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Renato Farina smaschera il Parlamento: "Solo loro ancora in quarantena, quante leggi hanno fatto quest'anno"

Renato Farina
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Il Parlamento è in catalessi. Oppure è addirittura morto? Di certo la politica ha decretato il proprio riposo, che rischia di essere eterno. Se deputati e senatori si rifugiano sotto coperta nella tempesta invece che balzare sui pennoni, perché mai dovremmo mantenerli quando sopraggiungerà la bonaccia? Non ci va di fare giochi di parole sui decessi da Covid, perché sono costati immani sofferenze a persone reali, le quali contano più dei simboli della Repubblica. Ma qui siamo davanti a una vittima troppo grossa (e dei suoi complici) che è sfuggita alle statistiche mortuarie del Coronavirus. Ci riferiamo all'istituzione che rappresenta la spina dorsale della democrazia, ed invece essa giace come una enorme salma di dinosauro, senza che nessuno accenda un cero per compiangerla. Come nulla fosse. E neppure, dalle parti dell'anti-politica, si vede chi al contrario agiti felice lo scalpo della democrazia rappresentativa, della cui certificata dannosità avevano colmato le ampolle della loro retorica.

 

 

Non sarà che senza democrazia e senza Parlamento, e tutto lo spazio a Palazzo Chigi è pure peggio? Noi non siamo qui a teorizzare, ma a constatare. Una massa di mille persone cui gli italiani hanno affidato il potere legislativo, quando avrebbero dovuto afferrare a mani nude il mostro del contagio prima si sono ritirati nelle loro amate dimore, loro sponte. Quando hanno provato a rientrare, il premier gli ha fatto marameo: ho già fatto tutto io, tornate a casa. Qualcuno protesta. Poi però i mille obbediscono, accettano lo smart-working che è l'alibi dei dipendenti statali fannulloni. Confidiamo che la politica possa togliersi le bende come Lazzaro, e lavorare. Non per migliorare l'esistenza degli italiani, non esageriamo, è già sufficiente non la rovinino del tutto. Insomma che resusciti almeno per frenare Conte che è l'uomo che per la prima volta dal dopoguerra congiunge in sé tutti i poteri, legislativo ed esecutivo, riuscendo persino a farci rimpiangere quella vecchia e cara baldracca a nome democrazia.

E IL COLLE?
Il capo dello Stato - si spera dalle parti dell'opposizione - invierà un messaggio al Parlamento, perché non accetti più di farsi confinare ai margini della realtà? Non è più tollerabile questa frollatura del Parlamento nel sepolcro come fosse carne da salmì. Più ci resta, più sarà difficile scuotersi. Il Paese lo sta facendo, invece la Roma politica giace. L'industria italiana a maggio ha visto crescere la produzione del 43%, ed è stato un primo sollievo dopo la paralisi del lavoro manifatturiero su cui si regge la nostra economia. Invece le Camere a tutt' oggi sono opifici con le caldaie fredde, spente inopinatamente agli iniziali colpi del contagio, e restano lì, immobili, nonostante la buona volontà delle opposizioni di centrodestra che cercano di riaccenderle.

Ma ancora in queste ore Conte e i suoi ministri insistono nel rovesciare sopra gli italiani secchiate di decreti dittatoriali (Dpcm) che non hanno bisogno né della firma del presidente della Repubblica e nemmeno del voto a maggioranza del Parlamento. Conte si è così abituato a tenere il corpo della democrazia in salamoia, che non si è preoccupato in questi mesi di sottoporre in tempo utile alle Camere i provvedimenti attuativi del decreto rilancio. Lo ricordate? Ma certo. Doveva essere "il decreto aprile", poi maggio. Non arrivava mai. Pertanto si evitò la burla chiamandolo "rilancio". Fu annunciato, indi persino votato dalle Camere. Doveva essere il contravveleno urgente alla miseria provvedendo ai cassintegrati e ai settori turistico e commerciale strozzati dalla crisi economica indotta da quella sanitaria. In tantissimi hanno scritto ai giornali: Conte ha giurato, il Parlamento ha votato, e non arriva nulla. Come mai? Ovvio. Non è colpa della burocrazia, come dicono i ministri.

E neppure del Parlamento. La responsabilità è di questo governo degli inetti. Il quale non è riuscito ancora a preparare e a sottoporre alle Camere 73 provvedimenti attuativi, senza di cui la legge è lettera morta. Di questi 73, ce ne sono 20 che sono scaduti prima ancora di essere confezionati, e tra essi sono 6 quelli non predisposti dal ministero dell'Economia. Bisognerà rifare tutto. Rimandare. Ricominciare la trafila di annunci, voto, provvedimenti attuativi. Uno schifo.

NON SOLO ROMA
Stesso tipo di letargo ha afferrato i consigli regionali e comunali. Un esempio? Ahimè Milano. Beppe Sala ha chiesto con lodevoli intenti di smetterla con il lavoro da casa, se no la Metropoli si spegne. Intanto però il consiglio comunale è convocato da remoto. Possibile che la politica anche a Milano debba essere la cuccagna dei fannulloni? Il Parlamento non ha fatto nulla di suo quest' anno, sono solo due le leggi approvate per iniziativa di qualche deputato coraggioso o fortunato. È una banda che suona per forza lo spartito del Principe di uno Stato assolutista. Non solo per volontà perversa di Conte, ma per harakiri autonomo. Il 5 marzo per decisione unanime degli uffici di presidenza della Camera, subito seguita dal Senato, il Parlamento si consegnò al principio di precauzione, cioè alla fuga. Non si imprigionarono lì per vegliare in armi, ma se ne sloggiarono nelle loro dimore. Un brutto esempio di resa, e forse di pusillanimità, pensammo in tanti. Vecchi parlamentari si scandalizzarono di questa rinuncia dei giovani colleghi ad essere una presenza creativa e vigilante sulle azioni del governo per conto del popolo. Tornati volenterosamente a Roma, ora è Conte a volerli rispedire magari alla seconda casa, con la proroga urgente dell'emergenza e dunque dei suoi poteri speciali. Al che, finalmente, si è alzata un'alta voce istituzionale, e la presidente del Senato Casellati ha intimato a Conte di finirla con queste pugnalate alla democrazia, e di sottoporre questa sua volontà al voto di Palazzo Madama, smettendola di esautorare il Parlamento. A questo punto il premier ha rimandato. Anche se le urgenze se si rimandano vuol dire che non erano urgenti. 

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