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Fecondazione eterologa, in Italia resta il divieto

La pronuncia della Corte Costituzionale: restituiti gli atti ai tre tribunali che avevano sollevato la questione

Andrea Tempestini
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Una non decisione dal significato molto chiaro, quella della Corte Costituzionale sulla legittimità del divieto di fecondazione eterologa nella legge 40. La Consulta, infatti, ha deciso di restituire gli atti ai tre tribunali che avevano sollevato la questione di legittimità, affinchè valutino la questione alla luce della sentenza, che risale allo scorso novembre e dunque successiva ai ricorsi, pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Strasburgo aveva stabilito che vietare la fecondazione eterologa nei paesi comunitari è legittimo, una circostanza che indirizza in maniera precisa la pronuncia della Corte Costituzionale italiana. Tirano così un sospiro di sollievo il mondo cattolico, che temeva una correzione della legge 40 ,e il governo Monti che eviterà così di riaccendere uno scontro diretto sui temi di bioetica. La sentenza di Strasburgo - La Consulta, in sostanza, ha invitato i tribunali di Firenze, Catania e Milano - che avevano sollevato la questione - a considerare la sentenza della Camera Grande della Corte di Strasburgo, che risale allo scorso 3 novembre, e che di fatto stabiliva la possibilità di vietare la fecondazione eterologa. La sentenza si riferiva al ricorso di djue coppie austriache sterili contro il divieto locale di ricorrere a tecniche di fecondazione eterologa. Secondo la corte di Strasburgo il divieto non viola "l'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare, ndr) della Convenzione dei diritti dell'uomo". La coppia austriaca - In una prima sentenza che risale all primo aprile del 2010, la Corte aveva dato ragione alle due coppie, per le quali l'unico modo per avere un figlio è il ricorso alla fecondazione eterologa in vitro, ma il governo austriaco, sostenuto da quello italiano e quello tedesco, aveva chiesto una revisione del caso davanti alla Camera Grande. A novembre la Corte ha ribaltato il proprio giudizio, sottolineando che, viste le questioni etiche sollevate ma anche la rapidità dei progressi medici, ogni paese ha un ampio margine di manovra nel normare questa materia, e quindi la legge austriaca non lede di per sè i diritti delle due coppie.    

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