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Il "Fatto quotidiano" spara su Passera"La sua Banca Intesa riciclava all'estero"

Il giornale di Padellaro racconta di un summit nella sede milanese per gestire fondi illegali

Nicoletta Orlandi Posti
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Riciclava centinaia e centinaia di milioni dei suoi clienti attraverso la sua filiale in Lussemburgo. Stiamo parlando di Banca Intesa che a quel tempo era guidata dall'attuale ministro Corrado Passera. Ne è quasi certo il giudice per le indagini preliminari Vincenzo Tutinelli: "Si ha motivo di ritenere che tale sistema sia messo a disposizione dei grandi gruppi economici italiani da funzionari ed ex funzionari del gruppo Banca Intesa Lussemburgo - con la probabile complicità della banca per costruire fondi neri nel Granducato di Lussemburgo e ivi riciclarli".  Il documento, pubblicato dal Fatto quotidiano, conferma la custodia in carcere per il broker Alessandro Jelmoni arrestato a metà maggio con l'accusa di aver architettato e gestito la complessa struttura off shore che ha consentito alla Giacomini spa, un grande  marchio nella rubinetteria importante cliente di Banca Intesa, di nascondere al fisco qualcosa come 200 milioni di euro. Jelmoni vanta stretti rapporti con Marco Bus, numero uno della Sociétè Europèenne de Banque (Seb) che di fatto è la filiale di Intesa nel Granducato: e come racconta il Fatto "il denaro nero della famiglia Giacomini, gestito da Jelmoni, è stato depositato proprio nella banca lussemburghese". Allo stato Bus è indagato per concorso in riciclaggio, mentre la Seb è indagata per violazione della legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle imprese.  Il Fatto, inoltre racconta di un incontro (del quale nell'inchiesta ci sarebbe la registrazione) a febbraio 2011 nella sede di Banca Intesa a piazza della Scala tra un dirigente di Seb delegato da Bus, i Giacomini (padre e figli) e un manager di Intesa. "Il patron Alberto", scrive Vittorio Malagutti, "preoccupato per l'azienda, avrebbe voluto smontare il marchingegno societario messo in piedi da Jelmoni e riportare i suoi soldi in Italia. I dirigenti di Impresa cercavano invece di convincere l'anziano imprenditore a lasciare le cose come stavano. Non per niente. Secondo quanto è emerso dalle indagini", rivela il Fatto, "il tesoro milionario della famiglia piemontese, fra interessi e commissioni fruttava lauti guadagni alla banca".

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