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Se papà si taglia lo stipendiola Perugina assume suo figlio

Per la prima volta si introduce un contratto di solidarietà familiare, ma la Cgil si mette di traverso: "Una proposta inaccettabile"

Nicoletta Orlandi Posti
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di Alessandro Gonzato Mai fino ad ora un'azienda si era detta disposta ad assumere i figli dei dipendenti che accettassero di ridursi l'orario di lavoro. Ci sta provando la Nestlé con i suoi lavoratori dello stabilimento Perugina di San Sisto, la casa del Bacio al cioccolato avvolto dai romantici messaggi d'amore. Ma subito i sindacati le hanno dichiarato guerra. Secondo Mauro Macchiesi, segretario generale della Flai Cgil, la proposta della multinazionale svizzera «non fa altro che dividere il posto di lavoro in due senza garantire uno stipendio decente né ai padri né ai figli. È come trasformare un sito produttivo a forte connotazione industriale in una sorta di call center» ha aggiunto.  Per aderire al progetto avanzato dalla Nestlé, i dipendenti che decideranno di sacrificare parte della propria busta paga per dare una possibilità ai figli - messa sul piatto in tempi in cui la disoccupazione giovanile avanza senza sosta - si vedranno tagliare dieci ore di lavoro alla settimana, passando da quaranta a trenta. La decurtazione dello stipendio dei genitori, secondo i sindacati, dovrebbe aggirarsi attorno al venticinque per cento, a fronte di un compenso che per i figli non dovrebbe superare gli ottocento euro. Una proposta, quindi, che, secondo il sindacato, sarebbe utile solo all'azienda. Questa, nel bel mezzo del polverone sollevatosi dopo la proposta, ieri ha fatto sapere di voler concentrare la produzione dei propri prodotti nell'arco di dieci mesi, «favorendo la stagionalità del cioccolato». Insomma, pare che voglia puntare ad un maggior numero di dipendenti, ma da impiegare per periodi di tempo minori. Quindi, seguendo questa logica, per i nuovi lavoratori non vi sarebbe la prospettiva di un contratto a tempo indeterminato, unica condizione che avrebbe potuto placare la vibrante protesta dei sindacati.   Secondo Gianluigi Toia, responsabile delle relazioni sindacali di Perugina, «l'obiettivo di questa sorta di scambio è quello di permettere ai giovani di dare un apporto al budget familiare in un momento di crisi. Naturalmente» aggiunge «purché le competenze e la formazione delle persone da assumere siano adeguate». Dunque non vi saranno assunzioni di massa. Chi approfitterà della disponibilità dei genitori dovrà già avere delle competenze di base. Nemmeno di fronte alla prospettiva di un centinaio di ragazzi immessi nel mercato del lavoro però il sindacato rivede le proprie posizioni. La Flai Cgil, sempre per bocca del suo segretario generale, etichetta il “patto generazionale” della Nestlé come una «inaccettabile proposta camuffata di ridimensionamento da parte del sito produttivo di Perugia dopo che per anni se ne sono decantate le lodi per efficienza e relazioni sindacali avanzate». Oltretutto la Cgil mette in rilievo come «a forza di processi di mobilità e di riorganizzazione, l'età media in fabbrica si è talmente abbassata che nella stragrande maggioranza dei casi i figli dei dipendenti oggi sono minorenni e l'assunzione di minorenni è una pratica che siamo certi che Nestlé non vorrà adottare in nessuna parte del mondo».  Per lo stabilimento di San Sisto sono ore calde. Oltre alle polemiche scatenatesi attorno al “patto generazionale”, domani - dalle 10 alle 12 - è in programma uno sciopero di fronte al cancello dell'azienda da parte dei dipendenti che protesteranno contro l'ipotesi di contratti di solidarietà, il passaggio di alcuni lavoratori da tempo pieno a part-time e soprattutto contro 150 possibili esuberi. Che però i vertici di Perugina, cercando di gettare acqua sul fuoco, smentiscono di aver formalizzato.

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