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Renato Farina, nessuna Pd nel governo di Mario Draghi? La specialità della sinistra è snobbare le donne

Renato Farina
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Com' è caduta in basso la famosa distinzione tra maschi e femmine di cui parla il libro della Genesi. Adesso la divisione di generi, uno a me uno a te, è diventata il supremo criterio non dell'amore e del crescete e moltiplicatevi, ma una specie di algoritmo elementare per spartire le fette della torta. Incredibile. Anzi ovvio. Forse non moriremo democristiani, ma più probabilmente defungeremo per la moda progressista del politicamente corretto. C'è la pandemia che avanza e le vaccinazioni che si ingarbugliano. Per rimediare all'inettitudine di Conte & Co arriva un governo da ultima spiaggia, guidato da un fuoriclasse che il mondo - dicono tutti - ci invidia. Mario Draghi ha messo giù - lo sapremo in dettaglio domani quando chiederà la fiducia - un piano favoloso per ammazzare non solo il virus nelle sue mille varianti di valico, ma anche l'inquinamento e le mutazioni climatiche. Più politicamente corretto di così, con tanto di "transizione ecologica", non si potrebbe. E che succede a sinistra? Più pericoloso del Covid per questa gente è il dolore atroce che non ci sia una sola ministra comunista, un'apocalisse rispetto a cui la catastrofe approdata in Italia dalla Cina è una sciocchezzuola. Le donne del Partito democratico ma anche quelle di Leu (non le signore che nei paesi e nelle città tirano la carretta, ma le sciùre onorevoli che ambiscono a cariche di vertice) stanno infilando l'ombrellino nei raggi della bicicletta dove il povero Draghi vorrebbe pedalare come il campione che è lascerebbe sperare. Alle madame rosse non basta la promessa dell'economia green, del ministero per l'energia pulita con tanto sole e tanto vento. No, gridano al tradimento, vogliono le quote rosa. E devo dire che dal loro punto di vista hanno pure ragione. Gli statuti del Partito democratico, le solenni dichiarazioni congressuali, sono un blocco marmoreo al riguardo: parità, parità assoluta. Ora Nicola Zingaretti ha un bel dire che è amareggiato, e se fosse stato per lui su tre ministri spettanti a lui, ne avrebbe dato uno e mezzo a testa. Anzi: uno ai maschi uno alle femmine e il terzo a sorte. Ri-anzi: a essere coerenti con la dottrina più avanzata non si capisce perché dalla spartizione siano stati tagliati fuori tutti quei generi che sono compresi nella sigla Lgbtq+. Forza, modernizzatevi compagne. In Europa ci sono già le quote omo, perché noi italiani e italiane dobbiamo sempre farci riconoscere come quelli indietro rispetto alle novità del vasto mondo? Non facciamo i nomi delle signore di sinistra più nervose. In fondo le capiamo. Tanto affannarsi per dimostrare che la destra è maschilista, e il centro pure. E si trovano il macho in casa. La cosa che le fa essere ancora più isteriche, pardon determinate, è che i loro compagni danno loro ragione. Matteo Orfini, già presidente del Pd, si indigna e cita le carte sacre del Nazareno (non nel senso di Gesù Cristo ma più modestamente in quello di sede del partito). Anche Beppe Sala, sindaco di Milano, in una intervista al Corriere si dichiara dalla loro parte e dice che è una vergogna questa esclusione. Ma allora perché non propone di far scegliere il candidato della sinistra a palazzo Marino dal popolo lasciandosi sfidare da una donna in gamba? Invece niente. Si è auto nominato candidato unico, e ciao donne.

 

 

 

Il caso Cartabia

Ciao donne, fate la calza. Questo dice nei comportamenti concreti la sinistra. Si ponga mente. Tra i quattro ministri comunisti c'è Speranza, che come virtù è femminile, ma Roberto con tutta la buona volontà resta un bel giovanotto. Qui ci viene un dubbio. È vero che bisogna scegliere in base alle capacità e non in base al sesso - almeno secondo noi un po' all'antica - ma allora perché Speranza? Possibile che tra tutte le signore in rosso non diciamo una ma almeno sette o otto non siano più bravine? Resta il fatto che in Italia Viva del bullo Renzi un posto e una ministra. In Forza Italia tre posti due ministre. Nella Lega, tre posti una donna. Persino tra i Cinque Stelle c'è la mitica Dadone a rappresentare l'altra metà del cielo, anche se a sinistra è assai meno della metà. A sinistra, sottilmente, senza strepiti per paura di rompere il giocattolo, accusano Draghi di essere stato lui a scartare le femmine. E però allora perché mai avrebbe scelto nel ruolo più delicato, la Giustizia, dove sono caduti tutti i governi, proprio una donna, Marta Cartabia? Forse ha studiato il curriculum, ha letto qualche discorso. Ha sentito referenze. La Cartabia è riuscita persino a far funzionare come un orologio svizzero la Corte costituzionale che con lei, anche se positiva al Covid, marciava al galoppo. Se si fosse chiamato Marto Cartabio con identiche qualità e punteggi avrebbe dovuto privilegiare una tipo Bonafede a causa della gonnella? Ridicolo. Dicono che adesso - anche se snobisticamente fingono di non accettare contentini - le varie Cirinnà, Boldrini, Fedeli, Madia, Zampa circolino con il lima-unghie tra i denti per aggiudicarsi almeno i posti di vice-ministra e sottosegretaria.

 

 

 

Ventitré ministri più un sottosegretario alla presidenza già assegnato (al giudice Roberto Garofali), dunque ci sono in palio 36 seggioloni di serie B che sono sempre meglio di niente. Anche se vedersi sistemate con il titolo di "vice" o "sotto" è una bella umiliazione tipica della cultura viriloide. Ma è pur sempre meglio di niente. D'altra parte votar contro la fiducia al governo sarebbe troppo impopolare. È più produttivo fare il muso. Ci sono tanti posti. Nelle grandi aziende di Stato. In Rai. Alla Corte costituzionale. Si aspettano un cashback come quello di Natale colorato di rosa. Viene da rimpiangere il metodo Cencelli old style. Allora si distribuivano i ministeri sulla base dell'appartenenza alle correnti dei vari partiti. C'erano i dicasteri che valevano 100 quelli da 70 e così via. Era tutto orribile - secondo i moralisti - ma era un sistema che funzionava per mantenere la pace per qualche mese, fino alla successiva crisi di governo dove si rigiravano le poltrone. Era un criterio che valeva in ogni campo: anche nella triste spartizione delle tangenti. Anche se le fette di torta finite al Pci e poi Pds le hanno mangiate gratis, senza pagarle con il carcere. C'era inoltre la lottizzazione, termine inventato da Alberto Ronchey per definire le spartizioni in Rai. Enzo Biagi descrisse minutamente la logica per cui un giornalista era assunto in quota Dc, un altro in quota Psi, c'era spazio anche per comunisti e socialdemocratici. E - incredibile - era previsto anche l'ingaggio di uno bravo. Adesso invece, secondo le tesi di Boldrini e compagnia, la discriminante decisiva non deve essere la capacità professionale dimostrata nelle trincee della vita, ma il possesso o meno delle palle. Meglio meno. Le capiamo: ci sono già troppi coglioni in giro.

 

 

 

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