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Quirinale, la maggioranza delle Camere è delegittimata politicamente: non può scegliere il Presidente

Giuseppe Valditara
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 Quanto conta oggi la volontà popolare? E più in generale, quanto conta oggi la democrazia? Temo che nel dibattito politico ci si sia ormai dimenticati di riflettere sul senso autentico della parola democrazia e di chi siano dunque i veri democratici. Nel senso proprio, storicamente affermatosi, del termine, democrazia è innanzitutto il rispetto della volontà dei cittadini. Poi democrazia coincide con lo stato di diritto. In verità il concetto classico di democrazia è stato contestato prima dal marxismo leninismo per cui la vera democrazia si baserebbe sul potere dei lavoratori e sulla proprietà sociale dei mezzi di produzione. Più recentemente, per taluni, il tema della democrazia coinciderebbe sempre di più con la difesa dei cosiddetti diritti umani anziché con la centralità del consenso popolare. Ritengo sia doveroso riaffermare il senso fatto proprio dalla nostra Costituzione, che è l'unico legittimo, nel suo articolo primo e che fa coincidere la democrazia con la sovranità del popolo. Si tratta dunque della centralità dei cittadini rispetto per esempio agli interessi di partiti o fazioni. In questo contesto, esemplari sono state le parole di molti Costituenti che hanno sottolineato come in una autentica democrazia ci debba essere corrispondenza continua fra la volontà degli elettori e quella degli eletti. Scriveva mirabilmente Lelio Basso che «il nostro ordinamento conosce alcuni meccanismi volti a questo scopo, e lo scioglimento anticipato delle Camere da parte del Presidente della Repubblica che dovrebbe essere pronunciato quando fosse constatata un'aperta frattura fra Parlamento e Paese». Analoghe affermazioni furono espresse proprio in Assemblea Costituente per esempio da Aldo Moro per cui «il potere di scioglimento è uno strumento indispensabile per adeguare la rappresentanza popolare ai reali mutamenti dell'opinione pubblica».

 

 

Se quella corrispondenza deve sussistere in situazioni normali, è certamente ancora più impellente laddove il Parlamento sia chiamato a scelte fondamentali per la vita democratica di una nazione, come la elezione del Presidente della Repubblica. Nel Parlamento attuale risulta decisiva, in quanto di gran lunga la più rappresentata, una forza politica, il Movimento 5 Stelle, che dimostra di possedere oggi fra gli elettori soltanto un terzo del consenso espresso in Parlamento. Le opposizioni di centrodestra, se si votasse oggi, sarebbero inoltre maggioranza nelle nuove Camere. Vi è stata poi una riforma costituzionale, approvata con larga maggioranza dagli elettori, in virtù della quale le 15 regioni governate dal centrodestra sarebbero destinate a contare molto di più ai fini della elezione del futuro Presidente della Repubblica avendo almeno 35 delegati su 600 anziché 35 su 945. Se si ha ancora ben chiaro il concetto di democrazia è evidente che il futuro capo dello Stato non potrà essere scelto da questo Parlamento e tanto meno da un accordo in solitario fra M5S e PD. Questo deve essere il tema decisivo del dibattito politico dei prossimi mesi se vogliamo difendere la nostra costituzione e salvaguardare la democrazia nel nostro Paese.

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