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Renato Farina contro la sinistra: le proteste degli intellettuali sono giuste, quelle dei commercianti fasciste

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Domanda: perché se si ribellano i ricchi al coprifuoco guastando le brillanti attività tipiche del loro status gli si pone in testa l'aureola dichiarandola «rivolta della cultura», e se invece protestano i povericristi per il pane che manca, allora è l'ignoranza a scendere in piazza? Basta leggere la Repubblica (a cui appartiene la formula citata tra virgolette che apre la prima pagina di ieri), o seguire il corrispettivo televisivo che è la trasmissione su Rai Tre di Fabio Fazio, con i loro titoli, le interviste e i commenti per assaporare la diversa qualità razziale dei due tipi di lamenti. L'élite diventa la personificazione stessa del sapere e della coscienza di elevato sentire, ed è ispirata nella propria nobile sollevazione da un afflato angelico, gonfio di bellezza immortale, «la bellezza salverà il mondo» eccetera; la plebe invece non è ritenuta soggetto capace di pensiero e di libero arbitrio, o di slanci che non siano meschini, per cui è sicuramente manovrata dalla camorra e dall'eversione fascista. Non siamo scandalizzati da questo ripudio della «feccia» da parte delle anime belle e ben accasate. Ci mancherebbe. Questa storia è antica come il mondo. La novità è che stavolta lorsignori e signore non sono riusciti a dissimulare il recondito razzismo di sempre. Il Covid alla lunga ha strappato la maschera di fasulla condiscendenza, il tappo è volato via ed è saltato fuori come una spuma catramosa il pensiero non conclamato che giaceva in fondo alla bottiglia. Il popolo è stimato moltissimo dalle classi alte e sedicenti illuminate di tutti i tempi. È la popolazione che non viene sopportata, specie quando si agita e magari si organizza proprio contro il governo così amato lassù: ad essa allora occorre fare assaggiare la verga. La bastonatura non colpisce le ossa, ma l'immagine interiore delle persone, seminando il discredito sociale per isolarle dal contesto civile. Tipico esercizio della borghesia progressista.

Cominciò Karl Marx, che da lì proveniva, A scavare un fossato tra il popolo e il popolaccio. Il proletariato fu eletto protagonista della storia, purché accettasse per guida le avanguardie intellettuali. Il sottoproletariato (Lumpenproletariat) fu maledetto, marchiato come volgare e reazionario. Lenin e Stalin lo identificarono con i contadini, in particolare i più intraprendenti, e ne sterminarono milioni. Adesso il comunismo, almeno da noi, si è evoluto, e non si chiama più così. Ha stabilito uno steccato tra le classi. Il ceto medio e quello basso sono considerati popolo se si adeguano al politicamente corretto, se si lasciano educare nel linguaggio verbale e in quello delle abitudini corporali dalla borghesia elevata, da terrazzo con il Martini e il regista possibilmente maghrebino o coreano, per poi sollazzarsi con i vernissage.

 

 

Il Covid con la sua dura ostinazione ha visto la crème elogiare le totalitarie decisioni del governo, sposando l'esaltazione di Conte con il disprezzo per il popolo infetto della Lombardia e del Veneto. Leggere Michele Serra, il cantore di questo tipo di sinistra, è stato istruttivo: i bergamaschi brava gente si sono guastati la salute per aver scelto di essere governati dal centrodestra e a causa della loro strana ossessione per il lavoro. In questi mesi tali giudizi infamanti hanno indotto partite iva e lavoratori del Nord ad accorgersi che questa loro ossessione così sgradevole era servita e serve a sovvenzionare lo Stato che poi versa stipendi e consulenze, regala gustose attività ricreative assai colte, proprio a chi li tratta come vacche da mungere ma da tenere a distanza sociale. Diversa posizione nel mondo ma stessa ira è stata espressa nei modi che ovviamente condanniamo dal sottoproletariato napoletano di solito oggetto di mandolinate. Non ce l'abbiamo con i lavoratori dello spettacolo, riteniamo pure che sia irrazionale la serrata delle sale, non solo quelle che ospitano i musical ma anche quelle del bingo. Ci disgusta chi teorizza la differenza interiore e il diverso gradi di valore umano tra due mondi: quello dove vige il dominio del progressismo linguistico, le cui richieste pertanto sono sacrosante a prescindere, e quell'altro, dove si affatica la gente di sotto, e che soffre sì ma in modo così triviale e cencioso, che merita al massimo la compassione destinata dalle contesse ai pitocchi. Citavamo Repubblica. In tivù eccoci da Fabio Fazio. Arriva Vincenzo De Luca, non a caso invitato giusto domenica sera, di solito difensore della plebe e stavolta suo denigratore. Per dire: «In piazza c'erano tre protagonisti: pezzi di camorra, pezzi di antagonisti, pezzi di neofascisti e potremmo aggiungere anche pezzi di qualcos' altro». Massì, e dillo: pezzi di merda. Poi ecco la campana meravigliosa della cultura ribelle rappresentata da Walter Veltroni, regista di film e articolista del Corriere nonché candidato al Quirinale dal Pd: «Perché le chiese sono aperte?». Che profondità, che altruismo. Invidia eh? 

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