data una per conservare l'attuale situazione e gli odierni equilibri. Se c'era modo di dimostrare che i professori hanno imparato la lezione di come stare al mondo, soprattutto in politica, beh, ieri ne hanno dato prova. Con Orlando in comune, Lombardo e i suoi eredi alla Regione, altro che tagli, a Palermo comincia la festa. La loro, naturalmente. Non quella del resto d'Italia.

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