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Willy Monteiro, la riflessione di Giuseppe Valditara: "Dietro questo brutale omicidio, un'inadeguata politica repressiva delle procure"

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Giuseppe Valditara
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Il brutale omicidio del povero Willy Monteiro da parte di un gruppo di picchiatori seriali, che sarebbe dedito da tempo alla violenza, questa l'ipotesi investigativa,  impone a freddo una riflessione. Stupisce, stando ai resoconti giornalistici, il fatto che molti ragazzi li temessero e li evitassero, il che conferma la notorietà della loro pericolosità sociale, mentre non pare che fossero adeguatamente attenzionati da chi dovrebbe occuparsi di tutelare l'incolumità dei cittadini. L'apparato repressivo e sanzionatorio da troppo tempo si è orientato in Italia a perseguire principalmente i reati dei cosiddetti colletti bianchi, trascurando i cosiddetti reati di strada. Non solo. Appare anche  asimmetrica la risposta sanzionatoria caratterizzata da un sacrosanto inasprimento nei confronti della violenza di genere e dall'altra parte però da una non adeguata tutela rispetto a tutti gli altri fenomeni di violenza.

Soprattutto appare inadeguata la politica repressiva delle procure che considera i cosiddetti reati minori - in realtà veri e propri reati "spia" della potenziale pericolosità di un soggetto verso altre persone- non sufficientemente degni di attenzione. È come se ci fosse ancora una eco di quelle teorie criminologiche per cui gli autori di reati violenti, quali percosse, risse, lesioni, danneggiamenti, subiscono in realtà le contraddizioni della società capitalista, diventandone essi per primi sue vittime. Questa ormai anacronistica criminologia è all'origine della sottovalutazione della violenza, che deve essere invece considerata un comportamento di particolare  gravità e dunque fra quelli più duramente repressi proprio in quanto attenta, almeno in potenza, alla vita, alla libertà, alla dignità di altri esseri.

Occorre pertanto un deciso cambiamento di indirizzo sia nella legislazione, innalzando le pene per tutti i reati espressione di violenza, e soprattutto garantendo la certezza ed effettività della loro punizione, sia nella attività di repressione, mettendo al primo posto nella politica giudiziaria il contrasto dei crimini violenti. Probabilmente solo linee di politica giudiziaria fissate dal Parlamento di anno in anno potranno consentire il superamento di una mentalità e di una prassi  che finiscono con il favorire l'affermarsi di comportamenti violenti, peraltro non sufficientemente stigmatizzati socialmente e senza adeguati sistemi di prevenzione amministrativa che mirino a contrastare anticipatamente fenomeni di prevaricazione.  Ci vogliono per esempio  controlli preventivi di polizia sulle palestre di pugilato e di arti marziali vietandone l'accesso a chi ha già precedenti per violenza sul modello del controllo delle armi. Nel contempo si deve  sviluppare nelle scuole una cultura del rispetto verso la persona e contemporaneamente di forte stigma verso la malvagità, la prevaricazione, la violenza. Ne va del bene supremo di un cittadino: la possibilità di vivere in pace e serenamente il proprio presente ed il proprio futuro.
 

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