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Pietro Senaldi attacca il Pd: "Paladini delle donne solo a parole, Nilde Jotti l'ultima che ha fatto carriera"

Pietro Senaldi
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Scoppia l'ennesimo psicodramma nel Partito Democratico. Il consiglio regionale pugliese, a maggioranza di centrosinistra, non ha approvato la legge sulla doppia preferenza di genere che imponeva alle prossime elezioni di settembre di votare sia un uomo sia una donna. La ministra autoctona Teresa Bellanova, tanto per cambiare, piange. Si lamenta che i maschi hanno umiliato le femmine. Niente di nuovo sotto il sole. Sul territorio il Pd non ha mai premiato le donne, tant' è vero che i suoi governatori sono tutti uomini, e così pure i sindaci delle principali città. E questo anche dove la sinistra governa indisturbata da decenni, e quindi forse una candidatura femminile si sarebbe potuta tentare. A parole i democratici sono tutti paladini del gentil sesso, a favore delle quote rosa e pronti a cedere il passo non solo quando si entra al ristorante ma anche quando ci si deve accomodare sull'unica poltrona disponibile. Nei fatti sono di gran lunga più maschilisti di leghisti, forzisti e perfino grillini. Non è un caso se l'unica leader donna sia Giorgia Meloni, a capo del partito più a destra dell'emiciclo, e se la donna che ricopre la più alta carica istituzionale sia espressione del centrodestra, la forzista Elisabetta Alberti Casellati.

 

 

Neppure è un caso che entrambe le signore siano largamente sgradite a parlamentari e stampa di sinistra. Come lo era Mara Carfagna, l'unica ministra della storia per cui essere donna era una colpa, visto che era bella e piaceva a Berlusconi. Se una signorina vuol far carriera puntando solo sulle proprie forze, le conviene guardare a destra e non a sinistra perché da quelle parti, dopo tanti anni, quella che è andata più avanti di tutte resta ancora Nilde Iotti; e parliamo del secolo scorso. Brava e irreprensibile, ma anche la donna del capo. Per di più, se ricoprì ripetutamente la carica di presidente della Camera, la compagna Leonilde lo deve più alla galanteria e alla benevolenza dei democristiani che a quella degli eredi di Togliatti. fedelissima boschi Se vogliamo venire ai giorni nostri, per trovare una donna davvero di potere sul fronte progressista non possiamo che citare la renziana Maria Elena Boschi, altra fedelissima del capo. Doveva passare alla storia per le sue riforme, ma non se ne fece nulla e oggi compare sui giornali più che altro per le sue forme, peraltro più apprezzabili dei suoi progetti di modifica costituzionale. Altre figure femminili davvero di spicco provenienti dai partiti di sinistra, non se ne vedono né ricordano. Forse la Boldrini, ma fu eletta presidente per caso, e proprio in quanto donna, e si costruì il suo personaggio mediatico dopo.

Gloria effimera perché, con la fine del mandato, la signora si è progressivamente spenta, persa dietro alle sue battaglie che hanno sempre meno eco. In sintesi, non c'è bisogno di essere maschilisti per non strapparsi i capelli davanti alla scelta del consiglio regionale di consentire agli elettori di votare chi vogliono a prescindere dal fatto che sia uomo o donna. Anche perché, viste alla prova dei fatti, le signore della sinistra non incantano. La Bellanova, che si lamenta, ha varato una sanatoria per gli immigrati fallimentare. Lo scopo era eliminare il caporalato nei campi ma si sono regolarizzati in pochi, e non nell'agricoltura. Intanto, frutta e verdura continuano a marcire nei campi e i produttori per riuscire a piazzare i loro prodotti spesso sono costretti a vendere sotto il prezzo di costo. L'altra renziana al governo è la Bonetti, la ministra tabula rasa alla Famiglia, alla quale l'esecutivo ha tagliato i fondi, approfittando della sua inconsistenza. tristezza democratica

Quanto al Pd, su sette ministri schiera solo una donna, la De Micheli. Ha la delega alle Infrastrutture ma più che dei cantieri, che stanno paralizzando intere regioni, si occupa del bonus biciclette. In compenso Conte voleva licenziarla accusandola di sabotaggio perché ha avuto posizioni ritenute morbide con i Benetton su Autostrade. le altre signore Le altre signore dell'esecutivo sono la Azzolina, e qui ormai basta la parola, la Lamorgese, che ha appena dichiarato che gli immigrati portano il Covid ma ciononostante si sta attivando per trasformare l'Italia in un ostello per profughi, la Dadone e la Pisano - chi le ha viste? - , e la Catalfo, alla quale dobbiamo il fallimento del reddito di cittadinanza. Più che testimonial femminili, si tratta di prove viventi che la competenza non è questione di genere. Anzi, valutandandole viene da chiedersi se le quote rosa non siano in realtà un boomerang per le donne: aiutano le meno capaci a discapito delle più brave. Ma il nostro Paese procede per mode. Due mesi fa l'opinione pubblica si scandalizzò improvvisamente perché la commissione Colao aveva più maschi che femmine. In tutta fretta vennero arruolate due o tre signore, delle quali nessuno oggi ricorda il nome ma che possono condividere con gli uomini il disastroso esito dell'operazione, coronato dall'inabissamento della famosa app Immuni, elaborata da questo trust di cevellone/i. A proposito, che fine ha fatto? 

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