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Lockdown, affari d'oro per le prostitute: soldoni e cifre sconvolgenti, ecco quanto incassano

Benedetta Vitetta
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Nemmeno la crescita dei contagi, la paura di ammalarsi o le restrizioni imposte dal governo che - causa Covid - sta mettendo non pochi paletti alla nostra vita quotidiana, nulla pare poter ridurre la prostituzione. Un settore che oggi coinvolge almeno 3 milioni di italiani e oltre 90mila lavoratrici stabili per un giro d'affari complessivo che nel 2018, secondo i dati Istat inclusi nel recente Report sull'economia sommersa, ha raggiunto i 4,75 miliardi di euro. Insomma, il mercato del sesso a pagamento pare essere l'unica attività che né il virus né il premier Conte riescono a fermare nel nostro Paese. Anzi, sta vivendo una crescita ininterrotta dal 2011 e, in soli sette anni, ha messo a segno un aumento che sfiora il 9 per cento.

«L'emergenza Coronavirus non ha intaccato la prostituzione, ma ha semplicemente modificato le abitudini e le modalità di fruizione dei servizi offerti», ha sottolineato il Codacons che di recente ha analizzato l'intero settore, «quando infatti la scorsa primavera è scattato il lockdown» ha spiegato l'Associazione dei Consumatori «di colpo le strade delle città si sono ovviamente svuotate di prostitute, prima per i divieti agli spostamenti, poi per una riduzione della clientela in circolazione, a quel punto è aumentato il ricorso al web (+60% rispetto al 2019) sia sul fronte della domanda che su quello dell'offerta». Ma pur di non essere messe in ginocchio dalla pandemia, le lavoratrici del sesso che difficilmente hanno altre reali alternative si sono dovute velocemente riadattate alla situazione di clausura e hanno iniziato ad offrire i propri servizi sia via webcam, sia attraverso annunci pubblicati in Rete, ricevendo in casa i clienti o recandosi direttamente al loro domicilio. Poi è arrivata l'estate, il caldo e il sole e il parallelo allentamento delle misure restrittive legate a una diminuzione dei contagi che hanno fatto brindare ai più alla definitiva morte del virus e così la festa è ricominciata.

 

 

 

Ma ora qualcosa è cambiato: infatti nemmeno l'avvio della seconda ondata di pandemia sembra scoraggiare i clienti. Un fenomeno che si sta notando in particolar modo nelle grandi metropoli - Milano e Roma in primis - e non è un caso che pochi giorni fa il direttore della Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, ha lanciato un grido d'allarme per chiedere maggior responsabilità da parte dei clienti e un'offerta di alternative serie alle prostitute. «Appena è finito il lockdown, sono ricomparse sulla strada le donne e i loro clienti» ha spiegato Gualzetti, «le nostre operatrici ci raccontano che le presenze sulle strade di Milano e hinterland sono tornate ai livelli precedenti al blocco deciso questa primavera e non accennano a diminuire nemmeno in questi giorni in cui i contagi sono tornati a salire. Le donne, soprattutto rumene, sono spinte da una forte necessità economica e non riescono a trovare alternative reali per tagliare i ponti coi loro sfruttatori, per cui accettano il rischio di ammalarsi». Ciò che pare sorprendere maggiormente il responsabile della Caritas meneghina è l'atteggiamento tenuto dai loro clienti «indifferenti non soltanto alle condizioni di sfruttamento in cui si trovano queste donne, ma anche al pericolo di esporre loro stessi e le loro famiglie al virus». Già perché il fatto che più preoccupa è che la maggioranza di questi clienti (circa il 70%) ha famiglia e quindi, in emergenza sanitaria, il rischio che loro si contagino e che portino il virus a casa contagiando pure l'interno nucleo familiare è molto elevato. «Cosa scatta nella testa di quei clienti che, nonostante la pandemia, scelgono il sesso a pagamento?

Quello che è sempre scattato. Il fatto che pagare una donna per far sesso li fa sentire più potenti, portandoli a rimuovere completamente il rischio di potersi ammalare» spiega a Libero, Giorgia Serughetti, ricercatrice in Filosofia Politica all'Università di Milano Bicocca, «il fatto di detenere il potere economico, porta questi uomini persino a credere di essere loro a poter infettare qualcuno e non viceversa. L'atteggiamento di sovranità maschile li convince a sentirsi esseri sprezzanti del pericolo e a rimuovere la propria vulnerabilità». Per la studiosa, autrice tra l'altro del volume "Uomini che pagano le donne. Dalla strada al web, i clienti nel mercato del sesso contemporaneo" (Ediesse), il fatto che nonostante l'aumento dei contagi in queste settimane si stia assistendo a un incremento del numero delle prostitute per strada è il sintomo che una parte di queste donne sono «completamente sottomesse ai loro sfruttatori che, non ricevendo più alcun reddito, le affamano a tal punto da costringerle a tornare in strada per sopravvivere». Del resto» sottolinea Serughetti, «parliamo di una categoria degli ultimi tra gli ultimi. Di donne, magari senza nemmeno permesso di soggiorno e quindi completamente invisibili agli occhi della società, che non hanno altre alternative serie per andare avanti se non la strada. E ovviamente il loro svantaggio sociale aumenta col crescere della diffusione della pandemia». 

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